Un nero soffocato da un poliziotto bianco, e un ex capitano della polizia nero ucciso a colpi di pistola da saccheggiatori e criminali. Questo il tragico destino di George Floyd e David Dorn. Il primo, vittima di un razzismo sistematico che inquina le forze dell’ordine americane da decenni, e il secondo, vittima di una frangia anarchica e violenta. Due uccisioni avvenute a più di 800 chilometri di distanza che dovrebbero unire il popolo americano nel denunciare ogni forma di razzismo e di violenza.
Invece, troviamo sui social media molti attivisti pronti a giustificare la violenza che ha portato alla morte di David Dorn. “La popolazione nera ha il diritto di spaccare le vetrine e far male agli agenti di polizia e ai negozianti per via della discriminazione razzista inflittagli in tutti questi anni,” è il grido di battaglia esasperato da questi leoni da tastiera. Consiglio a codesti signori di andarsi a vedere l’annuncio del fratello di George Floyd rivolto ai protestanti.
“Cosa state facendo? [La violenza] non porterà indietro mio fratello! Protestate pacificamente, per favore! [George] non vorrebbe questo!”
Il fratello di George Floyd ha capito prima di tutti gli attivisti social che la violenza di questi giorni rischia solo di sopprimere e sporcare il nome di George Floyd. Invece che unire il popolo americano per combattere ed estirpare questo cancro che si chiama razzismo, la criminalità organizzata giustificata dai sopracitati leoni da tastiera e portata avanti da organizzazioni come Antifa, rischia di far riemergere suprematisti bianchi e gruppi neo-nazi. Ma non solo, anche alcuni bianchi conservatori che per la prima volta si erano attivamente messi in campo per denunciare il razzismo presente nella società americana, potrebbero essere fuorviati da questo eccesso di violenza.

Basti guardare cosa ci insegna la storia americana. La prima ondata del movimento per i diritti civili capitanata da Martin Luther King fu caratterizzata da proteste pacifiche e portò a delle riforme fondamentali per il raggiungimento della parità razziale. Contiamo ad esempio il Civil Rights Act, il Brown v Board of Education, e la cancellazione totale delle leggi Jim Crow. La seconda ondata del movimento per i diritti civili guidata dal Burn Baby Burn Movement fu invece caratterizzata da proteste violente e portò al passaggio da uno stato sociale – fortemente in crescita negli anni sessanta con la Guerra alla Povertà del Presidente Lyndon B. Johnson – a uno stato penale. Contiamo ad esempio l’incarcerazione di massa della popolazione nera, la Zero Tolerance policy di Rudy Giuliani, e la Three-strikes law di Bill Clinton. Nel 1979, la probabilità di finire dietro le sbarre per un uomo nero senza diploma delle superiori era pari al 20%, oggi è pari al 59%. Nel dopoguerra, la popolazione carceraria americana era 70% bianca e 30% nera e latina; oggi è del 70% nera e latina e del 30% bianca.
Loïc Wacquant da la colpa alla seconda ondata del movimento per i diritti civili. La violenza del Burn Baby Burn Movement entrò per la prima volta nelle case degli americani attraverso la televisione e causò un reinterpretazione su larga scala della popolazione nera, specialmente quella appartenente alla classe lavoratrice. La maggioranza bianca smise di vedere la classe lavoratrice nera come meritevole di assistenza sociale e la incominciò a vedere come minacciosa e meritevole di essere punita. Questa reinterpretazione fu naturalmente sbagliata – i neri non diventarono più pericolosi e i crimini violenti diminuirono – ma le proteste violente del Burn Baby Burn Movement ebbero la capacita di distorcere la realtà e portare la maggioranza bianca a richiedere un giro di vite sui presunti criminali neri. Il risultato fu un iper incarcerazione ingiustificata della popolazione nera.
Il rischio delle proteste violenti di oggi è lo stesso. Invece che seguire la strada pacifica imboccata da Martin Luther King nel 1955, come stanno facendo la maggior parte dei protestanti, i leoni da tastiera preferiscono seguire quella del Burn Baby Burn Movement, dando alibi a gruppi come Antifa per continuare a saccheggiare e far male ai cittadini innocenti. Invece che costruire un movimento contro il razzismo che possa includere tutte le razze e gli strati sociali, la giustificazione della violenza rischia di fuorviare e dividere i benintenzionati. Invece che richiedere a gran voce una riforma della polizia e delle forze dell’ordine, la giustificazione della violenza rischia di far cadere nel dimenticatoio la morte di George Floyd e rendere inutili le proteste pacifiche di questi giorni. Un consiglio: ascoltate il fratello di George Floyd e continuate a urlare il suo nome, ma fatelo denunciando e non giustificando quelli che sporcano la sua memoria.