Si sbaglia chi, dopo il caos scaturito dal conteggio dei voti in Iowa, si aspettava una serata tranquilla e pacata. L’ottavo dibattito democratico di queste primarie ha riservato dei colpi bassi per i due “vincitori” dell’Iowa, Pete Buttigieg e Bernie Sanders. Il primo è stato preso di mira un po’ da tutti per la sua inesperienza, essendo il candidato più giovane sul palco e avendo solo ricoperto la carica di sindaco nel settore pubblico, mentre il secondo è stato colpito alle spalle “dall’amicone” Joe Biden, che lo ha criticato per aver bloccato una riforma sul controllo delle armi nel 1990. Nonostante questo, i due colpiti non sono certo stati affondati; Sanders ha reagito concentrandosi sul suo messaggio progressista, effettivamente surclassando Elizabeth Warren per l’intera serata, mentre Buttigieg ha speso le sue energie per ribadire che Washington ha bisogno di forze fresche e lui è quello che più di tutti può dare una nuova faccia al partito Democratico. Ma per non farsi mancare nulla, i due trionfatori dell’Iowa hanno anche deciso di sferrarsi qualche fendente a vicenda, con Bernie che ha accusato Pete di essere prezzolato dalle elite, e con Pete che ha accusato Bernie di proporre un piano sanitario troppo radicale e dispendioso per le casse americane.

Insomma, una serata che ha visto un po’ tutti attaccarsi a vicenda senza troppi scrupoli. D’altronde, ciascuno dei candidati sul palco, per un motivo o per l’altro, ha bisogno di un risultato positivo in New Hampshire. Joe Biden, considerato fin da subito il favorito indiscusso, ha subito un brusco stop in Iowa, dove ha racimolato solo il 13,7% del voto popolare, arrivando quarto per numero di delegati. Joe ha bisogno di vincere in New Hampshire, o quantomeno arrivare secondo, per dimostrare a tutti che è ancora l’unico candidato capace di riunire il partito e battere Trump. Se cosi non fosse, Joe rischia di perdere una nomination che meno di un mese fa sembrava una banale formalità. Forse proprio per questo Biden ha sentito il bisogno di attaccare Sanders, l’altro favorito in New Hampshire, su un tema cosi unificatore e sentito come quello del controllo delle armi, per provare a mobilizzare dietro di se pezzi dell’elettorato ancora indeciso o poco attento alle tematiche politiche più complesse. Inoltre, Biden ha dichiarato per la prima volta davanti alle telecamere che fu contrario alle mosse in Afghanistan del suo ex Presidente Barack Obama, in un tentativo di chiarire una volta per tutte le sue posizioni geopolitiche, criticate in passato dallo stesso Sanders per essere troppo aggressive.

D’altro canto, Buttigieg e Sanders hanno bisogno di un buon risultato in New Hampshire per dare impulso a quello ricevuto in Iowa. Il primo, più del secondo, ha bisogno di portare a casa una vittoria, dato che i prossimi due stati, Nevada e South Carolina, lo vedono molto indietro per via delle sue enormi difficolta con l’elettorato afro americano. A Sanders basterebbe convincere l’ala radicale del partito che lui è l’unico candidato viabile per battere i moderati, e quindi un risultato con un gap importante tra lui e la Warren potrebbe bastare. Va vista sotto quest’ottica la guerriglia messa in atto da Pete e Bernie; un tentativo di monopolizzare il dibattito e trasformare il resto delle primarie in una gara a due, con l’obbiettivo di eclissare dalla scena sia Biden che Warren. Entrambi guadagnerebbero da uno scenario del genere, dato che l’unico modo in cui Buttigieg convincerà i moderati afro americani a votarlo è se l’unica opzione rimane un socialista come Bernie, mentre l’unico modo in cui Sanders batterà i moderati è se dall’altra parte si trova un ragazzino poco conosciuto dalle elite clintoniane che non riesca a mobilizzare intorno a se non solo i voti dei moderati ma anche quelli della Warren.

Troviamo infine i tre rincorritori, Amy Klobuchar, Andrew Yang, e Tom Steyer. Se per Yang e Steyer i giochi sembrano ormai fatti, avendo insieme capitalizzato meno del 2% in Iowa, Klobuchar ha ancora qualche chance nel campo moderato se Biden dovesse crollare e Buttigieg non riuscisse a convincere la popolazione afro americana. Proprio per questo motivo ieri sera Amy ha deciso di tracciare una linea netta tra lei e il resto del campo moderato, attaccando Buttigieg per essere una faccia “troppo nuova” per la Casa Bianca, comparandolo a Trump nel 2016, e differenziandosi da Biden per piglio e metodo comunicativo. La situazione tra Klobuchar e Buttigieg ricorda molto quella del 2016 tra Chris Christie e Marco Rubio nel campo repubblicano. Dopo un ottima prestazione in Iowa, Rubio era lanciato verso il New Hampshire, ma fu ostacolato da un’insidioso Christie che lo attaccò per essere troppo giovane e inesperto, proprio come sta succedendo ora a Pete. Il risultato di quello scontro lo conosciamo ormai tutti, un partito repubblicano diviso che portò alla nomination di Donald Trump. I moderati devono stare attenti a non scherzare troppo col fuoco se non si vogliono trovare Bernie o Elizabeth sul palco con Trump.

Ovviamente infine c’è il super candidato che si scalda in panchina, l’ex sindaco di New York Mike Bloomberg. Lui entrerà in corsa con le primarie più importanti sperando che sia proprio un candidato come Bernie Sanders ad aver già “eliminato” le chance dei moderati come Biden, Buttigieg e Klobuchar. In quel caso lui entrerebbe in corsa forte dell’attrazione verso l’elettorato democratico moderato rimasto “orfano”. Il duello per la nomination sarebbe tutto tra loro due, i due estremi: Bernie v Mike.