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February 9, 2017
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February 9, 2017
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Lo stadio di Roma e la memoria corta degli italiani

Ma i romani hanno già dimenticato la costosissima e poi abbandonata Città dello sport di Roma?

Francesco ErspamerbyFrancesco Erspamer
città sport roma

Una veduta dei costosi impianti sportivi dall'architetto spagnolo Santiago Calatrava iniziati e mai finiti a Roma (Foto di Simone Artibani presa il 17 agosto 2010/Flickr)

Time: 2 mins read

È che sono ormai tre anni che si è smesso di parlare della faraonica Città dello sport di Roma  che avrebbe dovuto essere inaugurata per i Mondiali di nuoto del 2008 e che malgrado le centinaia di milioni di euro spesi dal Comune è ora un cantiere abbandonato con strutture che stanno andando in rovina. Tre anni sono un’eternità per un paese e una città che ai turisti stranieri vendono Storia ma che si sono appiattiti sull’attualità del consumismo, con una soglia d’attenzione di 140 caratteri e una memoria che va indietro al massimo di alcuni giorni. Eccoli lì infatti, i romani e i romanisti, entusiasti per l’hashtag di Totti  e di James Pallotta (il miliardario americano che possiede la Roma e che sostiene Trump): #famostostadio; già dimentichi, i romani e i romanisti, degli immensi problemi della capitale, della corruzione dilagante, dei disagi e della povertà, e ovviamente anche della Città dello sport, pronti a nuovi sprechi, senza neppure pretendere, almeno, il rispetto rigoroso del piano regolatore, senza le solite deroghe concesse in nome dell’eccezionalità o dell’emergenza a favorire interessi privati.

Un rispetto chiesto dall’assessore all’urbanistica Paolo Berdini:  “È questo il futuro delle nostre città? Diamo le chiavi della città al privato?” Ma a palazzinari e rottamatori la sua logica e la sua prudenza non piacciono: aspettatevi nuovi scandali e nuovo gossip su di lui e su Virginia Raggi.

Del resto alcuni mesi fa centinaia di migliaia di romani erano pronti a sostenere la candidatura per le Olimpiadi, ritirata da Amburgo e Boston perché troppo dispendiosa ma disperatamente voluta da quella che ancora qualche tempo fa veniva definita la “cricca delle grandi opere” e che poi è stata sdoganata da Renzi in nome del liberismo. Renzi, che infatti è prontamente intervenuto, non si capisce a che titolo, sulla questione dello stadio: “Se si dice no a tutto si blocca il futuro, si bloccano gli investimenti”. Come a dire, non importa come le cose si facciano, non importa a vantaggio di chi, non importa a quale prezzo sociale o ambientale, l’unica cosa che conta è farle, perché altrimenti gli investitori non ci guadagnano abbastanza e allora neanche le briciole ci danno.

Ma la ragione per cui Renzi ancora va in prima pagina e ancora controlla il Pd e il governo, è che una significativa percentuale degli italiani è come lui; e gli altri, la netta maggioranza, dimenticano in fretta e si fanno ingannare dai media. Senza organizzazione e senza impegno non ne usciremo; ma altrettanto importante è la memoria.

 

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Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

Nato a Bari, cresciuto a Parma e in Trentino, laureato a Roma, professore a Harvard. Mi interesso di letteratura, politica, storia delle idee e cambiamenti culturali. Insegno corsi su estetica, romanzo moderno e contemporaneo, Rinascimento, calcio. Di recente ho scritto: La creazione del passato, Sulla modernità culturale e paura di cambiare, Crisi e critica del concetto di cultura. Come Gramsci, penso che al pessimismo della ragione occorra accompagnare l’ottimismo della volontà, e come James Baldwin, che la libertà non la si possa ricevere in dono: bisogna prendersela.

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