Un comunicato del Movimento 5 Stelle sul ‘caso’ dei Punti nascita in Sicilia ci consente di illustrare quello che sta succedendo non soltanto nella sanità siciliana, ma anche nel bilancio della Regione. In questo articolo proveremo a illustrare, con la forza dei numeri, che il governo nazionale di Matteo Renzi non ha alcun motivo di ordine sanitario per chiudere i Punti nascita della Sicilia. Se lo fa, ebbene, lo fa esclusivamente per una mera questione di denaro. Ovvero per poter scippare altri soldi alla Regione siciliana. Cioè a famiglie e imprese dell'Isola.
Cominciamo col leggere insieme il comunicato dei grillini: “Il Movimento 5 Stelle alla Camera corre in soccorso delle strutture isolane sotto i 500 parti l'anno su cui pende la spada di Damocle della chiusura entro il 31 dicembre o che addirittura hanno chiuso i battenti”. Da queste parole si capisce subito che stiamo parlando della volontà del governo nazionale di chiudere i Punti nascita che effettuano meno di 500 parti all’anno. Una prescrizione che, ci dice il governo nazionale, viene assunta a tutela dei cittadini, perché una struttura che effettua meno di 500 parti all’anno avrebbe medici con una manualità, in materia di parti, che non darebbe sicurezza alle donne partorienti.
La scusa è ridicola, perché il problema – ammesso che sia reale – potrebbe essere facilmente risolto a costo zero, inviando un medico con la ‘manualità’ in questi Punti nascita con meno di 500 parti all’anno.
Fatta salva questa indicazione di buon senso, che risolverebbe il problema alla radice, senza bisogno di chiudere i Punti nascita, la parlamentare grillina Giulia Di Vita ha presentato una risoluzione in commissione Affari sociali alla Camera dei deputati. “L'atto – si legge nel comunicato – ripercorre la travagliata storia dell'accordo Stato-Regioni del 2010, che ha previsto la chiusura delle strutture con volume di attività inferiore a 500 parti l'anno e, quindi, non in grado di garantire la sicurezza della madre e del neonato. L'accordo ha già portato alla chiusura di alcuni Punti nascita nell'Isola e altri ad intraprendere il cammino verso questo destino, nonostante una richiesta di deroga partita dalla Sicilia per salvare le strutture di Mussomeli, Bronte, Nicosia, Mistretta, Corleone, Lipari, Petralia, Pantelleria, Santo Sefano di Quisquinia (casa di cura), Cefalù e Licata. Roma ha infatti risposto picche per tutte le strutture, tranne che per i punti nascita di Nicosia e Corleone, per i quali il ministero chiede, pena la chiusura, di attivare un collegamento tra i due Punti nascita e i rispettivi centri di riferimento di Enna e Palermo, con la previsione della rotazione del personale medico per almeno una settimana al mese”.
Come potete leggere, è lo stesso Ministero che si contraddice: per due Punti nascita prevede la soluzione di buon senso indicata anche da noi: cioè la presenza di un medico che abbia la ‘manualità’. Per gli altri casi insiste con la chiusura.
Per l’isola di Pantelleria “il Ministero si dice favorevole al salvataggio per le caratteristiche orografiche di particolare disagio – si legge ancora nel comunicato -. Per questo Punto nascita Roma concorda con la Regione sul mantenimento in attività per le sole gravidanze fisiologiche, mentre è previsto il trasferimento in un centro di riferimento per quelle a rischio. In bilico resterebbe Cefalù, per il quale è previsto il monitoraggio annuale con Termini Imerese”.
Ovviamente, la chiusura di questi Punti nascita è contestata dagli abitanti dei centri della Sicilia che subirebbero questo ulteriore taglio di un servizio sanitario. “La risoluzione del Movimento 5 Stelle – prosegue il comunicato – nasce dall'esigenza di spingere il Ministero a tenere in debito conto le proteste della gente che vede nella chiusura dei Punti nascita un serio pericolo per l'incolumità della mamme e dei neonati. E questo in considerazione, soprattutto, della desolante ed immutata situazione di emergenza della viabilità regionale, compromessa da numerosi crolli, ultimo dei quali il pilone della A19, che di fatto ha spaccato in due la Sicilia”.
“E' inammissibile – afferma Giulia Di Vita – l'indiscriminata chiusura di alcuni fondamentali Punti nascita, la cui importanza logistica potrebbe essere stata sottovalutata dal governo. Abbiamo invitato più volte il ministro a venire a vedere in Sicilia le condizioni dei punti nascita per rendersi conto lei stessa delle difficoltà oggettive, soprattutto logistiche. Siamo stanchi di vedere l'assessorato elemosinare deroghe e proroghe. Il ministro prenda in mano la situazione e dia insieme alla Regione una soluzione pragmatica basta sui reali bisogni e non sulla cieca ossessione di contrarre la spesa, che tra l'altro ricordiamo pesa sulla spalle della Sicilia in quota maggiore di quella in realtà dovuta”.
Il primo elemento che salta agli occhi è la balordaggine del governo nazionale. In Sicilia – come si ricorda nel comunicato – la viabilità è allo sbando. Il problema riguarda l’autostrada Palermo-Catania, interrotta a causa di una frana dallo scorso aprile e ancora chiusa. Ma riguarda, soprattutto, la viabilità legata alle strade provinciali. Di fatto, le strade provinciali sono state abbandonate per responsabilità dell’attuale governo regionale di Rosario Crocetta e del governo nazionale di Matteo Renzi. Due governi entrambi di centrosinistra.
Il governo regionale di Crocetta ha commissariato le Province: e fin qui nulla da dire. Il problema è che le ha lasciate senza soldi. Così, da tre anni, le Province – che hanno la competenza sulla viabilità secondaria (cioè sulle strade provinciali) – non effettuano manutenzioni. Il risultato è che alcune di queste strade sono chiuse tutto l’anno. Mentre altre rimangono non percorribili durante la stagione invernale. In ogni caso, quasi tutte sono strade pericolanti: strade che potrebbero franare in ogni periodo dell’anno.
Ora, secondo il Ministero – che non a caso è retto da Beatrice Lorenzin, un’esponente del Nuovo Centrodestra Democratico, formazione politica che sforna solo persone ‘intelligenti’ – le donne che vivono nei paesi senza Punti nascita e che debbono partorire dovrebbero avventurarsi su queste strade per raggiungere i centri della Sicilia dove sono operativi i Punti nascita con medici ostetrici-ginecologi di grande manualità. In un Paese ‘normale’ una persona mediamente intelligente direbbe: ma se la viabilità è così disastrata non sarebbe più razionale far viaggiare un medico ostetrico-ginecologo invece di mandare in giro le donne partorienti? Dovrebbe essere così: ma la Ministra Lorenzin e i suoi collaboratori ì- che hanno un qi superiore alla media – hanno deciso il contrario…
Tutto questo, lo ricordiamo, la Ministra Lorenzin lo fa perché i Punti nascita che effettuano meno di 500 parti all’anno non sarebbero sicuri. Bello avere un governo nazionale che si occupa della sicurezza dei cittadini, no? Ora dimostreremo che oggi, in Sicilia, ci sono pericoli incombenti molto più insidiosi dei Punti nascita. A cominciare dal pericolo legato alle piogge. Soprattutto alle piogge intense e copiose che vengono chiamate 'bombe d'acqua'.
Le cosiddette ‘bombe d’acqua’ sono molto più insidiose dei Punti nascita che effettuano meno di 500 parti all’anno. Soprattutto se vanno a colpire i territori con dissesto idrogeologico. In Sicilia, in alcune aree del Messinese, negli ultimi anni, ci sono già state due alluvioni con morti e distruzioni di centri abitati. Secondo voi, il governo nazionale e il governo regionale hanno fatto qualcosa per questi luoghi che mettono a rischio la vita di chi ci vive? Vi rispondiamo noi: non hanno fatto una mazza.
Va precisato che se nel Messinese non ci sono stati altri centri spazzati via dalla violenza dell’acqua e altri morti, ciò è dovuto non al fatto che i governi – nazionale e regionale – hanno adottato provvedimenti opportuni. In provincia di Messina non ci sono stati altri paesi travolti da acqua e fango e altri morti solo perché, dal 2011 ad oggi, non ci sono state altre ‘bombe d’acqua’. Ma se si dovessero verificare altre piogge torrenziali, in questo angolo della Sicilia ci sarebbero, purtroppo, altri centri abitati travolti dal fango e dall’acqua.
Il discorso non riguarda solo il Messinese. La città di Trapani – per citare un altro esempio – non è messa meglio. Una ‘bomba d’acqua’, in questa cittadina, avrebbe effetti devastanti. Lo stesso problema di verificherebbe a Mondello e nelle aree vicine. Mondello è la spiaggia dei palermitani. Una contrada nata in un’area paludosa che, con piogge ordinarie, dà già problemi. Non vogliamo nemmeno immaginare cosa succederebbe se una ‘bomba d’acqua’ dovesse colpire Mondello, Valdesi e Partanna Mondello…
Il discorso riguarda anche Palermo dove, da oltre dieci anni, si registrano problemi nella raccolta dell’immondizia, che rimane nelle strade per giorni e giorni. Questo andazzo di cose ha finito con l’ostruire buona parte delle caditoie. A Palermo Dio solo sa quello che succederebbe se la città dovesse essere colpita da una ‘bomba d’acqua’ della durata di qualche ora, specie se ciò dovesse avvenire nelle ore di punta, quando il traffico automobilistico è impazzito: cosa che ormai succede ogni giorno grazie alla follia degli appalti per il Tram che hanno distrutto la città (come il professore Silvano Riggio ha raccontato in un articolo sul nostro giornale che potete leggere qui). Nel caso di Palermo le responsabilità sono in parte del Comune e in parte dei governi regionali e nazionali che hanno tagliato i soldi ai Comuni.
Palermo non è un caso unico. Perché sono tantissimi i Comuni dove, ormai da anni, l’immondizia ristagna per giorni e giorni. E dove i drenaggi sono tutti ostruiti. Insomma, sono tante le aree della Sicilia dove le ‘bombe d’acqua’ potrebbero provocare allagamenti, ma anche frane e smottamenti.
Davanti a questi pericoli il governo nazionale di Matteo Renzi non sembra preoccupato. Però si preoccupa – ma guarda un po’ che strano! – delle donne che dovrebbero partorire. Andando a chiudere, per ‘sicurezza’, i Punti nascita delle aree disagiate della Sicilia che, in questo modo, diventano ancora più disagiate. Abbandonando le donne partorienti – l’abbiamo già ricordato – alle strade provinciali che fanno schifo!
Ciò posto, ora vi dimostreremo, con i ‘numeri’, il perché il governo Renzi vuole chiudere una serie di Punti nascita in Sicilia. La sicurezza delle partorienti non c’entra una mazza, come abbiamo già ricordato. Quello che al governo nazionale interessa sono i piccioli, cioè i soldi. Il conto è presto fatto. La sanità, in Sicilia, sulla carta, costa oltre 9 miliardi all’anno. Diciamo sulla carta perché, da qualche anno a questa parte, il governo regionale, in barba alla legge, eroga alle Aziende Sanitarie Provinciali (ASP) e alle Aziende ospedaliere meno soldi. Provocando alle stesse strutture sanitarie ‘buchi’ finanziari che vengono ripianati con mutui accesi dalla stessa Regione. Un raggiro che serve alla Regione per aggirare la legge che non consente alle pubbliche amministrazioni di indebitarsi per pagare spesa corrente.
A parte questa truffa contabile (che forse le autorità dovrebbero censurare), lo Stato, su 9 miliardi e passa di Euro, dovrebbe intervenire approntando il 50 per cento della spesa. Ma non lo fa, perché su 4 miliardi e mezzo di Euro fa pagare 2 miliardi di Euro alle imprese siciliane con l’IRAP più salata d’Italia.
Riassumendo: già il 50 per cento delle spese sanitarie a carico della Regione siciliana è una percentuale enorme (e unica in Italia). Il passaggio della quota di compartecipazione della Regione alle spese della sanità dal 42% circa al 50% circa è stata decisa con la Finanziaria nazionale del 2007. Il testo di questa legge approvato dalla Camera prevede che la Regione, dopo il passaggio della quota di compartecipazione alle spese sanitarie dal 42% circa al 50% circa, dovrebbe incassare circa 600 milioni all’anno di accise sul consumo di carburanti a titolo di risarcimento. Solo che nel passaggio del testo dalla Camera al Senato, questo articolo della Finanziaria 2007 è stato annacquato. E lo Stato, dal 2009, con la scusa che il testo legislativo non è chiaro, ruba alla Sicilia 600 milioni di Euro all’anno!
Non contento di questo, lo Stato, come già ricordato, non eroga il 50% della spesa sanitaria, cioè circa 4,5 miliardi di Euro all’anno, ma solo 2,5 miliardi di Euro. Oggi vuole ridurre ancora questi 2,5 miliardi di Euro. Ma deve giustificarli. Come? Con un’ulteriore riduzione dei posti letto e con la chiusura dei Punti nascita. La dimostrazione che al governo Renzi del caos che già si vive nei Pronto soccorso della Sicilia non gliene può fregare di meno. Così come non gliene frega nulla delle donne partorienti della Sicilia. A Renzi e alla ministra Lorenzin interessa solo scippare altri soldi alla Regione, riducendo i 2,5 miliardi di Euro che lo Stato paga per la sanità in Sicilia. Il tutto sulla pelle dei siciliani.
Di queste cose i cittadini siciliani si dovrebbero ricordare quando entrano nella cabina elettorale. Votare per il PD di Renzi e per il Nuovo Centrodestra Democratico del Ministro Alfano significa dare sostegno e forza a gente che vuole ridurre i servizi negli ospedali siciliani, eliminando altri posti letto e, soprattutto, chiudendo altri Punti nascita sulla pelle dei siciliani. Il resto sono chiacchiere.