Fabio Porta, già due volte parlamentare del PD, dovrebbe sedere in uno scranno del Senato. Dovrebbe farlo da ormai tre anni e mezzo, da quando cioè, nel marzo del 2018, gli italiani sono stati chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento.
Candidato nella circoscrizione del Sud America, si presentò al voto da grande favorito. Eppure, nonostante quasi 21.000 preferenze ottenute, il seggio andò a un altro nome: Adriano Cario. Eletto con l’Unione Sudamericana Emigrati Italiani e ora passato al MAIE con l’ex sottosegretario Ricardo Merlo, Cario vince uno scrutinio sospetto.
Porta si convince che il risultato sia frutto di un broglio e così inizia a indagare. Oggi, che di mesi da quel giorno ne sono passati 43, la vicenda sembra avviarsi verso la più logica delle conclusioni.
Onorevole Porta, qui ci troviamo di fronte a una vicenda complessa, ci racconta di cosa si tratta?
“Innanzitutto voglio ringraziarvi, perchè La Voce di New York fu tra i primi organi di informazione, a pochi giorni dallo scrutinio, a dare notizia di quanto stava accadendo proprio a seguito del primo esposto che io e il responsabile del PD per gli italiani all’estero Luciano Vecchi presentammo quando ancora non era stato ultimato lo scrutinio. Ricordo a chi ci legge che quello scrutinio si era prolungato in maniera abnorme, molto più delle precedenti elezioni e a un certo punto non si sapeva davvero se lo scrutinio avrebbe avuto un esito. Per quanto mi riguarda, in alcune sezioni di Buenos Aires, quindi della circoscrizione estero ripartizione America Meridionale, consolato di Buenos Aires, erano state segnalate delle anomalie davvero molto forti non soltanto riguardo alla presenza in queste sezioni di voti scritti dalle stesse mani, cosa che purtroppo si è verificata spesso nel caso di elezioni per gli italiani all’estero, tutti a favore dello stesso candidato e dello stesso partito, con una proporzione che in alcuni casi era quasi vicina al 100%, una cosa che già da un punto di vista statistico ci aveva fatto gridare a brogli che allora definimmo fatti su scala industriale. Questo fu il primo passo, poi successivamente ci fu il ricorso formale alla giunta per le elezioni del Senato e anche un esposto alla magistratura italiana, cui se ne è aggiunto uno alla procura argentina”.
Quindi è venuto immediatamente a conoscenza dei brogli?
“Sì, subito, perché ero stato contattato da diverse persone. La cosa interessante è che deputati e senatori del MAIE come Mario borghese e Ricardo Merlo erano loro stessi rimasti talmente colpiti da questa situazione a Buenos Aires, la città che seguivano con maggiore attenzione, che mi avevano segnalato subito il caso. Quindi ce ne siamo accorti presto, tant’è che il primo esposto fu presentato alla Corte d’appello quando ancora lo scrutinio non era concluso”.
Come ha fatto a dimostrarli?
“La dimostrazione è avvenuta in sede di esame del ricorso e ci sono stati due livelli di indagine che si sono incrociati e sovrapposti. La giunta per le elezioni del Senato ha subito istituito un apposito comitato per la verifica delle sezioni o di alcune delle sezioni che noi avevamo indicato nel ricorso. Questo comitato, dopo la verifica, è arrivato a una valutazione unanime sul fatto che i voti espressi in quelle sezioni a favore di Cario fossero evidentemente stati scritti dalle stesse mani. Era un fatto che saltava agli occhi in maniera lampante, senza nemmeno bisogno di alcuna perizia. La prova, da un punto di vista scientifico e processuale, è stata poi data dal lavoro investigativo fatto dalla Procura della Repubblica di Roma. Oltre a ciò, anche la dimensione del voto all’interno di queste sezioni era incompatibile e disomogenea con il resto del voto in Sud America, in Argentina e a Buenos Aires. Ci sono 30 sezioni dove Cario e il USEI hanno ottenuto quasi il 100% dei voti, quindi anche un’anomalia dal punto di vista statistico”.
Ma se le prove sono così schiaccianti, come mai ci sono voluti tre anni e mezzo per arrivare in fondo alla questione?
“Questo è un dato abbastanza preoccupante, che non riguarda soltanto il mio caso, ma tutti quei casi che vengono esaminati dalle giunte della Camera o del Senato. Sicuramente i fattori sono tanti e non voglio addebitare tutte le colpe alla giunta: è vero che al Senato la giunta si è trovata fin dal primo momento un sovraccarico di lavoro, poi a complicare la situazione in questa legislatura è intervenuta anche la pandemia, che ha rallentato i lavori delle commissioni parlamentari e in questo caso anche della Procura della Repubblica. Questo ricorso si basava proprio su elementi che avevano bisogno di un riscontro dell’autorità giudiziaria, quindi tutto ciò ha portato alla fine due anni di ritardo. La cosa importante, però, è che siamo ormai alla fine e nel giro di poche settimane ci sarà la seduta pubblica conclusiva rispetto alla quale la giunta potrà trarre le proprie conclusioni. A questo punto io non voglio recriminare sul tempo che è passato, voglio guardare avanti e lo voglio fare soprattutto nell’interesse degli italiani all’estero e del voto all’estero. È importante che questa situazione volga al termine, perché servirà a dare un segnale di mancata impunità per chi commette reati e come deterrente rispetto alle prossime elezioni”.
In questi tre anni e mezzo, avendo la consapevolezza di non occupare un seggio in Senato che sarebbe stato suo, come ha vissuto?
“Io, essendo una persona impegnata politicamente da vent’anni, ho continuato a fare quello che facevo prima. Non è uno slogan: chi ha una determinata passione politica, chi intende la politica come una maniera di servire, aiutare e difendere gli interessi dei cittadini, deve farlo con o senza mandato parlamentare. Io ho continuato nella mia militanza politica, nel mio lavoro sindacale a favore degli italiani all’estero, tant’è che in alcuni momenti le persone credevano che io avessi continuato ad avere un incarico in Parlamento e spesso dovevo scrivere spiegando che non fosse così. Speriamo che la definizione arrivi presto, io ho la serenità di chi ha ovviamente la coscienza pulita, anche se non nascondo che c’è stata e c’è un’amarezza molto forte, nata dal vedere il proprio lavoro che viene frantumato da episodi che purtroppo poco hanno a che fare con la democrazia e con la trasparenza. Alla fine, gli italiani che mi avevano votato del Brasile, dell’Argentina e del Sud America non hanno avuto in questi anni un rappresentante legittimamente eletto e quindi questo è stato un danno per tutta la collettività”.
In questi tre anni ha avuto rapporti o contatti con Cario?
“No, credo di averlo incontrato in una o due occasioni, ma non ho mai avuto l’occasione di poterci parlare. Lui era probabilmente un po’ imbarazzato ed evitava anche di avvicinarsi, quindi non ho avuto contatti e non sono mai stato ovviamente cercato da lui. Non lo conosco e non lo conoscevo nemmeno prima, quindi non ho elementi personali sulla sua figura e sulla sua attività, anche se effettivamente mi pare che al Senato e nelle nostre collettività non sia stato un parlamentare particolarmente presente”.
Le farebbe piacere avere un un confronto pubblico con lui?
“Il confronto ci sarà, e spero tra l’altro che il senatore si presenti, perché è previsto dal regolamento della giunta per le elezioni che la seduta sia pubblica e che sia fatta con la presenza e l’intervento del senatore uscente e di chi dovrebbe subentrare, quindi spero che questa opportunità ci sia affinché anche lui chiarisca, come giusto che sia, la sua posizione rispetto a quanto è successo”.
Entro fine anno il Senato dovrà infatti votare per la decadenza di Cario e a quel punto lei dovrebbe subentrare al Senato. Avrà poco più di un anno di mandato, quali sono i suoi progetti?
“Intanto ripeto, anche per rispetto del lavoro della giunta, che questa decisione arriverà tra qualche settimana e non è stata ancora formalmente espressa. Se sarà confermata mi impegnerà a prodigarmi in maniera doppia per cercare di valorizzare al massimo un tempo rapido, e quindi proverò a concentrarmi su alcune questioni che riterrò prioritarie: sicuramente i servizi consolari e in particolare i rapporti tra l’Italia e le sue comunità Italo discendenti, che in Sudamerica sono molto forti. Poi mi focalizzerò anche sull’attivazione della bicamerale per gli italiani all’estero, che potrebbe essere uno strumento in grado di individuare alcune questioni, tra le quali una riforma del meccanismo di voto all’estero e della legge elettorale nel suo complesso, compresa la distribuzione dei seggi”.
Alla luce di ciò che è accaduto e della sua esperienza personale, cosa auspica per il prossimo voto a livello di controllo della correttezza delle elezioni?
“Intanto spero che questa decisione che mi riguarda venga presa presto e in maniera esemplare, perché sarebbe il miglior deterrente per evitare il ripetersi di brogli come quelli che mi hanno coinvolto. Spero poi nell’introduzione o nell’applicazione di meccanismi di controllo nel caso si confermasse il sistema di voto per corrispondenza. Faccio soltanto un esempio: nelle ultime elezioni è stato introdotto il codice a barre nelle buste che contenevano i plichi elettorali, che non è stato assolutamente utilizzato e perciò si è persa un’occasione. Ci sono tante piccole cose che messe insieme potrebbero davvero evitare il ripetersi di certi fatti, e poi probabilmente una riflessione di come sia più adeguato definire il meccanismo delle preferenze, della definizione dei collegi e della selezione da parte dei partiti dei candidati. Questi aspetti di materia elettorale credo che andrebbero sviscerati meglio, perché potrebbero evitare che, in una determinata realtà, movimenti e partiti a volte non così legati nemmeno a una struttura importante in Italia possano causare e provocare fatti di questo di questo genere”.