L’estate è agli sgoccioli. E come le precedenti, anche questa ha segnato nuovi record: di caldo, di durata dell’afa, delle nuvole di zanzare ed altro. E, di conseguenza, della vendita di condizionatori, di sprechi energetici e dell’uso di insetticidi. Nel quadro climatico mondiale la Sicilia è una star con temperature da primato che, in certi luoghi – ad esempio a Catenanuova con 47°C e Cozzo Spadaro con 42°C – superano quelle africane, e con durate che sembrano infinite. Questi ed altri record negativi sono i segni di una desertificazione avanzante che ci accomuna ad altre regioni a clima mediterraneo come il Sud Ovest australiano e la California. Ma a differenza dei Californiani che ne sono consapevoli, i siciliani non lo sanno e ne pagano – e ne pagheranno – le conseguenze.
I palermitani sono invece ben coscienti di un’altra emergenza ambientale della città che vivono ormai con angoscia. I più informati la vivono anche con sbigottimento perché non si aspettavano quello che stanno vivendo. Le strade sconvolte, il traffico impazzito, gli alberi abbattuti, le trincee, le transenne di ferro, un assetto da guerra senza fine: ma soprattutto senza scopo apparente. Anche perché nessuno aveva messo al corrente i cittadini di quello che sarebbe successo: nessuna pubblica assemblea, nessuna conferenza è stata convocata per illustrare lo sconvolgimento che avrebbe subìto la città e per chiedere ai palermitani questo sacrificio infinito. Ma soprattutto nessuna pubblica consultazione. Nessuna discussione con la cittadinanza per vedere insieme i progetti, per cercare insieme soluzioni per arginare i disagi, dal momento che certe opere segneranno il destino della collettività (la situazione dei singoli) per i prossimi 50 o 100 anni e forse più. Opere, cioè, che sono paragonabili per l’impatto, alla creazione del Politeama o all’apertura di via Libertà. Grandi opere che hanno segnato, ma in positivo, lo sviluppo urbanistico di Palermo e la sua immagine. Mentre le opere in atto oggi – i trinceroni e le transenne che stravolgono una strada illustre quale fu via Notarbartolo – riescono solo a deturpare una città già abbondantemente deturpata negli ultimi 60 anni.
In quest’occasione, ma non solo in questa, il popolo non è stato consultato, né informato; le decisioni sono
state prese dall’alto, con uno stile da soviet. E’ presumibile che se i cittadini di Palermo fossero stati coinvolti secondo le regole della ‘trasparenza’, i risultati sarebbero stati ben diversi. E bisogna aggiungere la delusione dei tanti che, dopo il lugubre decennio di Diego Cammarata, avevamo sperato in una rinascita della città guidata da uomini di cultura e da “uno che il mestiere di sindaco lo sa fare”. Sapevamo bene i problemi irrisolti di Palermo: smaltimento dei rifiuti, risanamento della costa, riqualificazione del centro storico, lotta all’abusivismo; per tacere della micro criminalità e della mancanza di lavoro. Forse ci si attendeva troppo da quest’amministrazione comunale, ma ci sarebbe accontentati anche di un piccolo miglioramento.
Invece cosa si vede, oggi, dopo 3 anni di “sana amministrazione”? Forse in città si costruisce di meno, ma il centro storico è abbandonato nel degrado e in mano alla movida che tormenta le notti dei residenti; le immondizie ci sovrastano senza tregua con il servizio in mano ad un’azienda che viene pagata per un lavoro che impunemente non svolge. Manca un piano per la protezione civile in caso di emergenza; si portano avanti progetti scellerati come l’oltraggio dell’Uscibene, il progetto di bretella stradale su Maredolce, il previsto cimitero a Ciaculli ed altri ‘’crimini’ minori.
L’abusivismo che si doveva combattere non si ferma e divora gli ultimi residui della Conca d’Oro, mentre il Comune incoraggia la ‘cementificazione’ nelle ultime zone verdi: sorgono distributori di benzina per i quali non è previsto né drenaggio per le piogge, né un albero per scommessa. E nelle aree di servizio urbane dove esisteva qualche albero – come in via Marchese di Villabianca – si è pensato bene di eliminarlo. Intanto si rimanda sine die il risanamento della costa e del mare e si continua a sovraffollare la spiaggia di Mondello, dove i turisti scappano disorientati dalla confusione, da un mare occultato da barriere e cabine, dai lidi chiusi in recinti con greggi di bagnanti.
Grande è la delusione dei palermitani (onesti) che avevano creduto, che avevano votato, di fronte al flop evidente dell’attuale amministrazione comunale. Ma pensando alla concentrazione dell’impegno del Comune solo su una presunta futura migliore viabilità (la delusione si muta in rabbia furiosa di fronte all’ossessione maniacale per la viabilità!) viene il sospetto che il consulente segreto del Comune sia stato Roberto Benigni: ma non il Benigni di oggi, cantore della Divina Commedia, bensì quello di trent’anni fa nel personaggio di Johnny Stecchino che, vedi caso, era un mafioso. Perché per Johnny, per il quale, è noto, l’unico problema di Palermo era il cciàffico (N.B: pronuncia panormita della parola traffico). E’ difficile dire se anche la soluzione del tram sia stata una gag di Benigni, alias Stecchino, o se sia stato frutto di un progetto serio. L’ordine degli Ingegneri e la maggior parte dei tecnici competenti negano recisamente la seconda ipotesi, e la motivano con argomenti inoppugnabili che possiamo leggere sul web (come potete leggere, ad esempio, qui). Gli ingegneri sottolineano anche la pericolosità dell’opera e il suo costo enorme, ingiustificato dai benefici.
Su un punto si può essere certi: benché ossessionato dal ‘cciàffico, il Grande Roberto nazionale non
avrebbe mai consigliato l’abbattimento di un migliaio di alberi, fra Pini, Chorisie, Ficus ed altri, per far posto a ad un mostro di ferro e cemento che taglia in due la città. Se non altro perché neanche nell’Inferno dantesco si tagliano gli alberi anche se ridotti a sterpi (Inferno, canto XIII, Pier delle Vigne). Ma una Palermo senza alberi non è forse peggiore dell’Inferno? (per giunta col Tram).
E’ superfluo citare in questa sede i benefici degli alberi e la loro importanza nel paesaggio urbano, che va ben oltre le produzione di ossigeno, e riguarda la regolazione delle temperature, l’abbattimento dei rumori e delle polveri, la neutralizzazione degli inquinanti, l’aumento della biodiversità e perfino la salute mentale degli abitanti. E’ dimostrato che in una città senza alberi il q.i. degli abitanti diminuisce sensibilmente mentre crescono la depressione e il tasso di criminalità. E' come se amministratori e cittadini rifiutassero di prendere atto del dato scientifico e filosofico che uno spazio verde fiorito e alberato apporta benessere al fisico e alla psiche dell'uomo. Che evidentemente è determinato ad andare verso l'autodistruzione. Come questa città.
Ma chi se ne rende conto sente ancora il dovere di ricordarlo, anche se non spera più (ma questi sono argomenti incomprensibili per dei tecnocrati avvezzi a contratti e parcelle: peccato lo siano stati anche per i responsabili del verde che non si sono mossi per denunciare il misfatto).
Conclusione amara è che quest’amministrazione comunale di Palermo con i suoi assessori – amministrazione che si professa verde ed aperta alle novità – ha adottato delle scelte che vanno controcorrente rispetto alla tendenza virtuosa verso la creazione di un ambiente sempre più vivibile e rispettoso delle leggi naturali. Quell’orientamento, per intenderci, sostenuto recentemente da Obama e da Papa Francesco nella sua enciclica.
Su questi anni di amministrazione, sulla città spogliata del suo verde (senza verde), si potrà porre una lapide con (su) iscritta la parafrasi della celebre pasquinata del 1630 contro Urbano VIII: quod non fecerunt ciancimini fecerunt orlandini. Alla faccia dei cittadini.
* Silvano Riggio, a Palermo, è un personaggio molto noto. E' docente universitario di Ecologia. Ma è
stato, soprattutto, un precursore dei ambientalisti. Nel capoluogo siciliano il primo consigliere comunale Verde viene eletto in Consiglio comunale nel 1986. Vent'anni prina di questa data Riggio conduceva battaglie civili per il risanamento della Cala (il porto storico di Palermo realizzato in un'insenatura naturale), per la tutela delle ville storiche e del verde storico, per il salvataggio della Conca d'oro (della quale, oggi, in verità, resta poco). Riggio è un personaggio noto per il suo anticonformismo. E per il coraggio, da uomo di sinistra, di criticare anche la sinistra. E lo fa manifestando la sua delusione per l'attuale amministrazione comunale – di centrosinistra – retta da Leoluca Orlando. Lo fa criticando un'opera pubblica che sta devastando la città: quel Tram finito anche nel mirino dell'Ordine degli Ingegneri. Ma Riggio, nella sua critica, tra le righe, dice una cosa gravissima: dice che il taglio di oltre mille alberi, a Palermo, è stata una follia. Una scelta che i palermitani, nei prossimi anni, pagheranno a caro prezzo. E qui, Riggio, più che da osservatore, parla da docente di Ecologia che analizza il clima. Precisando a una città distratta che in Sicilia è in atto una desertificazione proprio come sta avvenendo in California. Con la differenza che i californiani lo sanno e stanno adottando le contromisure. Mentre a Palermo non sanno nulla e tagliano alberi per organizzare appalti & affari.