Alla fine, Giuseppe Conte ha deciso. Domani mattina andrà al Quirinale, intorno alle 11.30, e annuncerà le sue dimissioni. Prima di questo, alle 9, anticiperà la sua posizione al Consiglio dei Ministri.
Una volta accolte le dimissioni, il protagonista diventerà poi Sergio Mattarella, che accoglierà al Colle i capi delegazione per procedere con le consultazioni. Sarà ovviamente un processo breve, è la situazione che lo richiede, e lo stesso Presidente della Repubblica ha chiesto che l’azione sia rapida e porti a un risultato stabile, oltre che credibile.

L’ipotesi più probabile è quella di un nuovo governo Conte, l’ormai già famoso Conte ter e non accennano infatti a rallentare le trattative dell’attuale esecutivo con i membri di Italia Viva e Forza Italia, sempre più simili tra loro, per cercare di allargare la maggioranza. Silvio Berlusconi, però, ha dichiarato che al momento non vi sia alcuna trattativa in corso “né da parte mia, né di alcuno dei miei collaboratori, né di deputati o senatori di Forza Italia, per un eventuale sostegno di qualunque tipo al governo in carica”. Certo, anche la settimana scorsa, poco prima del voto in Senato, la capogruppo di FI Anna Maria Bernini aveva annunciato il voto compatto dei forzisti contro il governo.
Partito Democratico e Movimento 5 Stelle hanno blindato la figura del Premier, che attualmente rimane l’unico vero elemento capace di tenerli insieme. “Con Conte per un nuovo governo chiaramente europeista e sostenuto da una base parlamentare ampia, che garantisca credibilità e stabilità per affrontare le grandi sfide che l’Italia ha davanti”, ha scritto sui social il segretario del PD Nicola Zingaretti.

L’opposizione, invece, chiama il voto. Salvini, con un video pubblicato su Facebook, sostiene che non sia questo “il governo che può accompagnare l’Italia fuori dal disastro. Usiamo le prossime settimane per ridare la parola al popolo”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che da un ritorno alle urne guadagnerebbe, stando ai sondaggi, decine e decine di rappresentanti in Parlamento. L’ipotesi al momento non è tra le più accreditate, soprattutto a causa delle attuali forze di maggioranza che vedono il voto come un’ipotesi da evitare.