Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato un’intervista a Ignazio Greco (il testo di questa intervista a Greco lo potete leggere qui), tra i fondatori dei Cobas della Regione siciliana. Greco ha lanciato un appello a tutti i dipendenti regionali, invitandoli a stracciare le tessere di iscrizione al sindacato dei Cobas. Motivazione: tutti i sindacati, compresi i Cobas, a dire di Greco, avrebbero tradito i circa 20 mila dipendenti della Regione siciliana. A nostro modesto avviso, l’attuale politica italiana, nel suo complesso, sta penalizzando tutti i cittadini nel nome dell’Unione europea delle banche e della finanza, alla faccia di quelli che pensano ancora all’Europa dei popoli. In questo quadro la Sicilia, con molta probabilità, sta pagando un prezzo più alto rispetto ad altre Regioni italiane, anche per la debolezza della sua ‘presunta’ classe dirigente.
In questo articolo noi proveremo a dimostrare quattro cose. Primo: che il governo regionale di Rosario Crocetta è, di fatto, commissariato dal governo Renzi, che ha imposto Alessandro Baccei non come assessore regionale all’Economia, ma come commissario regionale. Secondo: che, da parte di Baccei, c’è un attacco ai dipendenti della Regione siciliana. Terzo: che nessuna organizzazione sindacale – compresi i Cobas – hanno difeso i dipendenti regionali e, segnatamente, i dirigenti regionali. Quarto: che dietro questo attacco alla dirigenza regionale c’è tutta la politica siciliana, di maggioranza e di opposizione, con in testa il Pd, senza ombra di dubbio il partito che, dello sfascio della Sicilia di oggi, ha molte più responsabilità di altre forze politiche.
Il personaggio centrale di questa come di altre storie è Alessandro Baccei (nella foto sotto a destra tratta da guidasicilia.it). E’ lui che guida la crociata che porterà, tra qualche anno, come ora proveremo a dimostrare, al licenziamento di centinaia di dirigenti regionali. Chi ha seguito i lavori del Parlamento siciliano in occasione del dibattito e dell’approvazione della legge di stabilità regionale 2015 avrà di certo notato la totale assenza di opposizione. Quando qualche parlamentare, timidamente, ha provato non ad opporsi, ma a chiedere a Baccei un po’ di elemosina con il cappello tra le mani, la risposta del luogotenente di Renzi in Sicilia è stata sempre calma, pacata ma risoluta: no, no e no. Della serie: non solo che vi paghiamo lo stipendio di parlamentari regionali, non solo che, per ora, non vi abbiamo tolto il Parlamento siciliano, ma avete pure il coraggio di parlare. Zitti! Insomma, la risposta di Baccei è stata sempre la stessa: “Non si può fare diversamente perché non possiamo andare oltre gli accordi e le direttive di Roma se non si vuole che i tecnici del ministero diano il via libera al Consiglio dei Ministri all’impugnativa delle norme approvate”. Un ricatto politico in piena regola!
Ovviamente, nessuno conosce con esattezza il progetto del governo Renzi per i dipendenti della Regione e, in particolare, per i dirigenti. Anche se non è difficile ipotizzarlo. Basta leggere il disegno di legge adottato con la delibera n.78 del marzo scorso dalla Giunta regionale, che prevede il sostanziale dimezzamento degli attuali dirigenti regionali.
Adesso proviamo a scendere nei dettagli illustrando una serie di ipotesi. Per l’occasione ci siamo fatti aiutare da un grande conoscitore della ‘macchina’ amministrativa della Regione siciliana.
Si potrebbe iniziare con una riduzione, per regolamento, delle strutture dirigenziali (intermedie e di base), entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, di almeno il 30% rispetto alle rilevazioni sul numero di Unità operative al 31/12/2014 e alle strutture intermedie di cui al Decreto Presidenziale 27/2014. Verranno escluse le strutture dei dipartimenti dell’assessorato all’Agricoltura perché già riorganizzate di recente. Resterebbero fuori da questa riduzione anche quelle strutture dirigenziali equiparate ai dipartimenti regionali.
Poi la possibile risoluzione unilaterale dei contratti individuali di lavoro dei dirigenti che potrebbe accompagnare la riorganizzazione amministrativa in programma. Quindi la rideterminazione dei contingenti di personale da assegnare a ciascun dipartimento o struttura equiparata, con una riduzione di almeno il 30 per cento delle strutture dirigenziali. E, ancora, l’abolizione della clausola di salvaguardia.
Dovrebbe venire eliminato il potere di riorganizzazione interna del dirigente generale. Individuazione dei dirigenti privi di incarico. A loro i dirigenti generali potranno fare riferimento per conferire in via diretta gli incarichi dirigenziali rimasti non coperti.
A conti fatti, entro la fine di quest’anno dovrebbero scomparire almeno 600 postazioni dirigenziali. Mentre entro Giugno del prossimo anno dovrà essere determinato il dei dipartimenti.
Vediamo cosa potrebbe succedere ai dirigenti della Regione siciliana. L’attuale dotazione organica è pari a 1736 unità. Per molti di questi dirigenti è previsto il pensionamento anticipato con i requisiti della legge pre-Fornero, se maturati dal 01/01/2017 al 31/12/2020. Ma è voce piuttosto diffusa che la parte della legge regionale di stabilità 2015 che contiene questa norma verrà impugnata. Morale: solo un numero limitato di dirigenti potrà andare in pensione entro il dicembre 2016. Questo dovrebbe portare a un esubero di centinaia di dirigenti regionali rispetto alle strutture dirigenziali previste con la nuova riorganizzazione.
Che succederà, a questo punto? L’Amministrazione regionale potrebbe tenersi questi dirigenti con incarichi di consulenza e di studio. Ma siccome il mandato di Baccei è quello di sfoltire l’amministrazione regionale e, i particolare, la dirigenza, non può essere esclusa un’altra ipotesi. Partendo da un presupposto che è nelle cose: e cioè nel fatto che una buona parte degli attuali dirigenti regionali non sarà in condizione di maturare i requisiti per il collocamento in quiescenza. A questo punto il gioco si farà pesante, perché non c’è la possibilità, per questo personale, della cosiddetta mobilità territoriale all’interno della stessa amministrazione regionale, visto che mancheranno le strutture dirigenziali. Un’ipotesi – ad avviso di chi scrive piuttosto improbabile – potrebbe essere quella dei contratti di solidarietà o forme flessibili di lavoro.
Va anche tenuto conto che difficilmente si potrà procedere ad una ricollocazione di dirigenti di terza fascia presso altre amministrazioni. Questo perché nelle altre amministrazioni dirigenza ha un’articolazione diversa. In questo scenario si creerebbero le condizioni per la collocazione in mobilità/disponibilità ai sensi dell’articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Che significa tutto questo? Semplice: che verrebbero meno le obbligazioni che riguardano il rapporto di lavoro. Ai dirigenti spetterebbe un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio per 24 mesi ) e poi il licenziamento.
Guarda caso, questo scenario fa il paio con l’articolo 10 del disegno di legge n. 1577 approvato dal Senato il 30 Aprile scorso. Provvedimento già trasmesso alla Camera dei deputati. Con questa iniziativa legislativa si delega il governo a riformare la dirigenza pubblica secondo principi e criteri che attengono all’istituzione di ruoli unici (Stato, Regioni, Enti locali) nei quali, in sede di prima applicazione, confluiranno i dirigenti già di ruolo nello Stato, nelle Regioni, negli Enti locali. In questo disegno di legge è prevista la riduzione graduale del numero dei dirigenti “ove necessario”, mentre per i dirigenti privi d’incarico – guarda caso, quelli che Baccei e i partiti che lo sostengono nel Parlamento siciliano stanno per creare – l’erogazione esclusiva del trattamento economico fondamentale e della retribuzione di parte fissa della retribuzione maturata e il loro collocamento in disponibilità, con successiva decadenza. Insomma, in lingua italiana, il licenziamento!
Tutto questo sta avvenendo sotto gli occhi dei siciliani. E poco importa che al momento del voto le opposizioni siano uscite da Sala d’Ercole, l’aula del Palazzo Reale di Palermo dove si riunisce il Parlamento siciliano. Quello che vogliamo dire ai dirigenti regionali e a tutti i dipendenti della Regione è che lo scenario che vi abbiamo descritto è stato voluto dalla politica nazionale e regionale. E, segnatamente, dai partiti di governo, Pd in testa.
Lo stesso discorso vale per tutte le altre categorie sociali. Gli agricoltori siciliani sono stati colpiti dall’Imu agricola (che pesa, in media, 500 euro ad ettaro). I docenti dei Licei e, in generale delle scuole superiori sono in queste ore sotto scacco a livello nazionale. Ma non si facciano troppe illusioni le altre categorie sociali della Sicilia per ora rimaste parzialmente indenni dalla scure di Baccei. Ci riferiamo a forestali e ai precari, che verranno massacrati il prossimo anno.
Insomma: anche noi abbiamo spesso criticato l’eccesso di dirigenti presenti nell’amministrazione regionale. Anche noi abbiamo fatto presente la sentenza del Tar Sicilia (Tribunale amministrativo regionale) che ha stigmatizzato le tante, forse troppe ‘pastette’ organizzate con la folle invenzione della terza fascia dirigenziale. Ma un conto è criticare le storture, altra e ben diversa cosa è creare i presupposti per licenziare le persone, come stanno facendo il governo nazionale e il governo regionale, sorretti dai rispettivi Parlamenti, nazionale e siciliano.
Come fermare lo stillicidio targato Renzi-Baccei che si sta abbattendo sulla Sicilia? Ci vorrebbe una rivoluzione. Ricordandosi che le vere rivoluzioni si fanno dentro la cabina elettorale.
p.s.
Sulla rete il presidente Crocetta continua ad essere preso di mira. Chi scrive non ha mai fatto sconti all’attuale presidente della Regione. Detto questo, avendo seguito il dibattito sulla legge regionale di stabilità 2015 dentro e fuori Sala d’Ercole, debbo far notare che uno dei pochi che ha provato a mettersi contro Baccei è stato proprio Crocetta. Non so se l’ha fatto per tornaconto personale o per altro: ma l’ha fatto. Mentre i sindacalisti che oggi si stracciano le vesti – a cominciare dai Cobas – non si sono mai opposti concretamente a Baccei, piantandogli, magari, 10 giorni di sciopero e bloccando l’amministrazione regionale (ah, questi permessi sindacali…). Si sono limitati a organizzare un solo giorno di sciopero, il 29 Aprile, a giochi ormai fatti. Una farsa. Chi vuole intendere intenda.