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October 13, 2016
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Ciò che non vogliamo: gli inganni e le favole del regime renziano

Renzi mente e inganna per creare una società, un popolo che non capisca e neppure sospetti la differenza fra i fatti e le bugie

Francesco ErspamerbyFrancesco Erspamer
matteo renzi

12 ottobre, 2016: Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi durante la presentazione del piano sport e periferie (Foto Palazzo Chigi/TiberioBarchielli)

Time: 3 mins read

Renzi non mente e inganna perché gli conviene, come per esempio faceva Berlusconi. Certo, spesso ne trae anche lui dei vantaggi immediati, ma non è la ragione principale della sua inaffidabilità. Renzi mente e inganna per creare una società, un popolo che non capisca e neppure sospetti la differenza fra i fatti e le bugie, fra la realtà e le fantasie. Che viva di virtualità, ossia delle cazzate spacciate dalle multinazionali dell’intrattenimento e dell’informazione, come una droga. Ci sta riuscendo.

Emblematico un suo intervento di ieri contro Virginia Raggi che con il no alle Olimpiadi “si è presa il diritto di negare un sogno ai bambini e ai ragazzi che avrebbero avuto quel diritto e quel sogno”. Testuale. Lasciamo stare il linguaggio (che Renzi parli bene è un’altra delle balle messe in circolazione dai media di regime, come un tempo Mussolini che sciava come un campione o giocava a calcio): “si è presa il diritto di negare”? E che significa? Raggi non si è presa il diritto di rifiutare le Olimpiadi, che evidentemente già aveva; ha solo rifiutato le Olimpiadi. Ma negare un diritto sembra molto più grave. C’è anche che non è chiaro a chi si riferisca: ai ragazzi di oggi, che nel 2024 saranno adulti e avranno altri sogni e altre esigenze, o ai ragazzi del 2024, che proprio non possiamo sapere cosa sogneranno? E sorvoliamo infine sul fatto, irrilevante per Renzi, che contro le Olimpiadi abbiano votato i due terzi dei romani, preferendo Raggi al renziano di turno, l’improponibile ma fedelissimo Giacchetti. La cosa più angosciante che abbiamo un premier che fa politica con le favole: c’è un paese in ginocchio, in cui i giovani non trovano lavoro e molti neppure studiano perché hanno perso la speranza di una vita migliore (abbiamo la più alta percentuale europea di NEET, “Not engaged in Education, Employment or Training”, peggio della Grecia, della Romania, della Bulgaria), e lui investirebbe miliardi per far sognare i ragazzi, fra otto anni. E per fare che sognino che cosa? Un mondo migliore? Un paese più giusto, democratico, sereno? Macché, uno spettacolo televisivo in cui ormai competono solo professionisti resi ricchi dalla pubblicità. Anzi no: la cosa più angosciante è che un intero partito, i giornalisti quasi al completo, decine di intellettuali e milioni di italiani gli diano ascolto, preferendo stordirsi al suono delle confuse fandonie di un mediocre imbonitore piuttosto che impegnarsi nella faticosa ed esaltante impresa di ricostruire il paese.

È la via italiana al liberismo: che in America e in Gran Bretagna passò attraverso la deregulation economica e che in Italia il Pd, in ritardo di un ventennio, cerca di raggiungere attraverso la deregolamentazione morale e culturale. Per questo il primo passo era necessariamente l’acquisizione di un controllo totale dell’informazione: e non per manipolare o censurare le notizie non gradite, come faceva il fascismo; no, il renzismo punta al gossip, alla superficialità, al qualunquismo, alla libera cazzata, in modo che nulla abbia più valore, tutto venga considerato equivalente, realtà e illusione, il vero e il falso, ciò che è certo e ciò che viene soltanto promesso o immaginato.

Si può fare qualcosa? Altroché: basta dire no. Al referendum ma anche ai venditori di fumo dei giornali e telegiornali, quotidianamente. Non possiamo più considerarli innocenti fino a prova contraria: la prova contraria non la troveremmo mai. Si può solo condannarli pregiudizialmente, sospendendo la fiducia nei loro confronti, come quando si ha a che fare con un baro. Perché la resistenza e il riscatto cominciano sempre con un rifiuto delle false promesse. Come negli anni cupi di un altro regime scrisse il grande Montale, poeta di un’Italia migliore a cui dobbiamo provare a tornare: “Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che NON siamo, ciò che NON vogliamo”.

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Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

Nato a Bari, cresciuto a Parma e in Trentino, laureato a Roma, professore a Harvard. Mi interesso di letteratura, politica, storia delle idee e cambiamenti culturali. Insegno corsi su estetica, romanzo moderno e contemporaneo, Rinascimento, calcio. Di recente ho scritto: La creazione del passato, Sulla modernità culturale e paura di cambiare, Crisi e critica del concetto di cultura. Come Gramsci, penso che al pessimismo della ragione occorra accompagnare l’ottimismo della volontà, e come James Baldwin, che la libertà non la si possa ricevere in dono: bisogna prendersela.

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