In Finlandia delle improvvisate milizie pattugliano le strade per prevenire eventuali stupri di gruppo commessi da immigrati mediorientali. A Lipsia migliaia di giovani tedeschi si sono scontrati con la polizia durante ampie manifestazioni anti-islamiche. In Veneto la Regione ha approvato una legge leghista che rende più difficile la costruzione di moschee.
Le ragioni per cui la destra ha fatto della lotta contro l’immigrazione, e in particolare contro quella musulmana, il perno della sua strategia politica è evidente: attirare i voti e il consenso delle masse che la globalizzazione sta impoverendo, impaurendo e privando di un senso di appartenenza e di identità culturale. Però la sua azione non sarebbe così efficace senza l’appoggio dei media liberisti: che da un lato alimentano quell’insicurezza e dall’altro la stigmatizzano, rendendo la xenofobia equivalente al razzismo e dipingendo ogni resistenza nazionalista o localistica all’omologazione come fascismo. Il risultato è che le ancor numerose anime belle della sinistra, finora totalmente incapaci di contrastare il neocapitalismo e forse disinteressate a farlo, hanno riscoperto il piacere di un antifascismo terzomondista ormai inattuale, illudendosi di recuperare un ruolo storico senza accorgersi di stare giocando la parte scelta per loro dai poteri forti della finanza e alienandosi le simpatie della propria base naturale, i lavoratori. Che non possono allora che rivolgersi a Le Pen o Salvini, gli unici che almeno a parole si oppongano al dominio delle multinazionali (e al trattato che ne sancirà il dominio sugli Stati, il TTIP) e restituiscano alla classe media una centralità; o viceversa direttamente al liberismo post-ideologico alla Renzi, che perlomeno fabbrica sogni di ricchezza per i furbi e i vincenti.
Non è un caso che da mesi la Pravda del neocapitalismo, ossia il New York Times (non userei quell’epiteto per infimi tabloid come La Repubblica o il Corriere della Sera), sbatta regolarmente in prima pagina i problemi delle migrazioni verso l’Europa, senza mai nominare le responsabilità americane e occidentali nella destabilizzazione del Medio Oriente ma invocando virtuosamente accoglienza e libero mercato. Molto comodo, per i ricchi e le loro corporation: milioni di disperati in più da sfruttare e da usare per indebolire i sindacati e scatenare guerre fra poveri; con l’ulteriore vantaggio di far perdere di credibilità alla sinistra, ossia all’unica forza che potrebbe ostacolare la loro egemonia. Un bipolarismo perfetto: destra liberista o destra fascistoide, entrambe facilmente controllate dal grande capitale.
Qualcosa per fortuna si sta muovendo: Bernie Sanders, Jeremy Corbyn, Pablo Iglesias, Alexis Tsipras, sono rappresentanti di una nuova sinistra che ha finalmente compreso che il nemico principale è il capitalismo, non i nemici di destra del capitalismo; e che per batterlo occorre riscoprire il populismo – riconnettersi al popolo e parlargli di eguaglianza economica e di difesa dei posti di lavoro e dei diritti dei cittadini, non di un multiculturalismo che assomiglia troppo al globalismo. Riuscirà l’Italia, ossia il paese che forse più di qualsiasi altro fiorì economicamente e culturalmente attraverso la frammentazione e molteplicità delle sue comunità, a dare vita a un partito che da posizioni di sinistra si opponga alla colonizzazione finanziaria delle nazioni e all’appiattimento mediatico e consumistico dell’intero pianeta?