Abbiamo sperato, fortemente sperato, di vedere al governo ministri competenti, che significa non solo titoli ma anche esperienza, come Cottarelli o Minniti, per esempio. Perfino Grillo aveva tuonato che ci volevano dei ministri tecnici per imparare a governare i tecnici della burocrazia, i veri detentori del potere. Quanto l’hanno menata Di Maio con il reddito di cittadinanza e Salvini con la pace fiscale, promesse ridimensionate dai burocrati che stavano negli uffici a scrivere e a far di conto, mentre loro andavano in giro a fare cancàn, cioè clamore e propaganda.
Ha vinto ancora una volta l’avidità dei partiti politici a lottizzare i ministeri per sistemarvi i propri fedelissimi, benché sconosciuti, e la loro inesperienza non ci rassicura. Abbiamo visto infatti quale calamità siano stati Toninelli e Trenta, i quali per fortuna sono andati a casa, ma ci resta il campione 5 Stelle lusso Di Maio, pure piazzato agli Esteri. Che per i politici italiani è come mandare uno in esilio, quando non lo si vuole tra i piedi. Invece è un ministero importante: Giggino sarà l’immagine dell’Italia nel mondo. Ahinoi. Meno male che Gentiloni è il nuovo commissario europeo e oscurerà Di Maio.
Sanno lor signori, Pd e M5S, che questa è la loro ultima possibilità di raddrizzare l’Italia, preservando la libertà? Altrimenti poi arriveranno i sovranisti, perché sono capaci di comunicare alla pancia della gente, non importa se quello che dicono sia falso o meno.
Non è che davanti alle urla di Salvini e agli strilli della Meloni, bisogna fare finta di niente: si deve controbattere con dati alla mano. Ripetere – repetita iuvant – fino alla nausea che: la legge italiana obbliga il presidente della Repubblica a fare con le maggioranze parlamentari a disposizione un altro governo. Insomma informare che quelli che vanno in piazza a protestare sono degli ignoranti e ballisti. E che Salvini è scappato per non fare il bilancio.
Altrimenti perché mai Salvini non è rimasto al governo? Se lo chiedono basiti perfino i leghisti. Ne aveva ingoiate di cotte e di crude da Di Maio. Per quattordici mesi è stato cornuto e mazziato, ma sempre sposato. Come quelle coppie che non si rispettano, si offendono e poi si presentano in pubblico mano nella mano. Coppie fattuali, direbbe Feltri; in fondo l’importante è volersi bene. Sì, Di Maio e Salvini si volevano benissimo perché hanno dimostrato di avere la dignità sotto i tacchi, umiliandosi reciprocamente davanti al mondo intero, ma restando insieme per opportunità politica. Se Parigi val bene una messa, per restare a Roma val bene porgere l’altra guancia. “Bacioni”, rispondeva Salvini a ogni schiaffone. Ma non è stato da meno. Abbiamo letto per mesi delle loro reciproche accuse, invece di sentire come risolvere i problemi della mancanza di lavoro e del debito pubblico. Che sono leggermente più importanti di quello dei migranti. Salvini sapeva solo proclamare che chiudeva i porti alla grandi navi, mentre i migranti economici sbarcavano bellamente dalle barche da diporto. E al confine orientale, con la Slovenia, passavano e passano ogni giorno migranti economici afgani e pakistani ben vestiti e calzati.
Dati alla mano: da inizio anno, sino a metà agosto, sono approdati in Europa 53.320 migranti, di cui 4.399 in Italia (meno del 10%); di questi gli sbarchi diretti sono stati 4.106, mentre dalle navi ong soltanto 293. E Salvini ha fatto tutto questo cancàn per non accogliere 293 persone? Mentre ne annegavano 683… Pura demagogia.
Semmai non si può accogliere senza un programma di selezione concordato con la Ue (Salvini non si è presentato a 22 riunioni) e un organizzazione interna, anche perché questa è la guerra dei ventri, come scrissi anni fa, e la nostra civiltà rischia di scomparire. A meno che non imponga la sua cultura dimostrando che è la più forte, in modo che chi viene qui sia assimilato. Ma niente di tutto questo si è fatto né, temo, si farà in Italia, perché per imporre una cultura bisogna rispettarla e valorizzarla. Forse il problema sta a monte: non c’è un’idea condivisa di cultura in quanto l’ignoranza la fa da padrone, a cominciare al governo.
Ho trovato una mia nota scritta mesi fa, non sono un’indovina ma mi sto attrezzando: “Vista la deriva sovranista nel mondo e forte dei sondaggi, Salvini vuole tirare la corda con riforme impossibili, per incolpare dell’irrealizzabilità la Ue, poi far saltare il banco per mancanza di soldi prima del bilancio e fare un colpo di stato andando ad elezioni. Speriamo che non abbia fatto i conti giusti. Perfino tenerci un Conte sarebbe meglio”. Per fortuna ha fatto i conti senza l’oste, anzi un’intera osteria approntata alla bisogna: Conte, Zingaretti, Mattarella, Renzi, Bersani, anche se si dice che lo chef sia stato il vecchio democristiano Vincenzo Scotti. Non ci resta che sperare che questo governo duri e non si scuocia. La ricetta ora è solo una: darsi da fare.