Lotta senza frontiere al covid. Joe Biden ha annunciato che gli Usa stanzieranno oltre 350 milioni di dollari per aiutare a distribuire vaccini in tutto il mondo, nei Paesi più poveri. “La pandemia si sconfigge tutti insieme”, ha sottolineato il presidente parlando virtualmente ai leader mondiali al summit organizzato dalla Casa Bianca per la lotta al Covid che si tiene a margine dell’Assemblea generale dell’Onu.
Biden ha specificato che gli Stati Uniti vogliono dare altre 500 milioni di dosi di vaccino Pfizer-BioNtech al resto del mondo – arrivando così a 1,1 miliardi di dosi donate – chiedendo ai leader mondiali di arrivare al 70% della popolazione globale immunizzata entro settembre 2022.
“L’America deve diventare l’arsenale di vaccini, come è diventata l’arsenale della democrazia” ha detto il presidente. “Per ogni dose amministrata negli Stati Uniti, tre saranno donate”, ha aggiunto. Inoltre, il capo della Casa Bianca ha annunciato lo stanziamento di 370 milioni di dollari per aiutare le campagne vaccinali in tutto il mondo. Ricordando che gli Usa intendono “continuare a guidare” la lotta per sconfiggere il Covid ed essere meglio preparati ad una prossima pandemia”.

Biden in questi giorni è impegnato su più fronti: da una parte il balletto diplomatico con gli alleati europei, soprattutto con Boris Johnson ieri e con Macron oggi, e sul fronte interno con i leader del suo stesso partito alle prese con le due entità Dem, quella progressista e quella centrista, in conflitto per il piano economico da 3 mila e 500 miliardi di dollari. Un contrasto che mette a rischio la sua agenda. Nel pomeriggio il presidente si è incontrato con i leader democratici per cercare di capire come poter superare l’impasse politico.
Poco prima il leader del Senato Chuck Schumer con il capo della minoranza repubblicana Mitch McConnell e altri otto senatori di entrambi i partiti erano stati a pranzo con uno scoraggiato Boris Johnson dopo che ieri, nell’incontro avuto alle Nazioni Unite con Biden il premier britannico non era riuscito a convincre il capo della Casa Bianca a instaurare rapporti commerciali privilegiati con la Gran Bretagna. Un cambio di politica rispetto a quella precedente quando Donald Trump sosteneva con forza la Brexit, prospettando appunto la possibilità di accordi tra i due Paesi estromettendo l’Unione Europea.
Ma l’attenzione di Biden è concentrata sul suo stesso partito, che in questa guerriglia interna rischia di mandare all’aria tutti i suoi piani. E su questo i repubblicani soffiano sul fuoco del malcontento che, aizzati dall’ex presidente Donald Trump, continuano a dire di volere le migliorie per rimodernare la rete nazionale delle infrastrutture proposte da Biden senza però aumentare il tetto del debito pubblico e senza aumentare le tasse. A loro si sono associati anche alcuni democratici, Joe Manchin e Kyrsten Sinema, che dal pacchetto vogliono stralciare parte degli investimenti sull’ambiente e quelli sociali sull’istruzione, asili nido, mutue, acquisto casa e migliorie pensionistiche. Contro di loro tutti i progressisti del partito a cominciare da Bernie Sanders ed Elizabeth Warren.

Per l’ex presidente, comunque, il futuro politico si fa sempre più incerto. La sua battaglia contro il leader della minoranza repubblicana al Senato sta dividendo il partito. Trump vuole Mitch McConnell fuori dallle leve di comando e una larga base repubblicana è con lui. Ma la classe dirigente del partito non lo segue e per questo l’ex presidente sta cercando di imporre i propri candidati alle prossime elezioni di Mid Term. Inoltre, ci sono le sue vicende giudiziarie che continuano a minacciare la sua sopravvivenza politica. Una condanna penale lo eliminerebbe da tutti i giochi.
Qui la battaglia si fa più dura perché lo stesso ex presidente dopo le clamorose rivelazioni del New York Times sulle false dichiarazioni della sconfitta elettorale rischia sia una gigantesca condanna economica, ma anche una penale per diffamazione. Come è noto dopo la sconfitta elettorale gli avvocati di Donald Trump, Sidney Powell e Rudy Giuliani, in numerosi atti presentati in tribunale per tentare di bloccare la certificazione dei risultati hanno denunciato l’”enorme impatto del denaro comunista di Venezuela, Cuba e forse Cina”, affermando che Dominion Voting Systems, la società che ha costruito macchine per il voto in alcuni Stati, e la società di software Smartmatic (utilizzata solo nella contea di Los Angeles) erano in partecipazione con l’ex leader venezuelano Hugo Chavez (morto da anni).
Denunce senza nessuna prova, respinte in oltre 50 decisioni dei magistrati. I due avvocati hanno anche affermato che il “secondo uomo” del finanziere George Soros in Gran Bretagna è uno dei leader del “Progetto Dominio” in questo tentativo di “rubare” l’elezione presidenziale.

Queste false accuse ora appaiono, scrive il New York Times, come una strategia forse preparata dalla campagna di Donald Trump addirittura prima delle elezioni. I documenti mostrano che i responsabili della campagna elettorale ben sapendo che tutta la vicenda fosse inventata, hanno lanciato Sidney Powell e Rudy Giuliani per continuare il loro tentativo di discreditare la vittoria elettorale di Biden e di continuare i loro attacchi a Dominion e Smartmatic. La vicenda, come è noto, è finita in tribunale e Dominion e Smartmatic hanno citato in giudizio sia Giuliani che Sydney Powell per diffamazione chiedendo ognuno un risarcimento danni di 3 miliardi di dollari.

Da tribunale a tribunale. Ieri l’ex presidente ha citato in giudizio la nipote Mary Trump e il New York Times – oltre a tre giornalisti del quotidiano – per un reportage del 2018 sulla sua situazione finanziaria e fiscale, accusandoli di essere “impegnati in un complotto insidioso” per ottenere l’accesso a documenti riservati e di agire per “vendetta personale”. L’atto di citazione è stato presentato nel tribunale di Poughkeepsie nella contea di Dutchess nello stato di New York. I tre giornalisti – Susanne Craig, David Barstow e Russell Buettner nel 2019 hanno vinto il premio Pulitzer proprio per questo scoop basato sui documenti che l’ex presidente non ha mai voluto rendere pubblici.
La nipote di Trump, che è una affermata sociologa, viene accusata di avere consegnato ai giornalisti i documenti. Mary Trump – 56 anni, figlia del fratello di Donald Trump, Fred Trump Junior – ha scritto un libro su Trump l’anno scorso (intitolato “Troppo e mai abbastanza: come la mia famiglia ha creato l’uomo più pericoloso al mondo”) in cui affermava tra l’altro di essere stata lei a dare le informazioni finanziarie, incluse le dichiarazioni dei redditi di Fred Trump, padre dell’ex presidente. Nell’atto di citazione gli avvocati di Trump chiedono come risarcimento tutti gli utili ottenuti dalla nipote per la vendita del libro.