Che a Berlino in questi ultimi mesi viva l’interregno di Angela Merkel è cosa nota, ma che ci siano rigurgiti populistici e nazionalistici in piena emergenza Covid-19 fa preoccupare e quasi impaurire.
Veniamo ai fatti: tre giorni fa, la guida politica di Berlino è andata in tilt, preoccupata, a sproposito, su presunti effetti mortali del vaccino AstraZeneca. Una qualsiasi persona di buon senso, prima di prendere una decisione in merito, avrebbe chiesto il parere scientifico all’EMA. Invece la Merkel no, fa di testa propria, molto probabilmente preoccupata di perdere qualche altro voto, viste le ultime sconfitte nei due land dove si è votato domenica!
Prende una decisione politica su una questione scientifica, quando invece avrebbe dovuto adottare una decisione politica dopo aver avuto ragioni scientifiche che la obbligassero a sospendere il vaccino AstraZeneca.

Il folle azzardo della Germania ha trascinato colpevolmente i leader politici di Italia, Francia, Spagna e altri a fare altrettanto, motivo per cui è scoppiato un inferno a livello europeo e la gente impaurita, se non addirittura terrorizzata, ha incominciato a rifiutare di vaccinarsi scatenando i soliti e sempre più preoccupanti servizi giornalistici di molta stampa e televisione.
Berlino dimentica che già la presidente von der Leyen aveva prodotto danni irreparabili con la sottoscrizione di contratti a dir poco ridicoli con le Big Pharma in cui, in caso di mancato rispetto delle forniture contrattuali, non vi erano penali economiche. Una beffa! Pagata da milioni di europei.
Ma tutto ciò non è nulla se si confronta il dislivello fra gli Stati Uniti di Joe Biden e l’Europa di von der Leyen: il presidente americano, in poche settimane, cala sul piatto degli aiuti economici un bazooka da 1.900 miliardi di dollari, dopo quelli di Trump, mentre la presidente della fumosa Commissione UE cala appena 750 miliardi di euro. Ben 1.150 miliardi di differenza e l’ulteriore penalizzazione sta nel fatto che quelli europei siano stati decisi l’anno scorso dopo una miriade infinita di riunioni e litigi. Piccoli Paesi, definiti frugali, mandati contro l’Europa mediterranea, definita sciupona e spendacciona.

Ma, come se non bastasse, i 750 miliardi sono sottoposti a un’infinità di regole e regolette che vedranno controlli enormi e la cui erogazione partirà verso la fine di quest’anno, protraendosi fino al 2026.
Questo è già tanto ma, come se non bastasse, in Germania stanno lavorando contro un’Europa appena un po’ solidale come quella prima raccontata. Infatti Miguel Berger della Spd, segretario di Stato agli Affari esteri di Berlino, ha scritto di sentire crescere forti preoccupazioni per il fatto che, secondo lui, alcuni Stati europei, senza citarli, stiano approfittando del Covid-19 per violare le regole del Patto di Stabilità (3% di deficit, debito pubblico al 60% ecc.). Evidentemente Herr Berger, da buon socialista, dimentica di esserlo e da buon statista non è andato in Grecia per valutare la cura disastrosa imposta dall’Europa. Ma a tutto ciò, in Germania, si aggiungono le forti critiche avanzate dalla Corte dei Conti tedesca contro il Recovery Fund. Ed è di qualche giorno la notizia di un altro ricorso alla Corte Costituzionale di Karlsruhe contro le politiche monetarie della Bce a guida Christine Lagarde per la crisi del Covid.

Un altro ricorso davanti a un giudice tedesco dopo la sentenza dell’anno scorso dell’Alta Corte, che aveva definito “illegali” gli stimoli messi in campo dall’ex presidente dell’Eurotower Mario Draghi. A questo punto una domanda sorge spontanea: ma la Germania vuole o non vuole rispettare gli accordi che, a fronte dell’unificazione tedesca, Helmut Kohl sottoscrisse con tutti gli europei?
Altrimenti non ci resta che fare nostra l’affermazione di Giulio Andreotti, all’epoca troppo in fretta criticata: “Amo talmente tanto la Germania che ne preferivo due!”