E’ possibile che sia un “vizio” di noi ormai ristretti e irriducibili consumatori di carta stampata, poco usi a tablet, smartphone e altre, simili diavolerie elettroniche; e ci sarà senz’altro una punta di più o meno consapevole snobismo in questo ignorare cosa sia la conversazione via skipe, il fare ancora fotografie con attrezzi ormai in disuso e volerle perfino stampare e incorniciare, e così via. Dinosauri quali consapevoli sappiamo d’essere ogni mattina ci si sottopone alla laica celebrazione del rito: lettura di giornali, ritagli con forbici d’ordinanza, schedatura; e infine, a volte a malincuore, periodica selezione e scarto del ritaglio non più utile.
Ci sono poi cartelline intoccabili. Una (più d’una a dire il vero), con l’intestazione che si richiama al nome di questa rubrica: le cartelline dedicate a Leonardo Sciascia; gli articoli, le interviste, perfino le caricature; ognuno ha le sue perversioni.
Una voce paziente ammonisce che tutto questo finirà col diventare, prima o poi, cibo per i cosiddetti “pesciolini d’argento”. Volutamente ignoro, fingo di non sentire. E però ogni tanto, meglio dare “aria”, controllare. Cartellina “Leonardo Sciascia, 1987”. Cosa avrà detto, e a chi, di questi tempi, trent’anni fa? “Emerge” un’intervista, rilasciata a un quotidiano palermitano glorioso, L’Ora, che da tempo ha cessato le sue pubblicazioni. Titolo redazionale: “Meglio Cicciolina che un ladrone”. Cicciolina, al secolo Ilona Staller, è (era; il tempo passa per tutti), la porno-diva che i radicali mettono in lista per il Parlamento italiano; Marco Pannella è un po’ sì, un po’ no, impone che sia candidata in ordine alfabetico, dunque quasi in fondo: S. Spera che prenda una manciata di voti, e invece no. Gli italiani burloni le tributano una quantità di preferenze perfino superiori a quelle dei dirigenti di allora. “Cicciolina” diventa deputata. A onore del vero bisogna dire che espleta la sua funzione di parlamentare in modo impeccabile, fin dal vestito: coperta dal collo alla caviglia, mai un tono di voce fuori posto, grandi sorrisi, educata come un’allieva delle Orsoline. Chi avesse voglia di sfogliare le cronache del tempo, gli atti parlamentari, potrà constatare che la signora Staller non ha mai dato motivo di scandalo e si è comportata in modo irreprensibile.

Torno a Sciascia. Gli chiedono un commento sull’appena avvenuta elezione: “E’ segnale che gli italiani hanno spirito”, risponde. “E’ stata una gran trovata del Partito Radicale, e io la trovo divertente. E poi, può accadere un fatto pirandelliano: può accadere, cioè che Cicciolina diventi un parlamentare impeccabile. Chi può dirlo? E, comunque, è sempre meglio una spogliarellista che un ladro”.
Proprio quello accade: “Cicciolina” diventa parlamentare impeccabile. E par di vederlo Sciascia, che sorride, con gli occhi che diventano una fessura, e ti dice che una spogliarellista è sempre meglio di un ladro.
“Meglio” al punto di votarla? “No. La preferenza no: ma non perché mi scandalizzi. Io ho votato radicale – lo sanno tutti – ma sono un po’ tradizionalista; la preferenza la do alla persona secondo altre, vecchie, regole”.
L’intervistatore chiede come giudica in generale l’elettorato italiano; e Sciascia: “Continuo a considerarlo specchio della classe politica: un elettorato è maturo quando è capace di cambiare le regole del gioco…diciamo la verità: non è cambiato niente. Non c’è da stare allegri, ma nemmeno da essere costernati. L’Italia continua ad essere quello che è”.
Giorni dopo, al Corriere della Sera, lunga intervista a Domenico Porzio; più propriamente una conversazione tra due amici. Si comincia con la Sicilia: “Tutto è mutato da quando ero ragazzo, cinquanta e più anni fa”, dice Sciascia. “Nella struttura famigliare di allora, il vecchio era il detentore dei beni e quindi il vertice dell’autorità. Si aspettava l’eredità, che poteva andare in modo capriccioso. E anche questo timore teneva aggregata la famiglia: la minaccia taciuta era quella di disporre preferendo un figlio o l’altro, un nipote o persino un estraneo. Il vecchio stava lì, deteneva il potere e bisognava obbedirgli. Non gli si riconosceva una saggezza derivata dalla lunga esperienza di vita. La saggezza veniva magari dopo; nei matrimoni e negli eventi della vita, l’autorità era poi tutta materna e matriarcale…C’era un mio zio che diceva: sono nato in un periodo sfortunato, perché quando ero bambino tutto era per i padri, e ora che sono padre tutto è per i figli. Vale anche per me e per la nostra fascia generazionale, per cui la nostra infanzia è stata nel rispetto del padre, e la nostra vecchiaia è tutta nell’attenzione dei figli. Una delle cose che non sento più dire dalla gente della mia età, mentre un tempo la sentivo dire dalla gente che aveva la nostra età, è: se avessi vent’anni!. Non si vuole più avere vent’anni, non si vuole più tornare ad essere giovani dopo tutto quello che abbiamo affrontato. E devo aggiungere che provo un senso di pena per i bambini, per i nipoti. Tra vent’anni andrà peggio di come va per noi”.

Osserva Porzio: Cicerone sottolinea che a Sparta i vecchi erano assai più onorati che non nella democratica Atene; narra di ambasciatori spartani che in un teatro ateniese si alzarono per dare il posto a un vecchio al quale i concittadini lo avevano rifiutato. La morale è che la democrazia non rispetta granché la vecchiaia.
E Sciascia: “La democrazia è più livellante della tirannia. Per cui, come il calzolaio all’angolo (diceva Stendhal) alle elezioni ha un voto che è uguale al mio – cosa che a Stendhal ripugnava molto – così il giovane è uguale al vecchio, decide quanto il vecchio. Però non è poi così vero; in questo difendo la democrazia anche di fronte a Stendhal, e ripeto la frase del filosofo americano John Dewey: ‘per quanto possa essere ignorante, un uomo sa se la scarpa gli sta stretta al piede’. E io trovo che il giovane ha la sua scarpa, e il vecchio la sua: ognuno vota, insomma, constatando se la scarpa gli va stretta o no”.
Era, forse, in errore, Sciascia, nel dire che l’Italia continua a essere quello che è. Occorre essere ottimisti: ce la fa, a cambiare; ogni giorno, magari un po’ peggio, ma cambia. Vero è che gli italiani, giovani, vecchi, donne, uomini, laureati o ignoranti che siano il dono di comprendere quando la scarpa duole, ce l’hanno. E prima o poi questa scarpa stretta se la sfileranno, preferendo andare scalzi.