Secondo il Csis, Center for Strategic and International Studies, alcune immagini satellitari dimostrerebbero che Pechino stia per varare una portaerei dell’unità Type 003 a livello tecnologico pari a quello statunitense e la conferma la si è avuta anche da un articolato e preciso raporto per il congresso a Washington del Dipartimento della Difesa. La guerra fredda del terzo millennio fra Cina e USA è condotta anche attraverso la pubblicizzazione delle ormai molte manovre militari nel Mar della Cina e non solo, ma anche come nazione che si propone al mondo come una riconosciuta superpotenza.
La dimostrazione la si è avuta allorchè ha consentito che fossero fotografati dal sistema dei satelliti americani le piattaforme dei nuovi silos per missili balistici, poi anche con le squadre di vecchi aerei convertiti in droni nelle basi più prossime allo stretto di Taiwan, infine le sagome delle navi Usa utilizzate come bersaglio per i test missilistici.
Anni fa per realizzare il progetto Maritime Silk Road Initiative, che consiste nella costruzione di una via di comunicazione commerciale tra l’Oriente e l’Occidente, la Cina ha avuto un assoluto bisogno di avere punti di attracco in Europa per i suoi tanti container. E fu per questo che la Cina puntò all’acquisto dei principali e strategici porti europei e, contemporaneamente, lo fece in Africa ed in Asia. Spesso per acquisire altre volte per entrare nella gestione di 10 scali commerciali sia marittimi che ferroviari nel solo Vecchio Continente vi ha investito qualcosa come 5 miliardi e 600 milioni di euro.

Queste planetarie operazioni le ha realizzate attraverso la Cosco, China Ocean Shipping Company, società statale che da diversi anni ha avviato una vera e propria campagna acquisti dei porti di mezzo mondo, e la sorella: China Merchants Group International che gestisce ben 15 terminal in 8 Paesi europei. Il primo importante porto nel quale ha investito è stato quello di Anversa, in Belgio, nel 2004: Cosco spese ben 134 milioni di euro per avere il 25% della società. Ma le mire cinesi non si limitano all’acquisto di porti: si estendono anche all’acquisizione di società che gestiscono la navigazione commerciale.
È il caso della CMA CGM Group di Marsiglia della quale sempre la Cosco ha comprato il 49% delle azioni con un investimento pari a oltre 400 milioni di euro e quello spagnolo col 51% della Noatum Port, società che gestisce la rete commerciale interna del Paese iberico con scali portuali e ferroviari. Il poker d’assi Pechino lo calò nel 2008 con 4 miliardi e 300 milioni di euro allorchè rilevò la gestione del porto del Pireo per 35 anni e nel 2016, per completare l’opera, sempre la Cosco ha rilevato il 51% delle quote azionarie del porto greco con una clausola ad acquisire, entro il 2021, un altro 16% del pacchetto azionario. Passando all’Italia sempre la Cosco, nel 2016, ha comprato il 40% del porto di Vado Ligure per 53 milioni di euro, mentre la Qingdao port internationl Development di Hong Kong ne ha acquistato un altro 9,9% del nuovo terminal container di cui, per ora, 50,1% è nelle mani della danese Apm Terminals-Maersk.

Nello specifico italiano Pechino ha un dichiarato progetto quello di creare l’enfatica “Alleanza dei Cinque Porti” che coinvolga Fiume, Venezia, Trieste, Ravenna e Capodistria. Quindi la Cina compra i porti europei perché il suo progetto a lungo termine, gestito in partnership con la Northern Adriatic Port Association, prevede la creazione di una via commerciale che congiunga i mercati orientali con le nazioni del centro Europa quali maggiori acquirenti di prodotti di Pechino. La rotta che coinvolge i porti adriatici italiani arriva nel Mediterraneo passando attraverso il Canale di Suez proseguendo verso i paesi mitteleuropei utilizzando la linea ferroviaria del San Gottardo. Lo squilibrio lo si è notato solo nel 2016 a Bruxelles quando si sono accorti che la Cina, in quell’anno, ha investito in Europa 35 miliardi di dollari contro i soli 8 dell’Europa.
Questa lenta ed inarrestabile “penetrazione economica” non ha trovato ostacoli, anzi, in Europa fior di leader si sono spesi per questa invasione finchè, uscito Trump di scena, gli Stati Uniti hanno ripreso a giocare a tutto campo tenendo gli occhi aperti su quanto sta accadendo nel Partito comunista cinese che sta preparando l’incoronazione di Xi Jinping quale presidente a vita della Repubblica popolare cinese per il 22° congresso del partito che si terrà nel 2022. Tutto ciò dovrebbe preoccupare il mondo, perché la conferma a vita di un leader autocratico in questo modo si appresterà a sfidare il dominio economico e militare degli USA e, di conseguenza, dell’intero occidente.

Pochi giorni fa il Washington Post ha fatto sapere che il Pentagono l’anno scorso ha informato, con un rapporto, il Congresso che erano 200 le testate nucleari cinesi e che potrebbero diventare 700 entro il 2027 e addirittura 1.000 entro il 2030. L’intento è quello di affiancare USA e Russia come potenza nucleare strategica. Senza dimenticare i nuovi missili balistici intercontinentali, i razzi ipersonici e 3 nuovi campi missilistici, più i suoi 300 silos missilistici ed i100 missili mobili. L’obiettivo, molto verosimilmente, potrebbe essere quello di bloccare gli Stati Uniti nel caso di un conflitto “convenzionale” nel Mar Cinese meridionale per invadere Taiwan. D’altronde la cooperazione rafforzata negli ultimi tempi fra USA, India, Giappone e Australia dimostra che la Casa Bianca è già corsa ai ripari mentre l’Europa dorme e poche ore fa è venuto, secondo me, il riconoscimento ufficiale di grande potenza allorchè Usa e Cina si sono impegnate a cooperare sugli standard normativi, sulla transizione verso l’energia pulita, sulla decarbonizzazione, sulla progettazione verde e sull’utilizzo delle risorse rinnovabili scavalcando il Cop 26, Greta ed il mondo intero.