Nei primi anni ’70 del secolo passato tornò in auge la teoria degli “opposti estremismi”. In realtà, era una variante dell’interpretazione originale di questa formula politica che risale, grosso modo, al 1953. Se nei primi anni ’50 tale formula era finalizzata a individuare un raggruppamento centrista da opporre agli estremismi di destra e di sinistra, nei primi anni ’70, con un rapporto dell’allora Prefetto di Milano, Libero Mazza, con la formula “opposti estremismi” si intendeva focalizzare l’attenzione sugli estremisti di destra e su quelli di sinistra che, poi, avrebbero dato vita alle Brigate Rosse.
Nel 1970 l’idea che ci potesse essere un estremismo di sinistra non venne accettata dalle sinistre. I cui esponenti chiesero, addirittura, la rimozione del Prefetto Mazza. La storia, però, avrebbe dato ragione al Prefetto e torto ai partiti di sinistra. Perché il terrorismo rosso – le Brigate Rosse, per l’appunto – diventerà realtà. Ma non è di questo che oggi vogliamo parlare. Oggi, partendo dalla storia degli “opposti estremismi”, vogliamo segnalare la presenza, tutta siciliana, degli “opposti trasformismi”.
Cosa intendiamo con la formula “opposti trasformismi”? Semplice: la presenza di due forme di
trasformismo politico che oggi governano la Sicilia con risultati modesti, se non negativi: il trasformismo del PD e il trasformismo del Nuovo Centrodestra Democratico del Ministro Angelino Alfano. Il primo è un trasformismo di sinistra, o meglio, di centrosinistra (più centro che sinistra, in verità). Il secondo è un trasformismo più marcato, se si vuole peggiore del primo.
E’ importante intendersi sulla nozione di trasformismo. In politica per trasformismo s’intende la sostituzione del confronto aperto tra maggioranza (che governa) e opposizione (che controlla l’attività di governo) con la cooptazione, nella maggioranza, di parlamentari dell’opposizione per esigenze di potere. Il teorico del trasformismo politico è stato Agostino Depretis, ex garibaldino, che nel 1882 era addirittura il leader della Sinistra liberale nel Parlamento italiano, nonché capo del governo di quegli anni. Depretis sollecitava esponenti della Destra storica ad entrare nella maggioranza di governo. Di fatto, il trasformismo è una degenerazione della democrazia e dell’attività parlamentare, perché i primi ad essere raggirati sono gli elettori, che eleggono un deputato o un senatore moderato che, invece, va a far parte di un governo di colore politico opposto (e viceversa).
Il trasformismo, ai tempi di Depretis, bloccava le istanze progressiste del Parlamento. L’allora capo del governo italiano utilizzava i parlamentari moderati per neutralizzare le istanze progressiste.
Anche quella di Renzi è una forma di trasformismo. Prendiamo il caso della ‘riforma’ del Senato. Di fatto, Renzi vorrebbe un Senato non elettivo con competenze di gran lunga meno importanti rispetto a quelle che gli assegna la Costituzione italiana del 1948. La sinistra del PD si oppone. E Renzi punta a far approvare il depotenziamento del Senato con i voti del Nuovo Centrodestra di Alfano (partito nato da una costola di Forza Italia). E siccome i voti di Alfano e dei suoi non bastano, ha ‘imbarcato’ anche Verdini e altri senatori eletti nel centrodestra di Berlusconi.
In questo caso abbiamo un esempio spureo di “opposti trasformismi”: c’è il trasformismo di Renzi, che ha trasformato il PD – un partito che dovrebbe essere di sinistra – in una formazione politica centrista. Quello di Renzi, paradossalmente, è un trasformismo tutto sommato onesto: l’attuale capo del governo non ha mai detto di essere di sinistra, anzi è orgoglioso delle sue origini democristiane, e non ha mai nascosto l’obiettivo di mettere all’angolo (la formula che ha utilizzato è “rottamare”) tutti gli esponenti del vecchio Pci. Renzi, insomma, è trasformista fino a un certo punto: i veri trasformisti, se proprio dobbiamo essere corretti, sono gli elettori della sinistra – cioè gli elettori che provengono dal vecchio Pci o dalla tradizione socialista – che votano per lui. Perché un elettore di sinistra non dovrebbe votare per il PD di Renzi, perché quest’ultimo, correttamente, non nasconde le proprie origini moderate e la propria azione politica moderata, molto vicina alla Germania governata dalla Merkel.
Diverso, ma fino a un certo punto, è il discorso per gli alfaniani a livello nazionale. Alfano e i parlamentari che lo seguono sono stati eletti nel centrodestra e governano in un governo di centrosinistra. Anche in questo caso Alfano e i suoi, a Roma, sono trasformisti a metà, perché il governo Renzi, come già accennato, più che di centrosinistra è di centro. Alla fine, anche per l’azione di governo – cioè per i provvedimenti adottati dal governo Renzi, che non sono certo di sinistra – i problemi sono più per gli elettori di centrosinistra che per i (pochi, in verità) elettori di Alfano.
In Sicilia, invece, lo scenario cambia completamente. Nella nostra Regione assistiamo in modo palese a due “opposti trasformismi”: il trasformismo del governo di Rosario Crocetta e il trasformismo degli alfaniani siciliani. Crocetta, nella campagna elettorale del 2012, si era presentato come un candidato di sinistra. Lui stesso, dopo la sua elezione, peraltro molto risicata e frutto delle divisioni del centrodestra, parlava di “Rivoluzione”. I risultati, in verità, sono modesti, se non fallimentari.
Potremmo parlare della vicenda del Muos di Niscemi, che Crocetta è riuscito a trasformare (parola corretta, perché si tratta sempre di trasformismo…) in una mezza operetta. O della vicenda dei rifiuti, con le discariche – in buona parte private – al posto della raccolta differenziata. Due clamorosa smentite del programma di Crocetta. Per non parlare delle politiche del lavoro, se è vero che l’attuale governo regionale ha penalizzato costantemente i lavoratori: formazione, operai della Forestale, dipendenti regionali, medici pubblici (questi ultimi con le retribuzioni bloccate da sei anni e con una continua riduzione delle strutture sanitarie).
Certo, molti dei fallimenti di Crocetta sono imputabili alla sua oggettiva inadeguatezza (basti pensare all’accordo-capestro che ha firmato lo scorso anno con il governo Renzi, rinunciando, per quattro anni, agli effetti positivi di alcuni pronunciamenti della Corte Costituzionale in materia di rapporti finanziari tra Stato e Regione: in pratica, postergando l’arrivo, nelle ‘casse’ della Regione, oggi a secco, di oltre 5 miliardi di Euro: una vera e propria follia della quale lo stesso presidente della Regione si è pentito, anche se in ritardo). Però, nel suo caso, il trasformismo c’è: e coinvolge tutti i partiti che lo sostengono nel Parlamento siciliano. In pratica, pur di mantenere il potere, Crocetta e il PD stanno tradendo gli impegni assunti con i propri elettori.
Uguale e contrario – e per certi versi di gran lunga peggiore – è il trasformismo del Nuovo Centrodestra siciliano. Alla fine, il partito di Alfano, a livello nazionale, non supera l’1 per cento. Il 4% delle elezioni europee raggranellato da questa formazione politica è stato ‘drogato’ dalla gestione del Ministero degli Interni: cosa che non sarà più possibile, sia perché la presenza nel governo Renzi e gli scandali – Mafia Capitale in testa – hanno logorato Alfano e i suoi, sia perché alle prossime elezioni politiche il Movimento 5 Stelle dovrebbe monitorare i voti in ogni angolo d’Italia, sezione per sezione, per evitare che si ripeta lo ‘scherzetto’ delle europee. Ma se a livello nazionale il Nuovo Centrodestra è in caduta libera, in Sicilia conserva ancora un 5-6 per cento e forse anche qualcosa in più. Si tratta di deputati del Parlamento siciliani eletti, nel 2012, da un elettorato di centrodestra. E si tratta di deputati che, in questa legislatura, hanno più volte criticato Crocetta. Ma adesso i parlamentari regionali del Nuovo Centrodestra siciliano, per una mera questione di poltrone, vorrebbero entrare a far parte del governo Crocetta. Una contraddizione rispetto alla loro elezione. E un tradimento nei confronti dei loro elettori.
Siamo davanti, insomma, a una degenerazione della democrazia e della vita parlamentare. Con ‘capitomboli’ politici di bassissimo livello. Con Crocetta che, fino a qualche mese fa, ripeteva a destra e a manca che mai e poi mai avrebbe ‘imbarcato’ nel suo governo il Nuovo Centrodestra. E con i deputati regionali del Nuovo Centrodestra che hanno detto peste e corna del governo Crocetta e che, adesso, si stanno ‘imbarcando’ nello stesso governo che hanno aspramente criticato.
Siamo allo squallore della vita politica e parlamentare. Una manifestazione di “opposti trasformismi” che ha il sapore di una pagliacciata politica.
* Nella vita Angelo Forgia si occupa di agricoltura. Ma ha sempre avuto la passione per la politica. Cresciuto nella sinistra, ha creduto, nell'estate del 2012, all'avventura di Rosario Crocetta, allora candidato alla presidenza della Regione siciliana nel centrosinistra, che si presentava come il presidente che avrebbe attuato una "rivoluzione". Angelo Forgia è stato tra i fondatori del Megafono – il movimento politico legato al presidente della Regione – ed è stato protagonista dei 'Circoli per Crocetta'. Erano, questi 'Circoli', siciliani che, nelle città e nei paesi dell'Isola, nel 2013, davano vita a piccoli nuclei di sostegno all'azione del governo Crocetta.
Oggi Forgia non è più accanto a Crocetta. Non coordina i 'Circoli' – che in verità sembrano spariti – e non è nel Megafono, che forse è sparito con i 'Circoli'. La 'Rivoluzione' annunciata da Crocetta si è trasformata in una mera gestione del potere. E lo stesso Crocetta, come racconta in questo articolo Forgia, non ha nulla a che vedere con la Sinistra, ai valori della quale si ispiravano il Megafono e i 'Circoli'.
In quest'analisi non c'è soltanto l'amarezza per un'esperienza politica e amministrativa fallita, ma anche lo sforzo di interpretare il trasformismo. O meglio, gli "opposti trasformismi": il trasformismo di Crocetta, che si è rimangiato quasi tutto il programma politico del 2012; e il trasformismo del Nuovo Centrodestra, che sta utilizzando i voti dei moderati siciliani per puntellare un governo che gli stessi elettori moderati siciliani detestano.