Nel paese abituato a dividersi su tutto in Guelfi e Ghibellini, non è purtroppo una sorpresa vedere emergere fazioni aspramente contrapposte anche su una questione puramente tecnica di sanità pubblica. E non in un momento storico qualsiasi, bensì nel corso di una pandemia globale, che solo in Italia ha provocato più di 130mila morti e incalcolabili danni fisici, economici e morali.
Il covid-19 ci ha colpiti tutti, duramente. Anche chi non ha contratto l’infezione. Le nostre vite sono state stravolte, sotto ogni aspetto. Eppure, nemmeno davanti a un nemico unico e comune a tutti, siamo stati in grado di scongiurare faide, sospetti e odio fra di noi. Dopo esserci divisi sulla reale esistenza della pandemia, sulle mascherine, sulle chiusure e perfino sui vaccini, ecco l’ultimo casus belli: il green pass.
Nell’approssimarsi del 15 ottobre, primo giorno di obbligo del green pass sul posto di lavoro, feroci contrapposizioni hanno incendiato politica e società civile.
Chiara e ben definita la posizione dei favorevoli. La componente di centrosinistra che sostiene il governo Draghi si è schierata decisamente a favore del green pass. Sia il PD sia i piccoli partiti centristi, Azione, Italia Viva e PiùEuropa, così come da sinistra LeU (che esprime il Ministro della Salute), hanno difeso la misura senza tentennamenti. Stessa posizione quella di Forza Italia, unico partito del centrodestra a schierarsi senza e se e senza ma in favore. Più articolata e cangiante la posizione del M5S. Come vedremo avanti.
Gli unici distinguo tra i favorevoli, in realtà piuttosto ipotetici, si sono registrati riguardo ai tamponi per i non vaccinati. Netta la chiusura alla gratuità da parte di tutti i partiti sovraelencati. Da registrare, però, qualche apertura a titolo personale. Ma soprattutto alla vigilia dell’entrata in vigore dell’obbligo, e più che altro come preoccupata reazione alla protesta montante, che voleva annunciare l’inizio di un autunno assai caldo. Queste sparute posizioni di apertura alla gratuità dei tamponi hanno trovato però energico appoggio da parte di osservatori e commentatori, sia di area democratica che non. Ma più ad uso e consumo mediatico che come proposta politica.
Molto più frastagliata la compagine dei contrari al green pass. Innanzitutto, si tratta di una posizione politicamente trasversale. Un arco che va dall’estrema sinistra all’estrema destra, passando per una parte importante dei maggiori sindacati e, soprattutto, per la Lega, componente essenziale della maggioranza di governo.
Tra i più contrari, le ali estreme. La destra di Fratelli d’Italia e soprattutto le varie formazioni extraparlamentari di estrema destra, come ad esempio Forza Nuova, hanno gridato palesemente alla violazione dei diritti costituzionali. A fare da grancassa, una galassia di associazioni, movimenti blog e siti internet impegnati h24 nella narrazione di complotti internazionali ai danni della libertà dei popoli. Se prima della pandemia le immancabili bestie nere erano Soros e il Gruppo Bilderberg, oggi l’attenzione è più concentrata su Big Pharma. A sentir loro, la nuova Spectre al tempo del covid. Praticamente, sovranismo, nazionalismo e antieuropeismo hanno trovato nuova linfa per il loro antagonismo militante. Soprattutto, hanno trovato un nuovo nemico globale: la “dittatura sanitaria”. Il tutto, ben pasciuto a dosi massicce di fake news e violenza, verbale e non. Come abbiamo visto nell’assalto alla sede nazionale della CGIL.
Contro il green pass si è schierato inizialmente anche Matteo Salvini. Scottato dal calo nei sondaggi e braccato dalla scalata al centrodestra di Giorgia Meloni, il leader leghista ha abbandonato i toni composti che aveva assunto con l’ingresso nel governo Draghi. Ma dopo aver anche lui bollato il green pass come strumento di ingiustificata limitazione della libertà personale, il confronto in più fasi con il premier lo ha riportato a più miti consigli. Pur mantenendo un atteggiamento riottoso in superficie, nei fatti ha ingoiato le decisioni del premier. Anche quando i pessimi risultati della Lega, al primo turno delle amministrative dello scorso 3-4 ottobre, lo avevano fatto di nuovo rumoreggiare e chiedere tamponi gratis a spese dello Stato per i lavoratori non vaccinati. Ma non è stata solo la fermezza di Draghi a farlo desistere dal fare guerriglia su green pass e tamponi. Un ruolo cruciale lo hanno svolto le figure di altri big della Lega: il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti e i governatori di Veneto e Friuli Venezia Giulia, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga. Giocando di pragmatismo, forti dell’alto consenso personale di cui godono nelle regioni che amministrano, si sono schierati di fatto con Draghi, difendendo in modo deciso il green pass. Così facendo, hanno fatto assaggiare a Salvini la morsa dell’accerchiamento dall’interno.
Molto simili le posizioni nell’estrema sinistra. Anche se non si sono registrati gli stessi atti di violenza. Il green pass è visto come arma dell’establishment per organizzare con più facilità un assalto alla libertà personale, ai diritti dei lavoratori e allo stato sociale. A complicare il quadro, la spaccatura nel sindacato. La FIOM, di fatto, riprende le posizioni radicali anti green pass proprie sia dell’estrema sinistra sia dell’estrema destra. Mentre la CGIL ha avuto una posizione più ondivaga. Dapprima contraria al green pass ma favorevole all’obbligo vaccinale. Poi possibilista sul green pass ma ferma nel richiedere la gratuità dei tamponi per i lavoratori non vaccinati. Infine, le posizioni si sono molto ammorbidite.
Ondivago anche il mondo grillino. Se dopo un’oscillazione iniziale il partito ha scelto un timido sì al green pass, sui tamponi la situazione è molto più fluida. Il leader grillino Giuseppe Conte, fino a pochi giorni fa, prometteva tamponi gratis per tutti dai palchi della campagna elettorale per le amministrative. Poi, la posizione è rimasta in sospeso.
Alla fine è stata la fermezza del premier Mario Draghi a mettere fine a questo balletto dell’incertezza della politica, che volente o nolente, scopre il fianco alle pulsioni sovversive di queste ore. Così come delineato fin dall’inizio, no deroghe all’entrata in vigore dell’obbligo del green pass sul posto di lavoro, no tamponi gratis per i lavoratori non vaccinati, ma solo tamponi a prezzi calmierati. Una politica che guida e non insegue. Una vittoria politica del premier.