“Prendiamo atto che dalle elezioni è uscita una maggioranza sempre più disgregata e litigiosa. Prova ne è che, anche oggi, i lavori d’Aula sono stati contraddistinti da linee legislative variegate e contraddittorie proprio in seno a quelle forze di maggioranza e allo stesso PD. Ci chiediamo se il Governatore ha ancora una maggioranza e, a tal proposito, sarebbe opportuno che venisse in Aula per verificare il livello di fiducia nei suoi confronti dei deputati dei partiti che lo hanno sostenuto”.
Così parla Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia al Parlamento siciliano. Questa presa di posizione ci appare più che naturale, ma quello che sembra strano è il comportamento delle forze di maggioranza e non solo del PD, ma addirittura del PDR di Totò Cardinale e della stessa forza politica inventata dal Governatore e denominata Il Megafono, che nelle ultime ore hanno preso le distanze dal governatore dell’Isola, Rosario Crocetta, e dalle sue giustificazioni assurde sui risultati elettorali finalizzati a scaricare su Matteo Renzi e sui renziani siciliani le responsabilità della debacle del Partito Democratico.
Rosario Crocetta nelle sue farneticazioni ha perseverato nell’affermare che senza di lui il PD non avrebbe mai avuto la guida del governo regionale. Sembra ormai inutile ripetere che l’attuale governatore occupa quella poltrona non per la volontà popolare – che gli ha riservato un successo personale da prefisso telefonico – ma alle divisione delle forze di centrodestra. Per la precisione, sono stati l’ex governatore dell’Isola, Raffaele Lombardo, e Gianfranco Miccichè, alle elezioni regionali siciliane del 2012, a tagliare la strada a quel galantuomo di Nello Musumeci. Senza la candidatura, alle regionali di tre anni fa, di Gianfranco Miccichè, inventata a tavolino per spezzare il centrodestra, Musumeci non avrebbe mai perso, mentre il centrosinistra di Rosario Crocetta non avrebbe mai vinto. Ricordiamo ancora una volta che se uniamo i voti dei partiti e delle liste del centrodestra – sempre con riferimento alle elezioni regionali del 2012 – rileviamo un dato complessivo di oltre il 40%. Mentre per le forze crocettiane di centrosinistra più UDC il risultato era stato di circa il 30%.
Alla luce di questi dati oggettivi, che sono sotto gli occhi di tutti, come può Crocetta continuare a cantare vittoria? Ma quale vittoria? E’ bene che l’attuale governatore della Sicilia si renda conto, una volta per sempre, che anche senza la sua candidatura, con le divisioni del centrodestra, il PD, assieme alle altre forze di centrosinistra e all’UDC, avrebbero potuto eleggere presidente della Regione anche un manico di scopa.
C’è anche un altro dato oggettivo: due anni e otto mesi dopo la sua elezione il popolo siciliano è consapevole che Rosario Crocetta è stato e continua a essere il peggiore dei presidenti che la Regione siciliana ha annoverato dal 1947 ad oggi. Crocetta ha avuto l’ardire nei giorni scorsi di vantarsi di alcuni successi elettorali e di scaricare sugli altri gli insuccessi. Persino per il risultato di Gela – la città nella quale Crocetta è stato (controverso) sindaco – il governatore ha cercato di defilarsi, nonostante il fatto che proprio nella sua città era stato fischiato e contestato.
E ora? Il suo PD, ma anche il suo Megafono stanno cercando il modo di scaricarlo perché hanno capito che ogni giorno in più di Crocetta alla guida della Sicilia rappresenta perdita di consensi e un favore non solo alle opposizioni di centrodestra, ma principalmente a quelli del Movimento Cinque Stelle che stanno sempre sulla riva del fiume attendendo che passi il cadavere dell’attuale compagine governativa.
E Crocetta che fa? Dopo aver detto che i risultati deludenti elettorali del PD e del centrosinistra sono da imputare a Matteo Renzi corregge il tiro affermando di “non essere stato capito” e di non “aver voluto affermare ciò”. I renziani, intanto, tuonano su twitter #Sarostaisereno: parole che ci ricordo la frase pronunciata da Matteo Renzi per tranquillizzare l’allora Presidente del Consiglio, Enrico Letta #Enricostaisereno (poi disarcionato proprio da Renzi).
Infatti il presidente (dimissionario) del PD siciliano, Marco Zambuto, chiarisce bene lo stato dell’arte: “La popolarità di Crocetta – dice Zambuto – è pari a zero. Apriamo una seria riflessione sull’opportunità di continuare l’esperienza di governo”
Il governatore della Sicilia sembra solo, o quasi. Attualmente sembrerebbe disporre di due sole ‘stampelle’: quella del senatore del PD-Megafono, Giuseppe ‘Beppe’ Lumia e quella dell’ex segretario regionale del PD siciliano, Giuseppe Lupo. Fino a quando queste ‘stampelle’ politiche rimarranno attive?
Il nostro consiglio resta sempre lo stesso: staccate la spina a Crocetta, perché più rimane, più danni provoca alla Sicilia. Il personaggio non è nato per costruire, ma per demolire. Per carità: ci sono dei momenti in cui in politica bisogna demolire. Ma poi bisogna anche ricostruire. Un governatore regionale che si limita solo a demolire manda inevitabilmente allo sbando la Regione: che è quello che ha fatto Crocetta, se è vero che non c’è settore economico e sociale dell’Isola che non sia in crisi.
Il bello è che di questo sfascio Crocetta si fa pure vanto, come si evince dalle sue dichiarazioni. Per esempio, quando di avere affossato, alle elezioni comunali di Enna, il candidato a sindaco Mirello Crisafulli che ha perso per una manciata di voti. E addirittura si sbizzarrisce al punto tale di affermare che non solo non ha alcuna intenzione di dimettersi da presidente della Regione, ma fa sapere che si sta preparando – contro il volere della sua attuale coalizione – a ricandidarsi per favorire la vittoria dei grillini. Per questo motivo riteniamo che a Rosario Crocetta si addica più il compito di sfascia carrozze che quello di governatore. E una Regione di 5 milioni di abitanti non può essere guidata da uno sfasciacarrozze.