Il centrodestra, coalizione formata da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi Moderati, ha ottenuto la maggioranza nelle elezioni del 25 settembre. Alla Camera naviga poco sotto il 44% dei voti, al Senato poco sopra il 44%. E Fratelli d’Italia è il primo partito nel Parlamento con una percentuale di poco superiore al 26% quando lo scrutinio è ormai quasi alla conclusione.
Giorgia Meloni è la leader che ha sbancato il botteghino elettorale con un partito che vantava solo pochi anni fa poco più dell’1% dei voti. Adesso è la candidata naturale a guidare il prossimo Governo. Ma, nonostante i numeri, la strada potrebbe essere più accidentata di quanto lascia vedere il risultato elettorale. Molto dipende dal comportamento che avranno i suoi alleati: Forza Italia con il suo 8% segnala il declino della leadership di Silvio Berlusconi, la Lega sprofondata a poco più dell’8% dovrà prima di ogni cosa affrontare la questione relativa alle scelte fatte dal segretario Matteo Salvini.
Sull’altro fronte, il centrosinistra, i numeri sono impietosi, la coalizione formata da Partito Democratico, Sinistra Italiana-Verdi, +Europa e Impegno Civico raggiunge un deludente 26%, con il PD che non supera il 20% dei voti e con gli altri aggiungono piccole percentuali, evidenziando una sconfitta che costringerà la coalizione a ripensare il suo modo di fare politica e il rapporto con gli elettori. Fotografa alla perfezione questo disastro lo 0,9 di Impegno civico di Luigi Di Maio: l’ex leader del Movimento 5Stelle, oggi ancora ministro degli Esteri, non è risultato eletto ed è fuori dal Parlamento.
Le grandi aspettative del Terzo Polo, ovvero l’alleanza tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, si fermano al 7%, una soglia che non può cambiare la situazione del centrosinistra nel caso si andasse a una alleanza post voto (ma sia Calenda che Renzi non sembrano proprio avere nel loro DNA politico il concetto di alleanza), e non aggiunge nulla al centrodestra se rimane compatto. Sulla carta può servire a quei giochetti parlamentari di interdizione in caso di crisi interna alla coalizione vincente.
Chi invece può esultare è Giuseppe Conte, il capo del Movimento 5 Stelle. A spoglio non ancora concluso i grillini raggiungono sia alla Camera che al Senato un risultato di poco superiore al 15%. Meno della metà di quanto ottennero nelle elezioni del 2018, ma molto di più di quanto si potesse solo immaginare all’inizio della campagna elettorale, quando le più fosche previsioni assegnavano ai 5Stelle meno del 10%. Conte e il suo partito hanno fatto bingo nelle regioni del sud.

Se questa è la nitida fotografia del risultato delle urne, dove su tutto si è accesa la luce rossa dell’astensionismo, visto che per la prima volta nella storia elettorale l’affluenza alle urne supera di poco il 60%, il cammino dei prossimi mesi non sarà cosi semplice come può lasciar immaginare il 46% dei suffragi incassati dal centrodestra.
Innanzitutto, bisogna cercare risposta a una domanda: perché il centrodestra trainato dal partito più chiaramente conservatore ha raggiunto questo risultato? È stata la capacità e l’ingegno politico di Giorgia Meloni, i suoi programmi, le proposte per il futuro a convincere tanti italiani a votare a destra? O non sarà ancora una volta che l’exploit di Fratelli d’Italia è una voto di protesta che mette nello stesso calderone istanze diverse come la crisi economica, l’insicurezza sociale, i problemi dell’immigrazione non controllata, il malfunzionamento della macchina statale e della sua burocrazia?
Negli ultimi 10 anni, in molti Paesi del mondo abbiamo assistito a questa corsa verso la destra: a cominciare dagli Stati Uniti che hanno abbracciato il miliardario Donald Trump e dopo 4 anni hanno visto i suoi seguaci dare l’assalto al Congresso, passando per la Polonia e l’Ungheria, attraversando un altro paese fondatore dell’Unione Europea come la Francia, per finire a quella che appariva la nazione dell’equilibrio e del rispetto reciproco, come la Svezia, dove il centrodestra ha fatto un balzo in avanti mettendo in luce problemi trascurati per anni.
Le prossime settimane potranno essere l’indicatore di cha cosa dobbiamo aspettarci in questa legislatura. È assai probabile che l’incarico di formare il prossimo governo sarà dato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Giorgia Meloni. Ma prima di questo vedremo come si assesteranno i nuovi equilibri con le prime scelte del nuovo Parlamento. A cominciare da chi sarà eletto presidente della Camera e del Senato, alla formazione delle commissioni parlamentari.
E poi quale lo snodo chiave sarà il programma che il centrodestra presenterà agli italiani. I quattro partiti che lo comporranno – Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi Moderati – non ne hanno uno comune. Anzi, su questioni chiave sono divisi e percorrono strade tra di loro incompatibili. La Lega vuole subito aumentare il debito pubblico di 30 miliardi di euro, FdI dice ‘andiamoci piano’. Forza Italia ha promesso pensioni per tutti a 1000 euro al mese, la Lega vuole cancellare il reddito di cittadinanza. Sulla guerra in corso in Ucraina Giorgia Meloni ha esternato l’adesione ai valori della NATO e dell’atlantismo condannando l’invasione russa, mentre Silvio Berlusconi ha straparlato sostenendo che Vladimir Putin voleva solo “mettere persone perbene al governo dell’Ucraina”.
Con questa premesse, la navigazione del prossimo governo e dell’Italia non saranno sicuramente tranquille e con il vento in poppa.