Per il minstro Matteo Salvini, qualsiasi sentenza o decisione che non è di suo gradimento diventa automaticamente una sentenza politica. E mentre aizza il popolo contro la magistratura e da ministro dell’Interno pretende di dire ai magistrati come devono far applicare la legge, afferma che “non siamo un Paese civile se si sovrappongono politica e magistratura e magistratura e politica”. Poi, insinua che il giudice Alessandra Vella abbia liberato la capitana della Sea Watch 3 Carola Rackete, perché “Magari il signor giudice si è bevuta pure un bicchier di vino con la signorina che si è detta ricca, bianca, tedesca, magari un po’ annoiata e quindi legittimata a fregarsene delle leggi di uno Stato”.
Evidentemente, Matteo Salvini ha perso le staffe dopo la decisione del gip di Agrigento Vella. Il gip non ha convalidato l’arresto della comandante Rackete, ha escluso il reato di resistenza e violenza a nave da guerra e ritenuto che il reato di resistenza a pubblico ufficiale sia stato giustificato da una “scriminante” legata all’avere agito “all’adempimento di un dovere”, quello di salvare vite umane in mare. Nella sua ordinanza, la Vella ha sottolineato anche che la scelta del porto di Lampedusa non è stata strumentale, ma obbligatoria perché i porti della Libia e della Tunisia non sono stati ritenuti porti sicuri. Pertanto, è stato cancellata la misura degli arresti domiciliari stabilito dalla procura che aveva chiesto per la comandante della Sea Watch la convalida della misura restrittiva e il divieto di dimora in provincia di Agrigento.
Pochi minuti dopo l’annuncio del gip di Agrigento, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha sferrato un attacco di una violenza inaudita contro la magistratura e personale contro Alessandra Vella.

In un video diffuso in diretta su Facebook, il ministro dell’Interno aveva iniziato la sua diretta lamentandosi per le decisioni della magistratura in questa vicenda e attaccando personalmente il gip dI Agrigento:
“Non siamo un paese civile se si sovrappongono politica e magistratura. In questo caso non c’è stato solo l’ignorare il no all’ingresso nelle acque italiane. Non si sono solo ignorate le indicazioni, si è deliberatamente rischiato di uccidere cinque ragazzi in divisa in mare che stavano facendo il loro lavoro. E in cosa si rivolse? In una pacca sulla spalla? Magari ha preso anche un bicchiere di vino con la comandante che si è detta annoiata? E poi ci sentiamo criticare anche da qualche politico tedesco. Se qualcuno pensa che io molli, ha sbagliato. Anche oggi ci siamo ritrovati al ministero dell’Interno per valutare come fermare altre navi complici degli scafisti. Basta. L’abbiamo visto anche oggi, con gli arresti a Lodi, di gente che si diceva onlus, che accolgono i migranti perché sono accoglienti e buoni: cazzate. Chi c’è dietro queste Ong? L’abbiamo capito che è un tentativo di cancellare sovranità. Anzi, da domani ancora più determinato a far rispettare i confini che sono sacri, le leggi, la dignità, il buon senso”.
Salvini, ha continuato dicendo:
“Non ho parole. Cosa bisogna fare per finire in galera in Italia? Mi vergogno di chi permette che in questo paese arriva il primo delinquente dall’estero e disubbidisce alle leggi e mette a rischio la vita dei militari che fanno il loro lavoro. Se stasera una pattuglia intima l’alt su una strada italiana chiunque è tenuto a tirare diritto e speronare un’auto della polizia. Pessimo segnale signor giudice”.
Salvini ha proseguito così:
“Permettetemi lo sfogo ma lo faccio a nome dei militari che hanno rischiato la vita e meritano rispetto, non sentenze vergognose che liberano i delinquenti e magari far piacere a qualcuno. Questa sentenza è politica e vergognosa, fa male all’Italia”.
Secondo Salvini, il posto della Rackete ieri notte “sarebbe stato la galera”. E dopo questa sentenza ritiene essenziale “cambiare la giustizia”. “Vado a letto arrabbiato, indignato, perché non è una sentenza che fa bene all’Italia, sembra che delinquere sia permesso a tutte e tutti”. Poi, attacca ancora il giudice Vella: “Se qualche giudice vuole fare politica si tolga la toga e si candidi con la sinistra in Parlamento”.
“Per la magistratura italiana ignorare le leggi e speronare una motovedetta della Guardia di finanza non sono motivi sufficienti per andare in galera”, Salvini ha proseguito ancora. “Nessun problema: per la comandante criminale Carola Rackete è pronto un provvedimento per rispedirla nel suo Paese perchè pericolosa per la sicurezza nazionale. Tornerà nella sua Germania dove non sarebbero così tolleranti con una italiana che dovesse attentare alla vita di poliziotti tedeschi. L’Italia ha rialzato la testa: siamo orgogliosi di difendere il nostro Paese e di essere diversi da altri leaderini europei che pensano di poterci trattare ancora come una loro colonia. La pacchia è finita”.
In una nota pubblicata in risposta ai commenti di Matteo Salvini, l’Associazione nazionale magistrati sottolinea come “ancora una volta, commenti sprezzanti verso una decisione giudiziaria, disancorati da qualsiasi riferimento ai suoi contenuti tecnico-giuridici, che rischiano di alimentare un clima di odio e di avversione, come dimostrato dai numerosi post contenenti insulti e minacce nei confronti del Gip di Agrigento pubblicati nelle ultime ore”.
“Quando un provvedimento risulta sgradito al ministro dell’Interno”, continua la nota dell’Anm, “scatta immediatamente l’accusa al magistrato di fare politica. Appare poi estremamente grave la prospettazione di una riforma della giustizia finalizzata a selezionare i magistrati in modo che assumano esclusivamente decisioni gradite alla maggioranza politica del momento”. I giudici, nei tribunali e nelle corti, “applicano le leggi interpretandole secondo la Costituzione e le norme sovranazionali. Questo è il loro dovere in uno Stato di diritto e in una democrazia liberale e questo costituisce ineludibile garanzia per la tutela dei diritti e delle libertà di tutti i cittadini”.

E’ evidente che con gli attacchi personal contro il giudice Vella su FB, Salvini abbia indicato un bersaglio da colpire e aizzato contro di lei i suoi seguaci. Poi, poi i leoni da tastiera fascistoidi della Lega hanno raccolto “l’invito”, attaccando con insulti, minacce e persino auspici di morte sui social network, il giudice Vella. Evidentemente, i patridioti, sono convinti che diffamare la giudice riporti in galera la Rackete. Se finora, gli “squadristi” di Salvini si sono limitati a lanciare attacchi sui media, è evidente che prima o poi alcuni facinorosi potrebbero passare alle vie di fatto, come è già successo a Macerata, il 3 febbraio 2018, quando, Luca Traini, già candidato alle elezioni del giugno 2017 con la Lega, ha sparato per strada ferendo 6 immigrati di colore, 5 uomini e 1 donna.
Allora, l’ex-magistrato e presidente del Senato Pietro Grasso, fece una denuncia precisa contro Matteo Salvini:
“Le notizie che arrivano da Macerata mi lasciano attonito e inorridito. Chi, come Salvini, strumentalizza fatti di cronaca e tragedie per scopi elettorali è tra i responsabili di questa spirale di odio e di violenza che dobbiamo fermare al più presto. Odio e violenza che oggi hanno rischiato di trasformarsi in una strage razziale. Il nostro paese ha già conosciuto il fascismo e le sue leggi razziali. Non possiamo più voltarci dall’altra parte, non possiamo più minimizzare”.
Ovviamente, Salvini ha continuato con impunità e con cadenza pressoché giornaliera ad aizzare odio contro gli stranieri, contro i gay, contro i “diversi”, e contro chiunque – come il Gip Vella, osi contrastare i suoi desiderata perché, a livello di consensi elettorali questa strategia funziona.

Considero Matteo Salvini un buono a nulla che ha campato tutta la vita a spese dello stato. La sua carriera politica inizia nel 1990, quando aveva 17 anni e s’iscrive alla Lega Nord. Il 20 giugno del 1993, viene eletto Consigliere Comunale della città di Milano, dopo la vittoria di Marco Formentini.
Matteo Salvini è indegno di svolgere il ruolo di ministro della Repubblica Italiana. Per anni ha insistito di non essere italiano e ha coperto le autorità, la bandiera italiana, e i meridionali di ogni genere d’insulti. Come ha scritto Mattia Madonia su The Vision, già politico di spicco nella Lega Nord, che auspicava la secessione del Settentrione dal resto d’Italia, Salvini è un’opportunista:
“Avendo individuato un pertugio nell’elettorato di centrodestra, ovvero lo spazio lasciato scoperto dal declino di Berlusconi e dall’inconsistenza dei partiti neofascisti, ci si è tuffato attingendo da quei temi che non gli erano mai appartenuti, a partire da un concetto di Patria vagamente mussoliniano su cui basare la sua nuova propaganda. Eppure, Matteo Salvini non è diverso dagli ‘altri’, dai figli di Pontida che hanno fatto dell’oltraggio alla nazione il loro vanto. La sua storia parla da sé”.
(…) L’Italia era il nemico. Era lo Stato parassitario. Era l’esercito di occupazione. II Tricolore appeso dalla signora Lucia Massarotto al suo balcone di Riva Sette Martiri, a Venezia, dove ogni anno Bossi versava in laguna l’ampolla del Po prelevata sul Monviso, veniva regolarmente fischiato e deriso dagli aspiranti secessionisti. I leghisti erano indipendentisti, alla bandiera nazionale preferivano il leone di San Marco e la croce di San Giorgio. ‘E Salvini, militante fra i militanti, non era da meno. Era anti-italiano a Radio Padania. Ma anche quando intonava cori contro i napoletani o indossava eloquenti maglietta con la scritta Padania is not Italy’.
Tra le sue imprese anti-italiane più memorabilia si possono citare nel 2011, il rifiuto di celebrare il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Dopo aver sistemato la sua scrivania di consigliere comunale in piazza della Scala, dichiara: “Per me sarà una giornata di lavoro con i milanesi”. Salvini, allora europarlamentare e capogruppo consiliare della Lega Nord a Palazzo Marino, speiga che “Il tricolore non mi rappresenta, non la sento come la mia bandiera”. E ancora, “A casa mia ho solo la bandiera della Lombardia e quella di Milano”, continua l’esponente del Carroccio. “Il tricolore è solo la Nazionale di calcio, per cui non tifo”.

Ancora nel 2017, in occasione della festa della Repubblica, aveva scritto ai sindaci e agli amministratori leghisti una lettera-direttiva: “Il 2 giugno tenetevi lontani da qualsiasi celebrazione. Non c’è nulla da festeggiare”.
Resta ancora vivo il ricordo del coro intonato durante il raduno di Pontida del 2009, festeggiando con i giovani padani la sua rielezione a Strasburgo.
Senti che puzza scappano li cani
stanno arrivando i napoletani
o colerosi, terremotati,
con il sapone non vi siete mai lavati…..
Napoli merda, Napoli colera
sei la vergogna dell’Italia intera
Scrive ancora Madonia: “Le sirene del sovranismo, quei venti che fischiano sempre di più in Europa e nel mondo, gli hanno dato l’opportunità di aggrapparsi a questo espediente e mutare la sua pelle. Ha capito che detestare l’Italia, e continuare a inseguire i deliranti piani secessionistici, sarebbe stato l’ultimo chiodo sulla bara della Lega. Ha compreso dunque la convenienza di sostituire la felpa ‘Padania is not Italy’ con quella dedicata a qualche paesino del Sud, per inventarsi una nuova immagine e ripulirsi dalla testa ai piedi”.
Osserva argutamente Mattia Madonia che vede la Lega “come primo partito d’Italia”, così dicono i sondaggi più recenti – dopo l’attracco della Sea Watch a Lampedusa, l’ultimo misurazione effettuata dalla SWG parla di una Lega che vola al 38% (+0,8% in una sola settimana) – “è il sintomo di un’illogica confusione nazionale, di uno smarrimento collettivo che disintegra il ruolo della politica e innalza il vessillo del paradosso. È come se il leader turco Erdogan diventasse il nuovo leader del popolo curdo”.
Che la conversione patriottica di Salvini sia solo un espediente, è sottolineato dal fatto che il leader della Lega porta ben in vista ogni volta che indossa una giacca, uno stemma di Alberto da Giussano, leggendario guerriero lombardo del XII secolo e simbolo della Lega Nord, per strizzare l’occhio ai sostenitori e dirgli: “Non vi preoccupate di quello che racconto ora, e che ci è servito per arrivare al governo e domani a controllare il paese. Io sono sempre quello di una volta che odia i terroni e tutti i diversi”.
Da sempre, Salvini ha attaccato gli stranieri, in particolare i musulmani, i neri, e i Rom (molti dei quali in questo paese sono cittadini italiani). La sua violenza verbale è aumentata da quando Salvini ha formato il governo insieme al Movimento5Stelle ed è diventato ministro dell’Interno. La sua pagina Facebook è un’istigazione governativa subdola, sistematica all’odio, allo scontro, all’intolleranza contro il nemico di turno, e i suoi seguaci hanno imparato la lezione. L’altra notte, nel porto di Lampedusa, quando è stata fatta scendere dalla Sea Watch, un gruppo di sostenitori leghisti ha rivolto pesanti insulti alla Capitana Carola Rackete: “Spero che i neri ti violentino”, “Ti piaci u cazzu niuru, a quattru a quattru ti l’anu a ‘nfilari”, “Zingara, cornuta, tossica”.
Ovviamente, nel racconto fatto sulla sua pagina Facebook, Salvini ha mentito sapendo di mentire. Come si può vedere bene dai video che hanno ripreso il momento dell’attracco, la Sea Watch non ha speronato la motovedetta della Guardia di Finanza e i finanzieri non hanno rischiato nulla. Nel caso puramente ipotetico – se non si fossero allontanati dal molo – che la loro imbarcazione fosse rimasta incastrata tra la nave della ONG e la banchina, i finanzieri non avrebbero corso alcun rischio perché avrebbero tranquillamente potuto fare un solo passo e saltare sulla banchina che si trovava alla stessa altezza della coperta della motovedetta.
Chiaramente, Salvini mente perché deve ingrandire le presunte “colpe” del comandante della Sea Watch, da lui chiamata “criminale”. Qualcuno dovrebbe avvisare Salvini che siamo ancora in democrazia e quindi la magistratura è un potere indipendente dal governo per cui, finché non si siano conclusi tutti i gradi di giudizio, la Rackete è innocente e non ha compiuto alcun crimine.

Nel tentativo di porre fine ai virulenti attacchi del ministro dell’Interno contro Carola Rackete, ecco la replica dell’ONG: “Come Sea Watch noi abbiamo già preparato la querela nei confronti del ministro Salvini. Non è facile raccogliere tutti gli insulti che Salvini ha fatto in queste settimane e anche le forme di istigazioni a delinquere nei confronti di Carola, cosa che è ancora più grave se fatta da un ministro dell’Interno”. Lo ha detto l’avvocato Alessandro Gamberini, difensore di Carola Rackete, intervenendo ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus, emittente dell’università Niccolò Cusano.
“Nel circuito di questi leoni da tastiera abituati all’insulto, è lui che muove le acque dell’odio. Una querela per diffamazione è il modo per dare un segnale. Quando le persone vengono toccate nel portafoglio capiscono che non possono insultare gratuitamente”, ha aggiunto Gamberini, proseguendo: “Abbiamo vinto una battaglia ma non la guerra, il procedimento contro Carola continua. Rimane attualmente indagata per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e del reato previsto dall’articolo 1100 del Codice della navigazione. Espulsione? Difficile per i cittadini comunitari. Lasciamo perdere la propaganda truculenta che la qualifica come delinquente, quella che è abituato a fare il ministro dell’interno in maniera invereconda e irresponsabile, il giudice ha detto che non c’è nulla, che quella condotta è stata nell’ambito di una risposta ad una situazione drammatica che c’era a bordo. Trattare come nemico principale una barca che ha salvato 50 naufraghi che si avvicina alle nostre coste è davvero ridicolo”.
All’obiezione che Salvini ha detto che se la Rackete non avesse forzato l’attracco, il Viminale il mattino dopo avrebbe autorizzato lo sbarco, l’avvocato Gamberini ha risposto che: “Questo non era stato assolutamente comunicato a Carola. Lei è una giovane, brillante comandante di nave, ma forse non è abituata ai giochini politici di cui Salvini è maestro. Questa barca ha atteso due settimane che qualcuno autorizzasse lo sbarco, non è stato detto e fatto nulla e quindi ha deciso di sbarcare. Ci sono dei report medici che evidenziano situazioni drammatiche di alcuni migranti a bordo. Alcuni minacciavano di buttarsi per raggiungere a nuoto la riva, altri di suicidarsi. La fiducia di una soluzione era venuta meno”.
In un’intervista rilasciata a The Guardian, Carola Rackete ha detto di non avere tempo per i giochini politici. “Salvini rappresenta un fenomeno, l’avanzamento delle destre, che parlano dell’immigrazione ignorando i fatti, e che sfortunatamente sta avvenendo in tutta l’Europa, incluse la Germania e la Gran Bretagna”.

“Spero”, ha aggiunto la Rackete, “ che il mio gesto incoraggi l’Europa a ricercare soluzioni concrete per i migranti. Dozzine di città erano disposte ad ospitare queste persone e avrebbero dovuto essere libere di farlo senza che i governi nazionali ponessero ostacoli. Per quanto mi riguarda personalmente, spero di ritornare presto in mare, perché è lì che c’è bisogno d’aiuto”.
Su Facebook, Emilio Mola mette in risalto che a Matteo Salvini la magistratura piace fin quando fa arrestare Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace, o avversari politici o stranieri. Ma nel momento in cui il Gip di Agrigento prende una decisione a lui non gradita, va “insultata, fermata, non è libera ed è politicizzata. E per questo, minaccia, la giustizia va ‘riformata’. Perché colpevole di non essersi allineata al volere della Lega”.
Al contempo, nel video pubblicato sulla sua pagina FB, il ministro dell’Interno chiama “criminale” e “delinquente” Carola Rackete prima che sia stata condannata o giudicata da una sentenza definitiva passata in giudicato. Sottolinea Mola che, “in un paese normale, si chiama diffamazione aggravata. E comporta una querela e una condanna certa, così come avviene per qualunque cittadino comune. Ma lui è Salvini e in caso di querela avrebbe lo scudo spaziale di quei scendiletto dei 5 Stelle”.
Sulla decisione del gip di Agrigento, aggiunge Mola:
“Vorrei informare i fan del Capitano che in Italia (grazie a Dio) la custodia cautelare (cioè l’arresto che si fa prima della eventuale condanna) per legge va dato se sussiste una o più delle seguenti ragioni:
– pericolo di fuga.
– pericolo di inquinamento delle prove.
– pericolo di reiterazione del reato.
Di Carola Rackete tutto si può dire, tranne che voglia fuggire. Al massimo è Salvini che vuole espellerla e subito. Quindi salta la prima ragione.
Inquinamento delle prove? E cosa vuoi inquinare? Quali carte? E’ avvenuto tutto alla luce del sole, le prove di tutto ciò che ha fatto, legale o illegale, sono ovunque. Cosa potrebbe mai inquinare? Quindi salta anche la seconda ragione.
Pericolo di reiterazione del reato: la sua nave è sotto sequestro. Per cui non potrebbe reiterare il reato, ammesso che salvare delle persone alla deriva in mezzo al mare sia per qualche essere umano un reato.
Ma tutto questo i fan del Capitano non lo sanno.
E gli sta bene così. Fino a che”, ammonisce Mola, “la Giustizia a piacimento di Salvini non toccherà loro. Perché tranquilli che, cancellate le garanzie per una persona, non si torna più indietro per nessuno. I popoli che si invaghiscono di questa gente lo scoprono sempre, prima o poi, sulla propria pelle”.

E’ importante evidenziare che gli attacchi di Salvini contro la magistratura e il Gip di Agrigento, Alessandra Vella, sono senza precedenti e di una gravità inaudita. Da fascista qual è, Matteo Salvini disprezza gli ordinamenti democratici e l’indipendenza dei poteri. Ovviamente, preferirebbe trovarsi in un sistema che gli permettesse di agire – da solo – da pubblico ministero, giudice e giuria, e, nel caso, anche da boia. Infatti, ha giurato di “cambiare la giustizia”.
Forse qualcuno dovrebbe informare il ministro dell’Interno che non siamo ancora in una dittatura dove comanda lui e che cambiare le leggi è prerogativa del Parlamento e non del governo. Allo stesso tempo, con la prospettiva che –i sondaggi più recenti dicono che, dopo il caso della Sea Watch, è aumentato il gradimento di Matteo Salvini e in caso elezioni anticipate la Lega potrebbe arrivare ad avere i voti che le permettano di ottenere una maggioranza in Parlamento e a governare da sola – gli italiani farebbero bene a ricordare che Adolf Hitler e Benito Mussolini arrivarono a governare rispettivamente, la Germania e l’Italia, dopo una partecipazione elettorale (in cui né Hitler né il Duce del fascismo, aveva ottenuto la maggioranza dei voti).