Come ogni settimana, Donald Trump, arriva al giovedì dando il meglio di sè. In un incontro, il primo fra i due alla Casa Bianca, con il premier italiano, Paolo Gentiloni, il presidente americano si è tolto l’auricolare che gli avrebbe permesso di ascoltare e, forse, capire ciò che diceva il suo interlocutore, e si è messo a pensare alla solita valigetta da preparare per il weekend a Mar – o – Lago, concentrandosi sulla necessità di non dimenticare, stavolta, le biglie di vetro da spargere sul pavimento per far cadere Melania, così per divertirsi un po’. E come sempre, di venerdì, e il momento delle “supposte americane”.
Io voglio bene a Paolo Gentiloni come fosse uno di famiglia. Non scherzo. Ho intervistato diverse volte il premier quando era a New York nella sua veste di Ministro degli Esteri e devo dire che è una persona gentile e cordiale. Sempre disponibile e mai arrogante. Per questo vorrei proprio abbracciarlo, per esprimergli umana solidarietà, per lo sforzo enorme, da diplomatico navigato, che ha dovuto fare per non scoppiare a ridere apertamente, quando “l’amicone in chief”, leggendo gli appunti scritti sull’Italia, portando il segno con il ditino per sperare di non dire sciocchezze, ha detto che Pavarotti è un suo grande amico. Ciò che mi ha sorpreso è che Trump non abbia rivelato che lui, il Pav e il Doug (Frederick Douglass) si incontrano regolarmente per delle partite a scopone con il morto e il baro, in cui, il baro, è SS (Sean Spicer) che sa che sta lì solo per sbirciare le carte degli altri per far vincere il suo padrone, ops, capo. Fatto sta che mentre Trump parlava, qualcuno giura di aver sentito la voce dell’immenso Luciano intonare “Ridi pagliaccio”
Questo fine settimana, SS dovrà raggiungere il suo capo al mare. Trump, infatti, per decisione di Steve Bannon, dovrà sottoporsi ad un corso accelerato di battaglia navale. SS ha messo un valigia un migliaio di moduli prestampati con i quadrati, le lettere, i numeri e i diversi tipi di barche da posizionare. Bannon ha promesso che se Trump impara a giocare alla battaglia navale, come qualsiasi bambino della sua età, gli regala una copia di tutte le barchette dell’ “armada” che secondo lui stavano andando a sfrocoliare (ndr dalla lingua napoletana “stuzzicare”) la Corea del Nord e, invece, erano dirette in Australia. Lui, Trump, ci è rimasto malissimo e per dispetto ha rubato tutte le gomme da masticare di SS che a quello quasi gli veniva una crisi di astinenza.
Bill O’ Reilly, altro amico caro di Donald Trump, che quando erano piccoli andavano a scuola e alzavano le gonne delle compagne di classe per guardargli le mutande e ridevano come quando rubavano il panino a Paul Ryan, è stato congedato dalla Fox dopo che le denunce di molestia sessuale a suo carico sono diventate più numerose delle bugie dette dal presidente durante la sua campagna elettorale. Tanto numerose da spingere molti inserzionisti a ritirare la pubblicità. Chiariamo, non è che la Fox improvvisamente abbia deciso di seguire dei principi morali, solo che come dicono dalle mie parti, nell’Upper West Side, “senza soldi non si cantano messe”. Questa in sè non sembrerebbe una supposta, ma lo diventa se pensiamo al fatto che si è dovuto attendere il 2017, per silenziare un personaggio misogino ed estremamente razzista. Uno che, a confronto, Salvini e Grillo, insieme, sembrano delle missionarie dell’integrazione sociale. Nel 2007, O’Reilly, cenò in un ristorante di Harlem e poi ne parlò pubblicamente con lo stesso stupore infantile con cui un cinquenne milionario racconta alla mamma che anche il suo amico di banco, figlio di un “umile impiegato” (sono nella stessa scuola perchè è un esempio, che già vi sento caricare i fucili), ama il burro di noccioline spalmato sulla fetta di pane. Un razzismo così scellerato che quasi sembra finto. Ma non lo è. Vale, infatti, una visione approfondita, il segmento del Daily Show in cui Trevor Noah, ci racconta chi era questo signore e come mai, poi, ci ritroviamo uno come Trump alla Casa Bianca.
Per la serie, ma andò vai se gli stranieri non ce li hai, grande standing ovation per Melania Trump che in una delle sue rarissime apparizioni alla Casa Bianca (non voleva perdersi la performance del coniglietto pasquale che le ricorda il suo passato professionale), ha dato una tozzoliata (ndr dalla lingua napoletana “percuotere, bussare”) all’inebetito presidente che non si è portato la mano al petto all’inizio dell’inno nazionale. Cosa che Melania ha fatto immediatamente, seppur straniera, seppur First Lady come io sono super model, senza esitazione e con convinzione. Lui niente. Con il suo sorriso rincorreva chissà quali immagini di castelli di sabbia da costruire con Ben Carson o di dreamers da deportare che qua i sognatori non ce li vogliamo. La verità è che, mentre tutti hanno udito le note di “The Star-Spangled Banner”, a lui nella testa, tipo juke box, è partito “sciolgo le trecce e i cavalli, ballano“. Meno male che Melania c’è, se non rischiavamo di vederlo canticchiare “balla con me balla balla, tutta la notte sei bella”
Io, comunque, non è che non voglio bene a Trump, sono solo frustrata dal fatto che in una settimana lui ne fa sempre più di quante un essere umano, di professione giornalista, ne possa raccontare. E nessuna giusta. Che uno un applauso e un lecca lecca pure glielo darebbe volentieri. Per esempio questa settimana ha firmato un ordine esecutivo per limitare l’arrivo di stranieri specializzati in USA (e pensare che tanti miei connazionali lo sostengono, cose di pazzi), si è precipitato a dire a Erdogan che sono amici fraterni, ha ignorato le marce di centinaia di migliaia di americani che hanno chiesto, ancora, di poter vedere la sua dichiarazione dei redditi. Insomma, troppe. Una settimana di successi strepitosi, che sintetizzeremo in una foto, che mette a confronto la visita dei Patriots alla Casa Bianca quando il presidente era Barack Obama, e quella di qualche giorno fa con lui. La madre di tutte le supposte insomma.