Da quando ha lanciato la sua candidatura in un innevato comizio al Brooklyn College lo scorso marzo, la campagna del senatore del Vermont Bernie Sanders ha avuto esiti, per così dire, altalenanti. Dopo i primi mesi di rincorsa del frontrunner moderato Joe Biden, il candidato “democratico socialista” noto per aver sfidato i tabù della politica americana ha dovuto tener testa all’irresistibile ascesa di Elizabeth Warren, per RealClearPolitics balzata al secondo posto a livello nazionale dopo l’ex Vicepresidente. Lei, senatrice del Massachusetts, di Sanders condivide sostanzialmente agenda e valori. Entrambi, infatti, sostengono un sistema sanitario totalmente pubblico, che esclude la coesistenza di un’opzione privata; entrambi parlano di istruzione accessibile, di lotta senza quartiere ai giganti del tech, alle multinazionali e al “top 1%”, i ricchissimi. Entrambi, poi, vogliono implementare un “Green New Deal” per l’ambiente e si vantano di essere supportati da un vero e proprio “grassroots movement”, un “movimento dal basso” di sostenitori.
In effetti, se si guardano i dati relativi alle donazioni pubblicati dalle rispettive campagne, ci si rende conto che, in entrambi i casi, sono proprio i piccoli donors a dare linfa ai due progetti. Di recente, lo staff di Warren ha annunciato di aver ricevuto 24,6 milioni di dollari nel terzo quarto dell’anno, risultato non troppo distante dai 25,3 milioni di dollari di Sanders. Circa 940mila persone hanno donato, in quel periodo, per la senatrice del Massachusetts, 1,4 milioni per il suo più anziano competitor. Entrambi, con questo approccio “grassroots”, sono riusciti a sorpassare i rivali in campo, compreso l’ex vicepresidente Biden (15,2 milioni), peraltro rifiutando donazioni da lobby, milionari e PAC (Political Action Committees).
Ed è proprio nel quadro di questa “sfida a due” tra Sanders e Warren che deve essere valutato il recente endorsement a favore del candidato socialista da parte della giovane stella della sinistra a stelle e strisce, Alexandria Ocasio-Cortez. Una vera e propria manna dal cielo per Sanders, considerando che, secondo quanto riporta la stampa americana, la telefonata di AOC è giunta qualche giorno dopo l’infarto del senatore, notizia che avrebbe potuto azzoppare definitivamente la sua campagna. Si sa, infatti, quanto gli elettori americani siano tradizionalmente attenti alle condizioni di salute dei candidati presidenti. E invece, Sanders ha potuto presentarsi, il 19 ottobre scorso, davanti alla folla entusiasta raccolta a Long Island City (nel quartiere Queens di New York), forte della fresca presenza di Ocasio-Cortez.
“Nessuno voleva mettere in discussione il sistema; lui, invece, nel 2016 ha cambiato in maniera fondamentale la politica in America”, ha detto la deputata, riconoscendo a Sanders la paternità di tante delle idee che oggi dilagano nel folto schieramento democratico. Del resto, Ocasio-Cortez ha fatto la sua “gavetta” politica proprio nella campagna del senatore del Vermont nel 2016, ed è grazie alla piattaforma lanciata da Sanders se, dopo aver clamorosamente vinto le primarie democratiche per il Congresso dello Stato di New York, è entrata a Capitol Hill come la più giovane deputata d’America.
Non è dunque, in assoluto, una sorpresa la scelta di Ocasio-Cortez di sostenere Sanders. L’endorsement, però, non era neppure scontato, soprattutto alla luce dell’ascesa di Warren. In effetti, la deputata di origini portoricane non ha fatto mistero di aver avuto contatti, oltre che con il candidato “socialista”, anche con la sua principale competitor progressista. “Credo sia una candidata favolosa”, ha detto di lei. “Francamente, il senatore Sanders, la senatrice Warren ed io facciamo tutti parte dello stesso team all’interno del partito”, ha specificato. Eppure, per Sanders poter annoverare il supporto dell’icona left, super–social Alexandria è indiscutibilmente un regalo prezioso per almeno due ragioni.
Primo: parte dei supporter che negli ultimi mesi si sono orientati su Warren provengono originariamente dalle file di Sanders. Non è un caso che il patto di non belligeranza tra i due sia recentemente stato infranto proprio dal senatore del Vermont, che ha ricordato come Warren si sia dichiarata “una capitalista fino al midollo”. La speranza del candidato 78enne, dunque, è che l’aperto sostegno della sua “creatura” – che incorona la sua come la vera e unica “rivoluzione” della sinistra americana – convincerà indecisi e “disertori” a tornare all’ovile.
Secondo: Alexandria è una donna, ed è latina, il che, per Sanders, è (politicamente) oro colato. La sua campagna del 2016, infatti, è stata tacciata di misoginia, sulla scia di accuse di sessismo e di molestie sessuali all’interno dello staff che pare non siano state opportunamente e prontamente prese sul serio. Inoltre, nel 2016 il senatore si è dimostrato sostanzialmente inadeguato a intercettare la sensibilità delle minoranze. Fin dall’inizio della nuova corsa, Sanders ha dimostrato di voler fare ammenda: quanto alla prima questione, ha subito reso noto il suo impegno a far in modo che problemi simili non insorgessero nuovamente; quanto alla seconda, ha prontamente reso noto a tutti, a partire dal primissimo comizio a Brooklyn, il suo passato impegno come attivista per i diritti degli afroamericani, nonché la sua partecipazione alla marcia del 1963 a Washington guidata da Martin Luther King. Così, se l’endorsement di AOC non potrà certamente spostare grandi numeri – visto che il suo elettorato e quello del senatore sono piuttosto sovrapponibili –, potrà però aiutarlo a lavorare sui punti deboli di questa e della precedente campagna.