La CIA è una cosa, il Dipartimento di Stato un’altra, la DIA un’altra ancora e la Casa Bianca sta per proprio conto. Questa sintetica e significativa frase porta la firma di Giulio Andreotti allorchè gli chiesero, in un’intervista, cosa fossero realmente gli Stati Uniti visti da vicino con le sue numerosissime esperienze di presidente del Consiglio, di ministro della Difesa e degli Esteri.
Ed è quello che ci è venuto in mente allorchè il segretario di Stato Antony Blinken, per fortuna e responsabile senso del ruolo, ha affermato correggendo il Presidente: “Per noi non è una questione di cambiamento di regime. Il popolo russo deve decidere da chi vuole essere guidato”. Poi, attraverso l’Agi, è arrivata la successiva e precisa puntualizzazione di un alto funzionario anonimo della Casa Bianca alla Reuters: “Biden non intendeva parlare di cambio di regime in Russia, ma intendeva dire che ‘Putin non può esercitare potere sui suoi vicini o sulla regione’. Insomma, “non ha messo in discussione il potere di Putin in Russia né (ha chiesto, ndr) un cambio di regime” a Mosca.
Se ai quattro colonnati del potere statunitense citati da Andreotti si ricorda che negli USA sono in servizio ben 17 agenzie di intelligence ed il Senato con le sue potenti Commissioni ci si rende conto di essere di fronte ad un pirandelliano equilibrio di poteri da cui, a volte, nascono clamorosi errori o errate interpretazioni.
A leggere i titoli dei giornali europei si evince chiaramente che Joe Biden, per appoggiare la spropositata idiosincrasia polacca nei confronti dei russi oggi e dei sovietici ieri, si è lasciato prendere la mano ed è scivolato su affermazioni gravi e foriere di riaccendere ancor più il fuoco di guerra in Europa.
Affermare che Vladimir Putin non può restare al potere dopo averlo definito “un macellaio” è una di quelle cose su cui l’amministrazione americana è riuscita a perdere il recupero di immagine e di contenuti, vedi l’aumento al 2% delle spese militari tanto agognato da Clinton fino a Trump, con l’Europa. Infatti, senza perdere tempo e senza battere ciglio, Emmanuel Macron ha rimandato al mittente questa infelice e gravissima uscita, sia come Presidente francese che come Presidente di turno nell’UE, seguito a ruota dal cancelliere tedesco.
Le smentite interne a Biden sono proseguite con l’ambasciatrice americana alla NATO, Julianne Smith che ha evidenziato e sottolineato che gli Stati Uniti non perseguono, assolutamente, una politica di cambio di regime a Mosca.
Molto più duro è stato, in un messaggio su tweet Richard N. Haass, attuale presidente del Council on Foreign Relations e pochi anni fa a capo della pianificazione della politica del Dipartimento di Stato e coordinatore per l’Afghanistan: “just expanded US war aims, calling for regime change. However desirable it may be, it is not within our power to accomplish-plus runs risk it will increase Putin’s inclination to see this as a fight to the finish, raising odds he will reject compromise, escalate, or both. 6:50 PM · 26 mar 2022”.
Secondo il diplomatico il presidente Biden comunque “ha reso una situazione difficile più difficile e una situazione pericolosa più pericolosa”. “Non sarà semplice rimediare al danno provocato, ma suggerisco ai collaboratori del presidente di mettersi in contatto con le controparti e chiarire che gli Usa sono pronti a relazionarsi con il governo russo in carica”.
L’unica voce silente è stata, come al solito, quella dell’Italia.