Si chiama Rosatellum ed è la nuova legge elettorale approvata alla Camera il 12 ottobre, tra le contestazioni dei partiti d’opposizione, primo fra tutti, il Movimento 5 Stelle, e quelle di piazza, proprio di fronte a Montecitorio. Se il testo dovesse passare anche al Senato, introdurrebbe in Italia un sistema elettorale misto tra proporzionale e maggioritario. Un patto, una santa alleanza tra alcuni partiti. Fino a qui, le divisioni rispettano le scuderie di partito anche tra gli eletti all’estero. Le cose sono cambiate, però, quando è spuntato l’emendamento Lupi che, per i rappresentanti eletti degli italiani all’estero, di colpo uniti dalla paura della “concorrenza” dall’Italia, potrebbe rappresentare una “rivoluzione”.
Poche ore prima dell’approvazione del testo, infatti, nel primo pomeriggio di giovedì, ha avuto luogo anche il dibattito sul voto all’estero, interessato dalla nuova legge elettorale in due punti. La candidabilità all’estero dei residenti in Italia e la non candidabilità di chi ha ricoperto cariche politiche negli ultimi cinque anni fuori dal Paese. E ad allarmare i rappresentanti eletti degli italiani oltre i confini nazionali un particolare aspetto dell’emendamento. L’hanno definito “salva Verdini” ed è stato firmato da Maurizio Lupi, Dore Misuraca e Giorgio Lainati. Una norma che consentirebbe ai partiti di candidare, in una delle ripartizioni della circoscrizione Estero, chi non trovasse posto nelle liste in Italia anche se non iscritto nelle liste dell’Aire. Per molti, un salvacondotto. Soprattutto per chi avesse problemi giudiziari o imbarazzi politici tali da impedirne l’inserimento in una qualsiasi lista nazionale.

“Gli elettori residenti in Italia possono essere candidati in una sola ripartizione della circoscrizione Estero; gli elettori residenti all’estero possono essere candidati solo nella ripartizione di residenza della circoscrizione Estero”. Tradotto: ci si potrà candidare a uno dei 18 seggi eletti dagli italiani all’estero (12 alla Camera, 6 in Senato, divisi in quattro grandi circoscrizioni, chiamati dipartimenti), pur non avendo mai vissuto un solo giorno fuori dai confini nazionali. Apportando, di fatto, modifiche alla legge Tremaglia che, dal 2001, disciplina il voto fuori dai confini del Paese.
“Un cambiamento storico che contraddice radicalmente la logica, le finalità e il significato della legge sul voto degli italiani all’estero”. Claudio Micheloni, senatore del Partito Democratico, residente in Svizzera, nel commentare la decisione è lapidario. E, interpellato dal Fatto Quotidiano, aggiunge: “Nei dieci anni abbondanti che sono trascorsi dalla prima applicazione della legge, in effetti, abbiamo assistito a diversi tentativi di aggirare questa regola fondamentale: tentativi terminati con inchieste penali, quando scoperti, o avvolti nel silenzio compiacente di quanti si curano esclusivamente dei propri interessi di ceto”.

“Noi dobbiamo difendere le elezioni libere, non soltanto per gli italiani che vivono in Italia, ma soprattutto per quelli che stanno all’estero, che sono già suscettibili di tanti disagi e che devono essere un po’ più curati, dal punto di vista di tutti noi”. Renata Bueno, parlamentare italo-brasiliana eletta in Sud America, del gruppo Misto, parla addirittura di “follia”. Perché, se fosse passato il primo testo-Fiano, non avrebbe avuto la possibilità di ricandidarsi, essendo stata consigliere comunale a Curitiba, nel 2009. Bueno, che ha ringraziato tutti i colleghi per la solidarietà, è stata chiara: “In gioco non c’è soltanto la mia candidatura, la garanzia di libere elezioni: come si fa a mettere un limite alla candidabilità di chi ha ricoperto delle cariche in passato? Capirei una norma che vieta di presentarsi alle elezioni se ancora in carica, ma addirittura dieci anni prima, è una follia”.
Per la figlia del leader alla Camera dei deputati del Brasile del Partito Popolare Socialista, Rubens Bueno, si tratterebbe di una norma che “va contro l’articolo 3 della convenzione dei diritti umani”. Secondo la parlamentare è necessario “tutelare i diritti politici” delle persone. Cita la Commissione di Venezia e il suo codice di buona condotta in materia elettorale, un documento “emanato proprio per vietare norme di ineleggibilità imposte da governi o parlamenti”. Principi che, secondo Renata Bueno, il nostro Paese deve rispettare e che l’emendamento Fiano “mette in discussione”. E in un’intervista rilasciata a Carmelo Lopapa, di Repubblica, Renata Bueno è risultata ancora più esplicita, parlando addirittura di una “trappola”. “È curioso, lo so, ma ho saputo dell’intenzione di Verdini di candidarsi proprio nella mia circoscrizione”, spiega Bueno. E quindi aggiunge: “Allora introduciamo il diritto degli italiani residenti all’estero di candidarsi anche in Italia. Questo no, perché non conviene, giusto?”.

“La legge sul voto all’estero subisce un duro colpo nel rapporto tra eletti ed elettori, che è l’essenza della Circoscrizione Estero”. Anche i pareri di Marco Fedi, eletto in Australia, e di Francesca La Marca, eletta nella circoscrizione C, America Centrale e Settentrionale, entrambi deputati del Partito Democratico, sulla nuova legge elettorale, sono chiari. “Abbiamo compreso la natura politica di questo emendamento (emendamento Lupi, ndr) che fornisce soluzioni di candidatura a chi non ha un solido rapporto con il territorio. Non siamo assolutamente d’accordo con la disparità che si viene a creare”. Consapevoli che tutto ciò avvenga in un “momento politico delicato per il Paese”, i due esponenti hanno poi aggiunto: “L’intera partita della riforma della 459 del 2001 andava gestita con forza e coraggio nelle aule parlamentari, con tutti i rischi legati ai tentativi di smontare il meccanismo di voto e di fare ciò che l’emendamento Lupi ha fatto, cioè consentire la candidatura all’estero di residenti in Italia. Oppure avremmo potuto proporre degli emendamenti ‘tecnici’ per migliorare l’esercizio di voto. Ebbene, la terza via, che nasce da un accordo per far passare la legge elettorale generale, ci sottrae qualsiasi futura possibilità credibile di aggiornare quella normativa”. Parlano di un vero e proprio danno politico e sottolineano che a pagare il prezzo più alto sarà chi ha un autentico radicamento sul territorio.

“Non nascondemmo la nostra forte contrarietà all’introduzione, nelle primarie del PD, di candidature all’estero. Con
critiche anche aspre. Ma un conto sono le primarie di un partito e altro è la rappresentazione della Nazione, che nasce dal voto popolare. Quando si sviluppò, dopo il voto referendario, la nuova polemica sul voto all’estero, dicemmo che chi scriveva di brogli e screditava la rappresentanza all’estero, incluse associazioni di lunga tradizione democratica in emigrazione, avrebbe dato adito a ‘soluzioni’ romano-centriche. Si è tutto concretizzato nel peggiore dei modi e portando tutta la legislazione ordinaria in materia di esercizio in loco del diritto di voto su un piano di profonda difformità di trattamento: i cittadini italiani residenti all’estero non hanno analogo peso, diritti e cittadinanza politica”. Per i due deputati del Pd, si è “dovuto accettare un emendamento di un gruppo di maggioranza che ha posto, in una trattativa serrata su tutto l’impianto della legge elettorale, alcune condizioni e non ha rinunciato ad alcuni emendamenti. Nonostante la limitazione del danno, poiché l’emendamento Lupi nella forma originale consentiva la candidatura multipla e su tutte le ripartizioni per i residenti in Italia, nonostante il risultato positivo di aver fatto ritirare un emendamento di Forza Italia che aboliva il voto per corrispondenza, rimane l’amarezza che, su questa vicenda, si sia giocata una partita molto legata a logiche che non hanno a che vedere con la rappresentanza e il suo legame con il territorio”.

“Fermo restando il mio giudizio negativo, che ho già avuto modo di esprimere, mi sembra opportuno sottolineare che si tratta di una modifica sostenuta da tutti, perché evidentemente senza il sostegno del partito di maggioranza relativa non sarebbe mai stata approvata. Né tantomeno, come mi sembra di capire dalle dichiarazioni di chi vorrebbe sfuggire alle proprie responsabilità, si può sostenere che sia stata una modifica voluta unilateralmente dal Nuovo Centrodestra”. Aldo Di Biagio, senatore di Alternativa Popolare-Centristi per l’Europa, eletto in circoscrizione Estero Europa, con la sua dichiarazione è netto e non intende incolpare soltanto una parte e chiede che ognuno “si assuma le proprie responsabilità”.

Per Ricardo Merlo, il Presidente e deputato del MAIE, il Movimento associativo degli italiani all’estero, eletto nella circoscrizione estero B America Meridionale, dare la possibilità ai residenti in Italia di candidarsi anche fuori dal Paese snaturerebbe la legge attuale, pensata per consentire proprio agli italiani che vivono all’estero di partecipare alla politica italiana in Parlamento. “Voglio sottolineare che il MAIE Sudamerica, alle prossime elezioni, non candiderà nessun cittadino che non risieda in Sud America e al Senato noi voteremo contro questa legge”, ha precisato il deputato durante la manifestazione di fronte al consolato di San Paolo, dopo che il testo giunto in Aula era stato approvato in Commissione Affari Costituzionali anche con il voto del MAIE, espresso da Massimo Parisi.

“Non posso condividere l’emendamento approvato venerdì”. Anche il senatore Vittorio Pessina, responsabile nazionale Italiani all’estero di Forza Italia, si schiera contro. “Non condivido nemmeno il voto della Camera. Sono d’accordo, invece, con chi sostiene che in questo modo viene meno la ragione della legge Tremaglia: la grande intuizione dell’indimenticato ministro, infatti, fu proprio quella di permettere agli italiani residenti all’estero di inviare in Parlamento dei propri rappresentanti, persone vicine alla comunità, al territorio, uomini e donne residenti all’estero come loro”. Secondo Pessina, poi, “consentire a chi vive in Italia di potersi candidare oltre confine, vuol dire annullare l’essenza stessa del significato del voto estero e prendere in giro, ancora una volta, gli italiani nel mondo, perché è chiaro che in questo modo si cerca soltanto di parcheggiare su un seggio chi, per i suoi precedenti politici, non può trovare un collocamento nelle liste italiane, senza alcuna storia di emigrato alle spalle e che magari, gli italiani nel mondo, li ha visti soltanto in televisione”.

“L’emendamento presentato a sorpresa da Alleanza Popolare in Commissione Costituzionale è stata una manovra che considero non all’altezza dei normali processi democratici”. Anche Gianni Farina, deputato del Partito Democratico eletto in Europa, ha detto la sua sul voto all’estero. Dando però un giudizio meno secco dei colleghi: “Nel merito, ritengo non sia una iattura per le nostre comunità italiane nel mondo. Gli elettori e le elettrici all’estero avranno maggiori possibilità di verificare la statura intellettuale, morale e politica di tutti i candidati e le candidate. In passato abbiamo assistito a scandali e manipolazioni che hanno rivelato la pochezza morale di alcuni candidati ed eletti all’estero nel corso delle tre legislature”. Eppure sull’emendamento, anche Farina, sembra non avere dubbi: “Ha un forte limite: non permette la reciprocità. Cioè, i candidati e le candidate residenti all’estero, senza attuare l’opzione di voto, non potranno presentarsi nei collegi italiani. La formulazione originaria di quell’emendamento che permetteva candidature dall’Italia in tutti e quattro i collegi esteri, l’abbiamo contrastata limitandole in un solo collegio. Dipenderà dai partiti e dai rapporti di forza interni ai partiti l’utilizzo virtuoso o improprio di questa opportunità. Sono convinto che il Partito Democratico non ‘paracaduterà’ alcun candidato nella Circoscrizione Estero”.

“L’emendamento Lupi contiene alcuni aspetti negativi che, a mio avviso, dovranno essere modificati. L’esistenza di una circoscrizione Estero ha un senso se la legge elettorale valorizza la questione della rappresentanza”. Il Segretario PD di Berlino e Brandeburgo, Federico Quadrelli, non ha dubbi. E si allinea a quanto detto dal senatore Micheloni: “Con questa nota rispondo al suo appello. Aggiungo, inoltre, che se passasse realmente questa impostazione, allora esisterebbe un elemento di forte iniquità: l’assenza di reciprocità”. Per Quadrelli, poi, esisterebbe un ulteriore “rischio concreto”, quello cioè di “un ulteriore scollamento che può soltanto portare a un ennesimo avvilimento della partecipazione”.

“L’inchiostro nella penna di ogni legislatore dovrebbe essere quello del buon senso e del bene comune, non del fanatismo ideologico o del pregiudizio politico”. Parla di “modifiche pericolose e anticostituzionali”, l’onorevole Roberto Menia, Segretario Generale del Ctim (Comitato tricolore per gli italiani nel mondo). “È palese l’incostituzionalità della norma, che di fatto rende un po’ stranieri gli italiani all’estero”, ha aggiunto Menia. Che ha poi dichiarato: “Probabilmente Fiano, relatore del Rosatellum alla Camera, ha inteso mettere mano alla Legge Tremaglia sprovvisto di quella imparzialità propria di ogni buon legislatore, facendosi invece impregnare dalla stessa foga ultraideologica che ha instillato nella sua legge sulla propaganda fascista, che tanta ilarità sta producendo, visti i mille rivoli di pressapochismo e sciatteria che contiene”. “Avvelenare ancora di più il terreno del voto all’estero, dando un’ulteriore pregiudiziale per chi, legittimamente vorrebbe candidarsi, e al contempo non fare un passo nella direzione di procedure più snelle e certificate, è il sigillo alla condotta usata dal Pd. Non che ci aspettassimo un piglio diverso, ma comunque spia di una delegittimazione continua e ingiusta nei confronti di quanti il Ministro Tremaglia ha voluto qualificare”, ha concluso il Segretario Generale del Ctim.

“Chi dice che il Rosatellum è una norma salva Verdini ritiene evidentemente che gli elettori nel mondo siano degli stupidi. Oppure non ha capito che all’estero si continua a votare con le preferenze”. Reagisce così Laura Garavini, deputata eletta in Europa e membro dell’Ufficio di presidenza del Pd alla Camera, replicando alle tante voci contrarie all’emendamento Lupi. “È assurdo dire che Verdini, ammesso volesse candidarsi all’estero, sarebbe uscito favorito da una sua eventuale candidatura. Semmai è vero il contrario. Gli italiani all’estero, in tutte le tornate elettorali passate, hanno confermato di essere fortemente di centro-sinistra”, ha aggiunto Garavini.
La deputata, poi, spiega anche come il Partito Democratico intenda escludere la candidatura di soggetti non iscritti all’Aire (il registro dei residenti all’estero), “proprio perché, a differenza degli altri partiti che hanno voluto inserire questa clausola nella legge elettorale, siamo fortemente convinti che gli italiani nel mondo siano al meglio rappresentati da chi li conosce bene perché all’estero ci vive”. “Questa rettifica normativa non ci preoccupa: è prassi in Germania, in Gran Bretagnia e in molti altri sistemi elettorali stranieri prevedere la possibilità di essere candidato in collegi diversi da quello di residenza. Anzi sfidiamo le forze politiche a dimostrare nei fatti il loro interesse per gli italiani all’estero, nella misura in cui candidino solamente soggetti residenti all’estero. In caso contrario siamo certi che l’elettorato saprà premiare la coerenza del Partito Democratico, l’unica forza politica che, forte del proprio senso di responsabilità, non si sottrae a candidare per l’estero solo ed esclusivamente residenti fuori dai confini nazionali”, ha concluso Garavini.

Fucsia Fitzgerald Nissoli, la deputata residente in Connecticut ed eletta nella circoscrizione centro-nord America con la lista Monti e ora con Forza Italia, in un post su Facebook: “La circoscrizione estera era stata creata per dare rappresentanza a chi vive all’estero, eleggendo cittadini che condividono la medesima condizione. L’emendamento approvato in Commissione Affari costituzionali, che permette ai residenti sul territorio nazionale di candidarsi all’estero, scippa letteralmente un diritto conquistato con fatica dai residenti all’estero e pertanto vede la mia contrarietà convinta!”