La missione di Donald Trump era quella di dimostrare che la “crisi umanitaria” di cui aveva diffusamente parlato durante il suo discorso alla nazione martedì sera è tutt’altro che “creata ad arte” – come i suoi oppositori lo hanno accusato –, ma non potrebbe essere più reale. Così, durante il suo viaggio in Texas – durante il quale ha cancellato, come era atteso, la sua presenza a Davos –, il Presidente ha partecipato a una tavola rotonda su immigrazione e sicurezza, nella quale sono intervenuti agenti di frontiera e non solo, avallando in pieno la narrazione “emergenziale” della Casa Bianca.
E quel Trump che conduceva il dibattito, cappellino bianco con in bella vista la scritta “Make America Great Again”, non pareva così distante dall’imprenditore milionario protagonista dello show The Apprentice: perché è proprio negli show, si sa, che il Commander-in-Chief dà il meglio di sé.
In effetti, la posta in gioco era alta. Il Presidente ha fatto la sua comparsa alla Border Patrol Station di McAllen con, sulle spalle, un pesante carico di capitale politico da difendere: perché lo shutdown avventatamente dichiarato 20 giorni fa sta creando non pochi disagi economici all’America, disagi dei quali, agli occhi dell’opinione pubblica, lo stesso Commander-in-Chief rischia di apparire il maggiore responsabile. In serata, i negoziati condotti con i democratici nel tentativo di trovare un accordo per terminare la chiusura (parziale) del governo federale erano andati a monte: i media hanno addirittura descritto un Trump furioso che usciva dal meeting definendolo “un totale spreco di tempo”, dopo l’ennesimo rifiuto dei democratici di finanziare il suo progetto elettorale. Secondo le ricostruzioni, il confronto con la Speaker della Camera Nancy Pelosi è stato particolarmente infuocato, con quest’ultima in prima linea nell’accusare il Presidente di non provare alcuna empatia per i dipendenti federali rimasti senza stipendio: “Pensa che forse possono chiedere più soldi a papà. Ma non possono”, ha affondato Pelosi.
Poco prima di partire per il Texas, Trump ha peraltro spiegato che sì, il Messico pagherà per il muro, ma non certo “firmando un assegno”. Secondo il Presidente, sarà “il fantastico nuovo accordo commerciale” depositato al Congresso in sostituzione del NAFTA a ripagare ampiamente i contribuenti. Per il resto, il Presidente ha negato di aver mai lasciato intendere che il denaro sarebbe stato messo direttamente dal Messico: con buona pace della nota di due pagine che Trump stesso indirizzò al Washington Post nel marzo 2016, in cui l’allora candidato spiegava in che modo sarebbe riuscito a costringere il vicino meridionale “a effettuare un pagamento unico di 5-10 miliardi di dollari”.
Quanto allo stato d’emergenza nazionale, Trump ha lasciato aperta la possibilità di ricorrere a questa extrema ratio, che gli consentirebbe di ottenere i fondi bypassando il Congresso. Ai reporter che gli chiedevano, prima della sua partenza, se ci sarebbe stato l’atteso annuncio, il Presidente ha risposto: “Se il resto non dovesse funzionare, lo farò. Direi quasi certamente”.
Secondo fonti della CNN, Trump stava pianificando di farsi accompagnare, nel suo viaggio alla frontiera, dal consigliere della Casa Bianca Pat Cipollone, circostanza che poi non si è realizzata. Al suo posto, hanno scortato il Presidente – oltre a membri dello staff della Casa Bianca – i senatori del Texas repubblicani John Cornyn and Ted Cruz, il Segretario per la Sicurezza Nazionale Kirstjen Nielsen, il generale Todd Semonite, capo del Corpo degli Ingegneri dell’Esercito e Kevin McAleenan, commissario del Customs and Border Protection.
Tra i momenti topici dello “show” alla Border Patrol Station di McAllen, Trump si è fatto beffe di alcune delle argomentazioni contrarie al muro dell’opposizione: “Dicono che un muro è medievale, beh, lo è anche una ruota”, ha detto il Presidente, suscitando l’ilarità della sala. “Ci sono alcune cose che funzionano ancora, sapete? Una ruota funziona e un muro funziona”.
Ma ci sono stati anche momenti obiettivamente toccanti, come quello dedicato alle due strazianti testimonianze di familiari che hanno perso un loro caro impegnato nel controllo dei confini, e che hanno esplicitamente supportato il progetto del Presidente. Non solo: alcuni ufficiali di frontiera hanno anche mostrato alcune delle merci sequestrate al confine, tra cui droga, pistole e contanti. Una tavola rotonda sapientemente organizzata per dimostrare che la “crisi” – pressoché negata dai Democratici – esiste e miete vittime non solo tra agenti di frontiera e immigrati stessi, ma anche tra la popolazione americana dipendente dalle droghe che dal Messico vengono smerciate illegalmente negli Stati Uniti. Non solo: l’obiettivo era anche quello di costruire il terreno per una successiva eventuale difesa (anche legale) della decisione di proclamare l’emergenza nazionale. Tra gli accorgimenti che i consiglieri del Presidente gli avrebbero dato, anche quello di parlare del lato “umanitario” della crisi, di cui Trump, fino al discorso di martedì sera, si era pressoché disinteressato.
E poi ci sono i dati: quelli che dicono che gli ingressi illegali dal confine meridionale sono macroscopicamente diminuiti dal 2000 (1.6 milioni) al 2018 (meno di 400.000); quelli che sottolineano come il tasso di criminalità nei Paesi di frontiera sia più basso rispetto ai Paesi interni pressoché della stessa dimensione; quelli che dimostrano come gli immigrati illegali presenti negli Stati Uniti siano in gran parte entrati nel Paese, in prima istanza, legalmente, e poi siano rimasti oltre la scadenza del proprio visto; quelli che dimostrano che la maggior parte della droga che arriva negli Stati Uniti non sarebbe comunque fermata dal muro, perché passa attraverso porti di entrata regolari, camuffata in mezzo a merce legale.
Resta da capire se sarà in effetti la proclamazione dell’emergenza nazionale l’unica via per superare l’impasse dello shutdown. Per ora, così sembra: a maggior ragione, visto che il vice presidente Mike Pence ha definitivamente chiuso la porta al tentativo di negoziato del senatore repubblicano Lindsey Graham, che avrebbe barattato protezioni per i Dreamers (da sempre argomento che sta a cuore ai democratici) in cambio dei fondi per il muro. Non solo: il vice di Trump ha anche ricordato all’opposizione che “senza muro non ci sarà accordo”, chiudendo ogni porta a possibili compromessi. A questo punto, se Trump dovesse davvero ricorrere all’emergenza nazionale, sarà attesa la reazione (anche legale) dei democratici: “Se e quando il Presidente lo farà, scoprirete come reagiremo”, ha tagliato corto in proposito Pelosi parlando ai giornalisti. Che settimane difficili ti attendono, cara America.
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