In politica contano i sedimenti. Conta “quello che resta”, sotto e oltre il costante flusso di parole, di tattiche, di strategie messo in movimento dalla vicenda politica, e dai suoi più o meno effimeri avventori.
Quando, al Governo Conte I succedette il Governo Conte II, e alla Lega, nell’ineffabile ruolo di “coalizzati”, il PD e Italia Viva, la parola prima fu che bisognava fermare il Ministro Salvini e la Lega: la sua violenza politica, culminata, nell’entusiastica richiesta di “pieni poteri”. Il Fascismo (di nuovo) alle porte, o più o meno. A parole, questione seria: come seria (storicamente seria, si vuol dire) fu quell’esperienza dittatoriale e conculcatrice di libertà, individuale e comunitaria.
Se i “pieni poteri” erano stati il culmine, alcune Leggi, in particolare, erano state lo svolgimento di quella politica, di quella violenza: il suo nerbo normativo, culturale, ed istituzionale. “Difesa Sempre Legittima”, “Decreti Sicurezza”, “Spazzacorrotti”. Ma in Parlamento questi nomi ricevettero valore normativo generale, con la Lega al 17%. Senza il “coalizzato” pro tempore, il M5S, quei nomi sarebbero rimasti nomi.
Così, avendo il PD e Italia Viva deciso di salvare l’Italia dall’incombere dei “pieni poteri”, il rammentato culmine della “politica salviniana”, era politicamente necessario che si salvasse l’Italia a partire dai singoli gradini, o gradoni, che a quel culmine, a quella vetta, avevano condotto. Che si dovesse smontare tutta la scala. E invece, il Pd e Italia Viva, al posto della Lega.
Essendo antica e capillare la tradizione del Retore di Complemento, non mancarono (né mancano) distinzioni, interpretazioni, precisazioni, elucubrazioni; cioè, tutta la vasta materia di machiavellismi, talleyrandismi, frontismi a tre un soldo. Ma, il succo, il sedimento, era, ed è rimasto questo: ôte-toi de là que je m’y mette. Esci da lì, che mi ci metto io.
E siccome il sedimento è questo, purtroppo non stupisce lo spettacolo andato in scena alla Giunta sulle Immunità, sul “Caso Gregoretti” (la nave impedita allo sbarco nel porto di Augusta, per atto dell’allora Ministro Salvini, esattamente sulla base dei “Decreti Sicurezza”, con la conseguente accusa di sequestro di persona e altro, mossa a suo carico).
Non solo non stupisce, ma conferma e definisce ulteriormente il significato, primo e ultimo, di quella “successione”: di un “buono” che pretende di aver messo in salvo l’inerme fanciulla, mentre prosegue su di lei l’infame divertimento del “cattivo”.
Il PD, Italia Viva e il M5S non hanno preso parte alla votazione. Perché, si dice, ci sono, prossime, le elezioni in Emilia Romagna e in Calabria, e non si può lasciare che Salvini appaia un perseguitato politico. Lui ora chiede di andare a Processo? E noi ce ne andiamo. “Mossa” e “Contromossa”. O qualcosa del genere.
Che è un modo di rovesciare i termini della questione.
Qui, infatti, non è in discussione la maggiore o minore credibilità di Salvini che si paragona a Silvio Pellico: ma la nessuna credibilità della presente Maggioranza come “Salvatore della Patria” da Salvini.
Lasciamo stare il M5S, l’inattingibile nulla. Ma davvero, PD e Italia Viva, credono che si possa in eterno risolvere la responsabilità delle scelte, eludendole? Che l’azione politica possa andare disgiunta dai suoi fondamenti culturali e normativi? Che se ne possa fare un travestimento di giornata? Davvero credono che nessuno veda come, accanto al Conte I e II, ci sia stato e ci sia un Bonafede I e II? E del centralissimo significato politico di tale ulteriore e maggiore continuità? Della “Prescrizione Mai”, decisa dalla Maggioranza Lega/5S, e messa in esecuzione dalla successiva, sinistro, e anche potentemente simbolico, passaggio del testimone fra l’una e l’altra?
In quanto affermano, sin dal concepimento del loro intervento salvifico, di voler negare dignità politica ai “Porti Chiusi”, dovevano andare in Giunta e votare: per spiegare, se favorevoli al rinvio a giudizio, perché quei decreti non potevano fondare una condotta legittima, e se sfavorevoli, perché il contrario. Giacché, solo discutendo di quei Decreti, e in una Sede così intensamente appropriata, potevano (e potranno) presentarsi alla comunità dei consociati quali portatori di un’idea, di un progetto, per l’oggi e per il domani. Invece, è prevalsa la scaletta elettorale, il giochino di una dirigenza politica impantanata nel riverbero di un tweet altrui.
“Pieni poteri”? Contano i sedimenti, in politica. Perciò, quando Salvini dirà che vuole lui salvare l’Italia da “questa Giustizia” (avendo anzi chiesto di essere processato, per farsene martire), sarà creduto, perchè ogni diversa e alternativa credibilità sarà stata buttata alle ortiche.
Nonostante tutti i suoi inviti a “buttare le chiavi” delle celle; nonostante i suoi “animali”, riferiti a persone sottoposte ad indagine; nonostante la sua determinante partecipazione al primo Governo, il cui Ministro della Giustizia ha espressamente e deliberatamente assunto il ruolo di prestanome della più retriva e reazionaria fra le componenti della Magistratura associata. E del suo programma, democraticamente liquidatorio. Nonostante tutto questo, sarà creduto.
Se, infine, qualcuno gli suggerirà di guardare ad altri “Pieni Poteri”, già ampiamente in opera, proprio quelli del rivendicato ruolo tutorio e “supplente” dell’Ordine Giudiziario sull’Ordine Politico, nonostante simile curriculum, potrà farlo: e tutto passerà in cavalleria.
Non sappiamo cosa precisamente verrà, da simile turbinìo. Certamente, nulla di buono.