Mentre a Roma, tra il dire e il non dire, il capo del governo Renzi e il ministro dell’Economia, Padoan, si apprestano a mettere giù una nuova manovra per togliere dalle tasche degli italiani altri 20 miliardi di euro circa (la manovra avrebbe dovuto essere di 15 miliardi, ma è ‘lievitata’ a 20 e non si escludono altri aumenti), la Sicilia cerca di far quadrare i propri conti che, però, sono sempre più ballerini. Alla fine di un tira e molla durato, grosso modo, un paio di settimane, emergono due dati politici. Il primo dato politico è che Roma, che negli ultimi due anni ha strappato alla Regione siciliana circa 5 miliardi di euro, non darà nulla. Al massimo – ma anche questo è da vedere – restituirà ai siciliani una parte dell’Iva e dell’Irpef che da qualche tempo incassa al posto della Regione. Il secondo dato politico è che il Bilancio della Regione siciliana 2015 sarà, almeno in buona parte, fatto da entrate fittizie, cioè false. Ma passerà con l’avallo di Roma.
Proviamo, adesso, per grandi linee, a capire quello che sta succedendo. Partendo dallo scenario nazionale. Perché è a Roma che si gioca la partita. Da alcune settimane, in Italia, si discetta di una ripresa economica. Il ministro dell’Economia, Padoan, in un’intervista a Bloomberg Tv, ha detto che la crescita economica del nostro Paese si attesterà sul 2 per cento. Resta da capire come questa preventivata crescita si coniugherà con una nuova manovra da 20 miliardi di euro da prendere dalle tasche degli italiani entro la fine di quest’anno. Cioè nuove tasse oltre a Imu, Irpef, Irap, tasse e imposte locali e via continuando.
Per ora la ripresa economica non c’è e, nonostante gli incentivi alle imprese (i 5 miliardi di euro scippati al Sud, utilizzati per pagare gli sgravi contributivi alle imprese che, in maggioranza, hanno sede del Centro Nord Italia), la disoccupazione, nel Belpaese, non è diminuita. Anzi. Secondo quali magie l’economia italiana dovrebbe tornare a crescere con una nuova manovra da 20 miliardi di euro alle porte non è facile comprenderlo. Ma Renzi e soprattutto Padoan hanno una conoscenza dell’economia italiana che altri comuni mortali evidentemente non hanno.
Insomma, Roma è di nuovo a ‘caccia’ di soldi degli italiani. E, come già accennato, il governo nazionale non aiuterà certo la Regione siciliana. Del resto, la Regione siciliana non è la Regione Piemonte. Nell'Isola, in genere, ci si arrangia. Il governo siciliano di centrosinistra retto da Rosario Crocetta ha stabilito che il ‘buco’ dei conti regionali è pari a 3 miliardi di euro. A noi, che seguiamo i conti della Regione da anni, il ‘buco’ risulta essere superiore a 5 miliardi di euro, cifra pari ai soldi che Roma ha tolto alla Sicilia, come già ricordato, negli ultimi due anni.
Dando per buoni i 3 miliardi di ‘buco’, non ci resta che raccontare il resto. Ieri il governo Crocetta ha fatto sapere di aver trovato i soldi per chiudere la manovra economica e finanziaria 2015. Da dove arriverebbero ‘sti soldi? Quasi un miliardo di euro dovrebbe arrivare dal nuovo Pac, sigla che sta per Piano di azione e coesione. Si tratta di risorse che sono già state assegnate alla Sicilia da Bruxelles e dallo Stato. Soldi che la Regione non ha ancora speso e che avrebbero dovuto essere utilizzati per investimenti (tecnicamente si chiamano spese in conto capitale). Invece questo miliardo di euro che sarebbe servito per investimenti (e quindi per nuova occupazione) verrà utilizzato per pagare gli stipendi (tecnicamente si chiamano spese correnti).
Insomma, Roma e Bruxelles, invece di spingere la Sicilia a investire di più in infrastrutture (la Sicilia viene considerata dall’Unione europea una Regione ad Obiettivo Convergenza: questo perché il reddito medio dell’Isola è inferiore alla media europea: da qui la necessità di investimenti, magari in infrastrutture che ancora oggi mancano), viene spinta a bruciare i fondi che dovrebebro servire per nuovi investimenti (infrastrutture) in spese correnti!
Proseguendo con l’analisi teorica della manovra approntata dal governo ragionale di Crocetta e dall’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, scopriamo che lo Stato si è trattenuto da 500 a 600 milioni di euro di Iva. La Regione siciliana – lo ripetiamo spesso ai lettori americani – è una delle cinque Regioni a Statuto speciale d’Italia. Dovrebbe trattenere buona parte delle imposte che pagano i siciliani. Solo che la Regione, dopo quasi settant’anni di Autonomia, non ha ancora una propria Agenzia delle Entrate. Che significa questo? Semplice. Che la Regione siciliana, invece di riscuotere le imposte e dare allo Stato quanto spetta allo Stato, subisce la riscossione delle proprie imposte da parte dello Stato che ‘gira’ alla Sicilia quanto spetta alla Sicilia. Il passaggio non è di poco conto. Perché se allo Stato servono soldi, se li prende e non li ‘gira’ alla Regione. Proprio come ha fatto con questi 500-600 milioni di euro di Iva.
Ora, bontà sua, lo Stato dovrebbe restituire alla Sicilia questi 500-600 milioni di euro di Iva che ha strappato dai conti regionali (questo scippo, per la cronaca, si somma ai 5 miliardi prelevati negli ultimi due anni). Sorge spontanea una domanda: la restituzione di questi 500-600 milioni di Iva pagata dai siciliani avverrà o è solo una presa in giro inserita per far quadrare i conti del Bilancio regionale? La domanda è legittima perché, lo ricordiamo, il governo nazionale deve approntare una manovra da 20 miliardi di euro entro il dicembre di quest’anno. E non è da escludere che, per far quadrare i conti, Renzi e Padoan si tengano questi soldi. Noi ormai ci aspettiamo di tutto.
Altri 500 milioni di euro dovrebbero arrivare dalla restituzione della quota Irpef che spetta alla Regione siciliana, ma che il governo nazionale si è trattenuta. Anche in questo caso, la musica è sempre la stessa: si tratta di soldi – in questo caso i cedolini delle buste paga dei docenti delle scuole siciliane e di altri soggetti che lavorano in Sicilia – che lo Stato italiano, non si capisce in base a quale principio, ha trattenuto negli ultimi anni. Può sembrare incredibile che lo Stato centrale, con artifizi e raggiri, derubi le legittime entrate di una Regione nel silenzio generale. Ma è quello che sta avvenendo. Non sapendo dove trovare i soldi e trovandosi a incassare trattenute che sono della Regione siciliana, il governo Renzi ha pensato bene di trattenerle. Ora dovrebbe restituirle. C’è da crederci? Vedremo.
Ma c’è di più. Questi 500 milioni di euro di Irpef siciliana sono soldi che lo Stato trattiene da quattro cinque anni. Ammesso che li restituisca, serviranno per quest’anno. E i prossimi due anni, visto che il Bilancio regionale ha una proiezione di tre anni? Mistero.
Per ora, fatti quattro conti, dovremmo essere intorno a 2,1 miliardi di euro. All’appello, per chiudere il Bilancio regionale 2015, mancano ancora 900 milioni di euro. Di questi, così ha fatto sapere il governo Crocetta, 350 milioni di euro arriveranno da tagli lineari. Che cosa ci sia da tagliare ancora in Sicilia non l’abbiamo capito. E, soprattutto, appare inverosimile trovare, nel 2015, altri 350 milioni di euro tra stipendi e pensioni dei siciliani. Perché ormai il Bilancio regionale è ridotto all’osso. Ogni taglio, oggi, corrisponde a una riduzione di stipendi e di pensioni. Tra le follie della Regione siciliana c’è l’assenza di un fondo pensioni autonomo, ricostituito nel 2009 e ancora non in grado di pagare le pensioni. Morale: le pensioni si pagano con il Bilancio regionale. Dunque ai tagli al Bilancio corrispondono tagli alle pensioni.
Lo stesso discorso vale per i dipendenti della Regione e degli enti e delle società collegate alla stessa Regione. Questi 350 milioni di tagli lineari riguarderanno anche loro. Con molta probabilità, ridurranno il numero dei dirigenti regionali e ridurranno loro le retribuzioni (magari li chiameranno ancora spagnolescamente ‘dirigenti’, ma gli toglieranno i soldi). E faranno sparire un bel po’ di società e enti regionali, in buona parte inutili. Poi proveranno a ridurre gli operai della forestale. La cosa tragi-comica è che nella manovra è già scritto che tali tagli ci saranno, mentre, formalmente, tali tagli debbono ancora essere discussi con chi li dovrà subire, cioè con dipendenti e pensionati regionali, operai forestali. Insomma…
Resta sempre la domanda: è pensabile che la Regione riesca a tagliare entro quest’anno 350 milioni di euro di stipendi e pensioni? A noi questa sembra una grande bufala. Con molta probabilità, questi 350 milioni di euro costituiscono un’altra delle entrate gonfiate – e quindi un’entrata del Bilancio regionale 2015 rigorosamente falsa – che il Parlamento siciliano si accinge ad approvare con la ‘benedizione’ di Renzi e del ministro dell’Economia, Padoan.
Siamo arrivati a circa 2 miliardi e mezzo di euro (teorici). Mancano altri 500 milioni di euro per concludere quella che si annuncia come una grande sceneggiata finanziaria. A quanto pare – e questo, forse, è il numero più sicuro del Bilancio regionale 2015 – la Regione, per due anni, non pagherà le rate dei mutui alla Cassa Depositi e Prestiti. Considerato che la Regione siciliana paga 80 milioni di euro di rate di mutui all’anno, dovrebbe avere a disposizione 160 milioni di euro in due anni.
Mancano altri 350-400 milioni di euro. Una parte di questi soldi arriverà con un nuovo mutuo da circa 150 milioni di euro (che andrà a sommarsi all’indebitamento finanziario della Regione che ‘viaggia’ su oltre 8 miliardi di euro!). E un’altra parte con un irrigidimento dei vincoli finanziari in cambio di un'improbabile liquidità.
A conti fatti, lo ribadiamo, la Regione si appresta a varare un Bilancio 2015 pieno di entrate fittizie. Cioè un Bilancio 2015 rigorosamente falso. Si tratta di una sorta di fallimento della Sicilia ‘pilotato’ dallo Stato centrale. Perché, alla fine, già a partire dall’autunno di quest’anno, oltre alle tante penalizzazioni che ci saranno (riduzione degli stipendi e delle pensioni, chiusura di decine di società e di enti regionali, licenziamenti di operai della forestale che verranno lasciati a casa con la prospettiva di un’improbabile pensione e via continuando), ci saranno soggetti che non potranno essere pagati perché alcune delle entrate che verranno iscritte in Bilancio non si materializzeranno.
In tutto questo c’è anche un altro problema: il disavanzo di un miliardo e 700 milioni di euro relativo al 2014. Anche questo disavanzo dovrà essere iscritto in Bilancio, magari in tre rate da 600 milioni di euro circa cadauna. Morale: bisognerà trovare altri 600 milioni di euro per quest’anno. Non è un passaggio secondario. Perché, a valere sul Bilancio regionale 2014, ci sono soggetti che non sono stati pagati e che reclamano i soldi.
Insomma, un bel casino…