Angelo Forgia, nella vita, si occupa di agricoltura. Ma è anche un appassionato di politica. Ma di una politica fatta in mezzo alla gente: nei movimenti e non nei partiti tradizionali. Oggi commenta la crisi della Regione siciliana. Ipotizzando il voto anticipato per la prossima primavera. Sognando una svolta a partire dal basso…
E’ inutile girare attorno al problema: il governo regionale di Rosario Crocetta è ormai al capolinea. A questa conclusione si arriva non perché Matteo Renzi ha fatto sapere che la Sicilia potrebbe essere chiamata al voto presto – a quanto sembra di capire, nella primavera del prossimo anno – ma perché le condizioni politiche, sociali e finanziarie della Regione non consentono il proseguimento di questa legislatura. Anche la nomina di un esponente del PD, Baldo Gucciardi, ad assessore alla Salute, non cambia molto lo scenario. Detto questo, ci sembrano opportune alcune considerazioni sul bilancio fallimentare del governo e sulle prospettive politiche.
In questi giorni il PD siciliano – e segnatamente l’area renziana di questo partito – sta provando a scaricare sul presidente Crocetta tutte le responsabilità di un’esperienza di governo che non ha brillato per lungimiranza. Ora, il governatore dell’Isola ha di certo grandi responsabilità: ma questo non assolve gli altri protagonisti del governo, con riferimento ai partiti. E non ci riferiamo solo alle forze politiche che hanno appoggiato Crocetta, ma anche alle opposizioni: basti pensare che, la scorsa settimana, a Sala d’Ercole – la sede del Parlamento dell’Isola – il governo è stato salvato da Forza Italia e dal Movimento 5 Stelle.
Si badi: non si è trattato di un caso isolato. Non dobbiamo dimenticare che, ad inizio legislatura, i grillini hanno appoggiato il governo Crocetta in più occasioni; per non parlare dei deputati di Forza Italia che hanno approvato il mutuo da un miliardo di euro.
Anche il PD non ha molte attenuanti. Una parte di questo partito ha sempre appoggiato il governo. Lo stesso Crocetta, proprio per salvaguardare i propri equilibri interni al Partito Democratico, non ha esitato a sacrificare il Megafono. Per un anno abbiamo assistito a baruffe tra Crocetta e il PD. Con il secondo governo il presidente della Regione ha ‘imbarcato’ la cosiddetta area Dem di Giuseppe Lupo. Con il terzo governo – l’attuale – Crocetta ha tirato dentro i renziani, l’area che fa capo ad Antonello Cracolici e persino una parte della cosiddetta area Cuperlo. Insomma, per dirla tutta, solo una parte dell’area Cuperlo della Sicilia è rimasta fuori dal governo. Questi, per carità, hanno titolo per criticare Crocetta. Ma i vari Davide Faraone, Antonello Cracolici e lo stesso segretario regionale di questo partito, Fausto Raciti, a che titolo attaccano Crocetta?
In politica bisogna dire la verità. Chi è responsabile del fallimento della Formazione professionale? Dov’erano i partiti di governo quando sono stati mandati al ‘macero’ quasi 10 mila dipendenti di questo settore per consegnare le future risorse del Fondo sociale europeo ai privati che passano per imprenditori, ma che sono solo degli imprenditori falliti che, da decenni, vivono abbarbicati alla spesa pubblica, tra Camere di Commercio ed enti regionali vari? E chi sta gestendo in modo fallimentare i servizi per il lavoro? E le risibili politiche turistiche, imperniate sul clientelismo ad personam, chi le sta manovrando?
Certo, oggi che tutto sta crollando, è facile scaricare i fallimenti politici e amministrativi sul presidente della Regione. Un personaggio che – lo ribadiamo – ha pesanti responsabilità: a cominciare dall’accordo che lo stesso Crocetta ha siglato a Roma, proprio con Renzi, lo scorso anno, rinviando di ben quattro anni l’applicazione di una sentenza della Corte Costituzionale che avrebbe consentito alla Regione di incassare quasi 5 miliardi di euro. Magari la Regione non li avrebbe incassati tutti subito: ma con questo titolo di credito avrebbe potuto, con semplici operazioni finanziarie, fronteggiare la pesante situazione di ‘cassa’.
Invece, oggi, assistiamo a una grande mistificazione. Con Crocetta che, su facebook, attacca Faraone, ma dice solo mezze verità: dice che le finanze della Regione sono state saccheggiate, ma non attacca Renzi – che è il vero saccheggiatore – nella speranza (vana?) di un’improbabile candidatura ‘blindata’ all’ombra dell’Italicum.
Però la verità, come ci ricorda Gramsci, “è sempre rivoluzionaria”. E la verità è che i renziani del PD siciliano – con in testa Faraone – stanno tradendo e pugnalando la Sicilia. Una Regione massacrata dai prelievi operati dal governo Renzi. Un governo che, dopo aver saccheggiato quasi 10 miliardi di euro, restituisce appena 300 milioni di euro. Il tutto in uno scenario di menzogne, complice un’informazione carente, se non di parte, che nasconde la verità. Così anche i leghisti veneti – disinformati dai giornali di Berlusconi e dai silenzi del PD renziano – attaccano la Sicilia per questi 300 milioni di euro. Non sapendo che Roma ha strappato alla Regione siciliana circa 10 miliardi di euro! Una vergogna!
Ma queste verità nascoste, anzi le menzogne avallate da berlusconiani e PD renziano (che strana coppia, no?), ci consentono di guardare alle prospettive politiche della Sicilia con una diversa luce. Noi non siamo tra quelli che, guardando al PD, fanno di tutta l’erba un fascio. In questo partito ci sono sensibilità diverse da Renzi e dal renzismo. Alcune hanno già lasciato questo partito per dare vita a un nuovo soggetto politico: penso a Civati, a Cofferati, a Fassina e a tanti altri. Ma tanti sono ancora dentro questo partito. Rimangono con grande sofferenza, perché non vogliono regalare tutto a Renzi e alle massonerie finanziarie tedesche che foraggiano (e quindi controllano) l’attuale capo del governo italiano.
Oggi – guardando anche alla ferocia con la quale la ‘presunta’ Unione Europea sta imponendo alla Grecia un’umiliazione incredibile (nemmeno americani, russi e inglesi, subito dopo la seconda guerra mondiale, a Yalta, imposero simili condizioni ai tedeschi, che pure si erano macchiati di un genocidio: una responsabilità di gran lunga più grave dei 320 miliardi di debiti della Grecia!) – bisogna pensare, proprio a partire dalla Sicilia, a qualcosa di diverso. Mettendo al primo punto la libertà.
Il tempo stringe. E i vecchi partiti, ormai compromessi, in Sicilia come a Roma, non sono nelle condizioni di proporre soluzioni credibili. E’ bene che la parola passi ai movimenti. Sotto questo profilo – concetto che una volta abbiamo già espresso – l’esperienza dell’attuale sindaco di Agrigento, Calogero ‘Lillo’ Firetto, ci sembra un buon esempio da cui partire. Firetto è partito dai movimenti civici. Ed ha costretto i partiti a seguirlo. Dalla Sicilia – da sempre ‘laboratorio politico’ destinato a fare da apripista a soluzioni politiche nazionali – può partire un messaggio di libertà, rivolto anche al popolo greco, al quale la nostra Isola è legata da cultura e tradizioni. Serve una svolta che deve partire dal ‘basso’.