Alla fine la differenza è tutta nei monosillabi che usiamo per rispondere a una domanda o proposta: sì, no. In grammatica li si chiama avverbi olofrastici perché nella loro brevità equivalgono a un’intera frase. Ma a volte equivalgono a un’intera ideologia.
La destra tendenzialmente promuove il sì; vuole sudditi obbedienti al mutevole volere del capo, come nel mondo militare a cui si ispira: signorsì. Oppure, nella sua versione aggiornata, liberista, vuole consumatori individualisti ma sempre pronti ad accettare le sollecitazioni della pubblicità e le manipolazioni dei media. La sinistra invece inclina verso il no; che è resistenza, ribellione, promozione di spirito critico e di coscienza civile, ossia di valori e tradizioni acquisiti attraverso un’attiva partecipazione collettiva, non attraverso la rassegnazione individuale o l’indifferenza.
Non è dunque sorprendente che nella campagna per il referendum di dicembre il Pd abbia scelto come slogan: “basta un sì”. Un sì effettivamente basta per diventare o restare servi, schiavi, passivi esecutori degli ordini o inerti seguaci delle mode. Un sì distratto, dato magari turandosi il naso e facendo finta di non vedere, sulla fiducia, benché nella fattispecie chiesto da un governo che finora ha spesso mentito e che, fingendosi di sinistra, ha portato avanti una politica economica e sociale decisamente di destra, liberista, tutta a favore delle multinazionali e dei ricchi. Un sì a dicembre basterebbe per consolidare il dominio di un primo ministro che nessuno ha eletto e che fonda il suo potere su un parlamento uscito da votazioni giudicate incostituzionali dalla Consulta, e per di più grazie al sostegno dei nemici dichiarati di un tempo, Alfano, Verdini, Berlusconi stesso, oltre che dei soliti opportunisti e trasformisti, da sempre il maggior problema politico italiano. “Sì, è vero, voglio prendere i voti della destra” ha dichiarato Renzi: cosa che peraltro ha fatto sin dal principio, da quando in quelle ridicole primarie aperte del 2013 fu nominato segretario del Pd grazie al voto di decine di migliaia di benpensanti e di berlusconiani. E ha ragione: un sì può bastare se il consenso di cui si va in cerca è quello della destra in cerca di leadership, privilegi e conformismo.
A sinistra, invece, un sì non “basta”. Mai. Per dire sì bisogna essere informati e davvero convinti, assumersi una precisa responsabilità. Se diventa un’abitudine o un obbligo, allora non è più una scelta: è una visione del mondo. Di destra. Come il partito che vi chiede di cambiare la nostra legge fondamentale, la Costituzione, con la stessa leggerezza con cui vi chiederebbe di comprare l’ultimo iPhone. Votare no allo smantellamento della Carta non è solo un no al PD e alla privatizzazione del paese: è anche un no alla deregulation morale e culturale e alla deriva plebiscitaria della nostra democrazia. Quest’autunno, serve un no.