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May 15, 2015
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Scuola: non avendo autorevolezza, Renzi gioca la carta dell’autoritarismo

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 4 mins read

Ieri (supponiamo che la solfa continuerà anche oggi) la rete è stata inondata da un video in cui si vede Matteo Renzi in maniche di camicia che, tra strafalcioni e demagogia, cerca di dimostrare, senza peraltro riuscirci, che la sua riforma della scuola è la “migliore delle riforme possibili”. A giudicare dai commenti che si leggono sulla stessa rete – e a giudicare dalla rabbia dei docenti di Licei e Scuole superiori, in stragrande maggioranza contrari a questa nuova trovata del governo Renzi – l’operazione non sembra riuscita. Anzi. A chi ha un po’ di gusto per la storia, non sta sfuggendo, in tutti i sensi, il parallelismo tra i metodi di Renzi e dei suoi accoliti e i metodi del Minculpop, il Ministero della cultura popolare fascista di Achille Starace: stesso maldestro e tragicomico tentativo di condizionare l’opinione pubblica con la propaganda in stile demenzial-popolare, stessa pervicace volontà di imporre agl’italiani cose che agl’italiani non vanno affatto giù!

Giunti a questo punto, bisogna chiedersi: perché Renzi sta provando, in tutti i modi, a far ‘digerire’ ai docenti italiani una ‘riforma’ dal sapore un po' fascista, con il ritorno al ‘capo’ chiamato a mettere in riga i professori e gli studenti? Le possibili risposte sono molteplici. La prima è che il governo Renzi, privo di autorevolezza, stia provando a giocare la carta dell’autorità. In Italia, per tradizione, i docenti di Licei e Scuole superiori, in larga maggioranza – soprattutto dalla seconda metà degli anni ’70 del secolo passato in poi – si sono sempre identificati con le forze politiche progressiste. La Democrazia cristiana, quando governava l’Italia, non si sognava lontanamente di mollare il Ministero della Pubblica Istruzione ai partiti politici alleati. Ma questo gli è servito a poco, perché i docenti, per tradizione, hanno sempre mantenuto autonomia di pensiero e di azione.

Con l’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica la stragrande maggioranza dei docenti italiani non ha seguito la demagogia e il populismo di Berlusconi, ma si è sempre orientata verso il centrosinistra. Con Renzi al governo sta andando in scena il ‘divorzio’ tra quella che, fino ad oggi, è stata sempre considerata l’area politica del centrosinistra – imperniata sul Pd – e la classe dei docenti di Licei e Scuole superiori. Con la ‘riforma’ della scuola prospettata dal governo Renzi si è arrivati, addirittura, a uno sciopero dei docenti, che minacciano una cosa che nell’Italia repubblicana non si era mai vista: il blocco degli scrutini e degli esami!

In questo momento siamo davanti a uno stallo. Renzi, dopo lo sciopero dei docenti, ha messo da parte la sua proverbiale arroganza e si è detto disponibile a discutere la ‘sua’ riforma. In realtà, sta solo cercando di prendere tempo. Con molta probabilità, punta a convincere i docenti a chiudere il capitolo scrutini ed esami per poi imporre con la forza – come ha fatto con il Jobs Act e con l’Italicum – il suo punto di vista.

L’attuale capo del governo italiano, infatti, non può rinunciare alla ‘sua’ riforma. Perché, a volerla dire tutta, i presidi-sceriffi sono ormai l’ultima carta del Pd di Renzi per riacquistare ciò che ormai è definitivamente perduto: il rapporto culturale e politico del 'suo' Pd con la categoria dei docenti dei Licei e delle Scuole superiori. La ‘riforma’ della scuola dell'attuale capo del governo del nostro Paese, alla fine, è il tentativo di creare una rete di presidi-sodali legati, città per città, agli uomini del Pd di Renzi, per imporre una sorta di controllo nella scuola. Ai presidi-sceriffi legati al Pd di Renzi spetterebbe il compito di selezionare il personale docente del nostro Paese sulla base della ‘fedeltà’ al capo. Come già accennato, non avendo l’autorevolezza per dialogare e convincere i docenti con la forza della ragione, Renzi prova a utilizzare la ragione della forza.

Riuscirà il nostro ‘eroe’ a mettere la ‘mordacchia’ a una classe sociale che, come abbiamo già ricordato, ha sempre manifestato autonomia e indipendenza di giudizio? A nostro modesto avviso, no. Non solo. Con la sua svolta autoritaria, in verità piuttosto goffa, Renzi è riuscito a riunificare la classe dei docenti. Che oggi, oltre alla libertà, potrebbe porre un tema che, per senso di responsabilità verso le istituzioni e verso i ragazzi, i docenti italiani di Licei e Scuole superiori non hanno mai posto in modo risoluto: la questione delle retribuzioni. I docenti di Licei e Scuole superiori sono tra i peggio pagati d’Europa. Ora potrebbe essere arrivato il momento per affrontare anche questo tema.

La verità è che Renzi i propri dettami riesce a imporli solo a un Parlamento di ‘nominati’. Fuori da un Parlamento screditato (ricordiamo che la Corte Costituzionale ha 'cassato' il Porcellum, la legge elettorale con la quale l'attuale Parlamento è stato eletto) l’attuale capo del governo italiano incontra spesso ostilità e dinieghi. Un dissenso sociale che sembra destinato a crescere, alla luce di scelte sempre più impopolari che il suo governo dovrà adottare per accontentare un’Unione europea sempre più condizionata dalla Germania della signora Merkel: una Germania della quale Renzi è il vero interlocutore.  

 


Qui il video di Matteo Renzi su "La buona scuola"

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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