A che punto è la notte della Sicilia? Le voci che si rincorrono, in queste ore, tra Roma e Palermo, raccontano di un governo nazionale che sarebbe pronto a mandare a casa il presidente della Regione, Rosario Crocetta. Motivazione ufficiale: il Pd di Matteo Renzi e i suoi seguaci avrebbero preso atto che il governatore dell’Isola non sarebbe più affidabile. Motivazione vera: lo Stato, dopo aver ridotto la Sicilia in mutande, strappandole quasi 5 miliardi di euro negli ultimi due anni, avrebbe scoperto che non può restituire ai siciliani circa 2 miliardi di euro per consentire al Parlamento dell'Isola di approvare il Bilancio 2015. Come abbiamo scritto nell’ultima puntata della nostra rubrica, la profezia del professore Massimo Costa si sta avverando: la Sicilia è tecnicamente fallita. Anche se, rispetto ai calcoli di chi scrive, in queste ultime settimane c’è stata un’accelerazione. Perché questa fretta del Pd renziano di certificare il fallimento della Sicilia? E fino a che punto è percorribile la strada del commissariamento della Regione siciliana?
Oggi, numeri alla mano, proveremo a ragionare non tanto e non soltanto sull’ipotesi di commissariamento della Regione siciliana, ma anche sulle ragioni che starebbero portando il governo Renzi a sbarazzarsi del presidente della Regione, Crocetta. Con molta probabilità, la fretta del governo Renzi nel voler liquidare in tempi stretti il ‘caso’ Sicilia (mandando a casa Crocetta) potrebbe essere legata a due fattori tra di loro strettamente legati: l’esigenza del governo Renzi di trovare a brevissima scadenza 16 miliardi di euro per evitare di aumentare l’Iva di almeno un punto e la crisi della zona euro, se è vero che il rilancio dell'economia, nonostante l’immissione di liquidità operata dalla Bce, non sembra ancora a portata di mano. Soprattutto in Italia, Paese nel quale l’Istat, proprio in queste ore, certifica un aumento costante della disoccupazione, con buona pace della tanto decantata ripresa economica.
I due temi, l’abbiamo già accennato, sono interconnessi. Renzi cerca di infondere ottimismo agli italiani, ma le sue parole, per molti versi, ricordano quelle di un celebre personaggio del ‘Candido’ di Voltaire, Pangloss. Al pari di questo personaggio tedesco – un malato di ingiustificato ottimismo che pretendeva, come Leibniz, di vivere “nel migliore dei mondi possibili” – Renzi cerca di far credere agl’italiani che il suo sia il “migliore dei governi possibili”. Ma i fatti, però, gli danno torto. E i già citati 16 miliardi di euro che deve trovare a tamburo battente per evitare un aumento dell’Iva che sarebbe a dir poco rovinoso per l’Italia, sono lì a dimostrare la fallacità dell’ottimismo renziano, che per cadere in contraddizione non ha nemmeno bisogno di un Voltaire che gli confezioni un ‘Candido’ su misura.
Sarebbe ingiusto, però, ascrivere al solo Renzi le colpe di una crisi economica che ha radici globali e, magari, europee. Da mesi, in Italia, giornali e Tv ci dicono che lo spread tra Italia e Germania è ai minimi storici, che l’economia italiana è in ripresa e che le cose vanno bene (il complesso di Pangloss, personaggio letterario che, non a caso, è tedesco, non ha colpito solo Renzi…). A questa interpretazione ‘tranquillizzante’ dell’euro-story si accompagna – rintracciabile sulla rete tra economisti, osservatori e giornalisti non esattamente entusiasti della moneta unica europea – una tesi opposta: e cioè che l’economia reale (soprattutto quella italiana) è un disastro, che la crisi rischia di far saltare l’Italia (e quindi la zona euro) e che, proprio per evitare il crollo dell’eurozona, si sta drogando il mercato con l’immissione di liquidità (‘inghiottita’, per lo più, dalle onnivore banche) e si sta abbassando lo spread. Insomma, secondo questa seconda tesi – opposta alla prima – lo spread non sarebbe sceso sotto i 100 punti perché il governo Renzi va bene e sta rilanciando l’Italia ma, al contrario, perché l’Italia di Renzi va male e rischia di trascinare nel baratro l’eurozona.
Noi non siamo in grado di sapere quale delle due tesi sia quella vera. Noi ci limitiamo ad osservare i duri fatti che premono dal basso. Un primo fatto, l’abbiamo già accennato, è che in Italia non c’è ripresa economica. Anche la storia dei contratti di lavoro in aumento, propagandata dai seguaci di Renzi, è stata raccontata a metà. Stranamente, i grandi giornali italiani, pieni di ‘economisti’, si sono dimenticati di precisare che gli sgravi fiscali che sarebbero alla base delle nuove assunzioni – che riguardano, per lo più, imprese del Centro Nord Italia – vanno in scena (leggere sono state finanziate) con lo scippo di 5 miliardi di euro di fondi Pac al Mezzogiorno d’Italia. Ma tutto ciò che nasce dal male, come insegna il Vangelo, non può produrre bene. E infatti i 5 miliardi di euro scippati al Sud non hanno innestato alcuna ripresa, perché la caduta verticale dell’economia italiana è più forte di qualunque scippo ai danni del Meridione.
Il secondo fatto che preme dal basso riguarda la Sicilia. Regione autonoma, per ricordarlo ai lettori americani. Alla quale, come già ricordato, Roma ha scippato circa 5 miliardi di euro negli ultimi due anni. Siamo già ad aprile ed entro questo mese – o al massimo entro il 30 maggio – il Parlamento siciliano dovrà approvare il Bilancio. Non tanto e non soltanto perché lo prevede la legge (la mancata approvazione del Bilancio si configura come violazione persistente dello Statuto e comporta lo scioglimento del Parlamento siciliano), ma perché dall’1 maggio non ci sono più soldi non per pagare 50 mila soggetti, ma per pagarne più del doppio.
In questa storia del fallimento della Regione siciliana stanno facendo tutto il governo Renzi e il Partito democratico. Anche se la disinformazione che va in scena in Italia cerca di accreditare un’altra tesi: e cioè che la Sicilia è spendacciona e che sta meritando quello che sta succedendo.
Invece, numeri alla mano, la responsabilità di tutto quello che sta succedendo è del governo nazionale e del Pd. Roma ha strappato al Bilancio della Regione 915 milioni di euro nel 2013. Poi ha scippato, sempre dal Bilancio della Regione siciliana, un altro miliardo e 150 milioni nel 2014. A cui si aggiungono, sempre nel 2014, 200 milioni di euro per i ‘famigerati’ 80 euro al mese per i lavoratori con redditi inferiori a mille e 500 euro mensili. Quest’anno il governo Renzi si è già preso un miliardo e 115 milioni di euro. Se li contiamo, siamo già a 3 miliardi e 350 milioni di euro circa. A cui va sommato lo scippo di un miliardo e 200 milioni di euro di fondi Pac, sigla che sta per Piano di azione e coesione (dei 5 miliardi di fondi Pac rubati al Sud, un miliardo e 200 milioni di euro erano destinati alla Sicilia).
Con questi numeri siamo già a 4 miliardi e mezzo di euro depredati alla Regione siciliana in due anni. Ai quali vanno aggiunti i 600 milioni di euro all’anno che, dal 2009, lo Stato strappa alla Sicilia sul fronte sanitario (altra storia lunga, che vede come protagonista la parlamentare nazionale siciliana, Anna Finocchiaro, storia che racconteremo tra qualche giorno: per ora è sufficiente che i lettori memorizzino che la Sicilia, grazie a questo raggiro sui conti della sanità, perde dal 2009 circa 600 milioni di euro all’anno incamerati dallo Stato). Se consideriamo lo scippo sanitario negli ultimi due anni, dobbiamo aggiungere un miliardo e 200 milioni ai 4 miliardi e mezzo: e arriviamo a uno scippo, ai danni della Sicilia, di circa 5 miliardi e 700 milioni di euro negli ultimi due anni, che noi abbiamo arrotondato a 5 miliardi di euro circa.
Attenzione: questi numeri non sono una nostra invenzione: al contrario, sono rintracciabili nei Bilanci dello Stato e nei Bilanci della Regione. Basta leggerli, magari con il supporto di qualche tecnico. Resta da chiedersi con che faccia si possa incolpare la Sicilia di essere sciupona: ma questa è una domanda che dovremmo 'girare' ai grandi giornali e alle Tv: e in questo Renzi e Berlusconi si stanno dimostrando maestri del nuovo 'Minculpop' targato Italia 2015.
Andiamo alla Sicilia e al fallimento ormai prossimo. L’assessore all’Economia della Regione siciliana, Alessandro Baccei – inviato in Sicilia proprio dal governo Renzi – dice che il ‘buco’ del Bilancio della Regione siciliana è pari a 3 miliardi di euro. A nostro avviso non è così, perché i numeri – come abbiamo già illustrato limitandoci a leggere i dati ufficiali dei Bilanci di Stato e Regione – dicono che il ‘buco’ è di oltre 5 miliardi. Ma noi, come dire?, leviamo lite e diamo per buono il ‘buco’ finanziario di 3 miliardi illustrato dall’assessore Baccei.
Dice l’assessore Baccei che, di questi 3 miliardi, 700 milioni di euro e forse qualcosa in più arriveranno dal nuovo Pac. Si tratta di fondi già della Sicilia, che dovrebbero servire per gli investimenti (leggere infrastrutture), ma che, per l’occasione, verrebbero utilizzati per pagare la spesa corrente (leggere stipendi). Una fregatura che l'Unione europea dorebeb impedire, perché i fondi per le infrastrutture non possono finire in spesa corrente. Ma Bruxelles dov'è?
Dice l’assessore Baccei che altri 2 miliardi di euro e rotti arriveranno dalla restituzione delle imposte abusivamente trattenute dallo Stato (leggere le ritenute sugli stipendi dei dipendenti pubblici che lavorano in Sicilia che il governo Renzi ha incamerato riscrivendo, unilateralmente, le regole sul sostituto d’imposta) e dalla restituzione dell’Iva. Ma adesso c’è una novità che l’assessore Baccei non ha ancora comunicato: e cioè che il governo Renzi – come abbiamo già accennato all’inizio – deve trovare 16 miliardi di euro pena l’aumento dell’Iva. Dovendo reperire 16 miliardi di euro, ‘ovviamente’, Renzi non restituirà mai alla Sicilia i 2 miliardi che gli ha rubato con manovre illegittime, se non truffaldine, sul sostituto d’imposta e sull’Iva (2 miliardi che si vanno a sommare allo scippo di 5 miliardi e passa di euro operato negli ultimi due anni).
‘Ovviamente’, nonostante la disinformazione che dà una grande mano a Renzi e compagni, bisogna trovare il capro espiatorio sul quale scaricare la responsabilità dell’imminente fallimento della Regione siciliana. E Renzi e il Pd l’hanno già trovato: Rosario Crocetta. Personaggio che ha dimostrato di essere oggettivamente inadeguato a ricoprire il ruolo di presidente della Regione, Crocetta si presta benissimo per svolgere il ruolo di responsabile del disastro finanziario (e in parte lo è davvero).
Insomma, dopo aver spremuto a dovere Crocetta, o meglio, dopo aver utilizzato Crocetta per depredare i siciliani, Renzi si appresterebbe a sbarazzarsi di Crocetta. Del resto, se la Sicilia, ai tempi di Cicerone e Verre, era il granaio di Roma, perché, oggi, non dovrebbe essere il bancomat del governo Renzi? A questo punto, per completezza d’informazione, dobbiamo illustrare ai nostri lettori – soprattutto ai lettori americani – come Renzi ha utilizzato Crocetta per spremere i siciliani. La storia, in parte, l’abbiamo già raccontata. Ora la riprendiamo con qualche particolare in più.
Lo scorso anno la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza storica sulla territorializzazione delle imposte che dà ragione alla Sicilia. In base a questa sentenza, lo Stato dovrebbe versare alla Regione siciliana circa 10 miliardi di euro all’anno che fino ad oggi ha trattenuto. Contestualmente, la Regione siciliana dovrebbe pagare ciò che ancora oggi lo Stato paga alla Sicilia: 2,2 miliardi all’anno per la sanità e i docenti di Licei, scuole superiori e università, più qualche altra cosa ancora. Nel dare e avere la Regione siciliana ci guadagnerebbe poco meno di 2 miliardi all’anno.
Che ha fatto Renzi davanti a questa sentenza? Ha chiamato Crocetta a Roma e gli ha proposto un “accordo sciagurato” (la definizione è del leader storico della sinistra siciliana, Franco Piro, ex assessore regionale al Bilancio, grande conoscitore della situazione finanziaria della Regione) in base al quale la Sicilia rinuncia, per quattro anni, agli effetti positivi dei contenziosi finanziari con lo Stato, a cominciare proprio dalla storica sentenza della Corte Costituzionale dello scorso anno. Crocetta, senza nemmeno consultare il Parlamento siciliano, ha firmato tale accordo. E ha inguaiato la Sicilia, che oggi, senza tale accordo folle (o sciagurato) non si troverebbe nelle condizioni in cui si trova.
Ma Crocetta ha firmato tale accordo perché gliel’ha proposto Renzi. Ed è molto singolare che oggi, lo stesso Renzi, voglia oggi mandare a casa il presidente della Regione siciliana addossandogli la responsabilità del fallimento della Sicilia che, invece, è opera del suo governo. Ma tant’è.
Come finirà questa storia? Non è facile dirlo. Perché nonostante Renzi, nonostante Berlusconi (ricordiamo che in Sicilia il Pd renziano e gli uomini di Berlusconi sono alleati: valga per tutti il ‘caso’ Agrigento, dove l’alleanza tra questi due partiti è ancora in piedi nonostante i ‘bordelli’ esplosi dopo le primarie-farsa del centrosinistra per individuare il candidato a sindaco della Città dei Templi), nonostante tutta la disinformazione sulla Sicilia alcune cose non potranno essere nascoste. Crocetta, ad esempio, non ci sembra il tipo che si farà mandare a casa in silenzio. E’ probabile che proverà a difendersi. Per esempio, minacciando di sputtanare Renzi, rendendo magari noti i retroscena dell’accordo “sciagurato”.
Non solo. Oltre allo sputtanamento di Renzi e del Pd, Crocetta potrebbe impugnare l’eventuale commissariamento della Sicilia, magari davanti la Corte Costituzionale. Motivandolo col fatto che la persistente violazione dello Statuto – cioè l’eventuale mancata approvazione del Bilancio regionale 2015 – sarebbe stata provocata da Roma e non dal suo governo. Tra l’altro, secondo lo Statuto siciliano, il commissariamento della Sicilia deve passare da un voto dei due rami del Parlamento nazionale (Camera e Senato) riunite in seduta plenaria con la nomina di ben tre commissari.
Di più: per la Sicilia non si tratterebbe di un commissariamento, ma di una sospensione della democrazia. Perché Renzi e il Pd, dopo aver fatto fallire la Sicilia, potrebbero andare a nuove elezioni regionali solo truccando le elezioni. Perché il vero dato politico di questa storia è che Renzi, il Pd e Crocetta, in due anni, hanno rubato alla Sicilia circa 7 miliardi di euro portandola sul lastrico. Chi è che, nell’Isola, voterebbe per questi ‘predoni’?
Di più. In Sicilia c’è un forte Movimento 5 Stelle che, per sua fortuna, non è stato molto penalizzato dagli errori di Beppe Grillo. Sta, poi, rinascendo una sinistra alternativa al Pd. E, soprattutto, sta prendendo piede non il partito dei sindaci, ma un grande movimento civico imperniato sui sindaci. Non è un caso che il candidato a sindaco di Agrigento, Lillo Firetto, sul quale né il Pd, né Forza Italia è riuscito a mettere il 'cappello', si richiama proprio ai movimenti civici. Nessuno, in Sicilia, vuole più andare con il Pd e con Forza Italia.
Ancora. Se si dovesse sciogliere anticipatamente il Parlamento siciliano il Pd dovrebbe fare i conti con un’eventuale candidatura alla guida dell’Isola da parte di Leoluca Orlando, sindaco di Palermo e presidente dell’Anci Sicilia, l’Associazione nazionale dei comuni italiani. Un personaggio, Orlando, che il Pd vede come il fumo negli occhi. Un uomo che, una volta eletto alla presidenza della Regione, metterebbe subito in fuori gioco il Partito democratico.
Dunque, se il Pd di Renzi, come sembra, dovesse sbarazzarsi di Crocetta, dovrebbe bloccare le elezioni regionali, cioè sospendere la democrazia per almeno un anno, forse per due anni, per cercare di recuperare consenso. Ma si troverebbe di fronte la rabbia dei siciliani e, soprattutto, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che per sfortuna di Renzi è siciliano ed è, soprattutto, una persona corretta. E anche un giurista che conosce molto bene sia il diritto parlamentare (materia che ha insegnato all’Università di Palermo), sia lo Statuto siciliano.
I siciliani, infine. E qui Renzi e il Pd rischiano di impantanarsi. I 2 miliardi di euro che il governo Renzi – come già ricordato – non vuole più dare alla Sicilia provocherebbero un terremoto sociale oltre che finanziario. La questione, lo ribadiamo, non tocca solo 50 mila persone. Se facciamo due conti, possiamo affermare che il bilancio di ‘cassa’ della Regione, sulla carta, è di circa 18 miliardi all’anno. Parliamo, lo ripetiamo, della ‘cassa’, cioè dei soldi che la Regione immette ogni anno nel sistema-Sicilia.
Ebbene, di questi 18 miliardi, 9 miliardi volano via per la spesa corrente regionale (per lo più stipendi) e altri 9 miliardi dovrebbero andarsene per la sanità. Nel caso della sanità usiamo il condizionale perché, da qualche anno a questa parte, la Regione ha utilizzato una parte di questi 9 miliardi per pagare altre spese. A nostro modesto avviso, già dai conti della sanità siciliana manca all’appello più di un miliardo di euro. E questo nonostante gli incredibili tagli ai servizi sanitari della Sicilia operati dal 2009 ad oggi. Ciò significa che, già da quest’anno, ci potranno essere serissimi problemi di gestione finanziaria delle Aziende sanitarie e delle Aziende ospedaliere dell'Isola e altri problemi legati a un’ulteriore riduzione dei servizi sanitari (in tutto questo si debbono erogare i 94 milioni di euro all’Ismett di Pittsburg: una clientela siculo-massonica-americana che la Sicilia non si può più permettere, ma che somiglia tanto a qualcosa alla quale non si può dire di no…).
Che cosa vogliamo dire? Semplice: che i due miliardi che il governo Renzi non vuole più restituire alla Sicilia non potranno essere presi da una sanità siciliana già dissanguata. Bisognerà incidere sulla spesa corrente ‘altra’. Cioè sugli stipendi di precari, forestali, dipendenti pubblici. Qui, lo ribadiamo, siamo ben oltre 50 mila persone. Per consentire a Renzi di non restituire questi 2 miliardi si profila una macelleria sociale senza precedenti. E non è detto che le campagne di disinformazione riusciranno a nascondere la verità. E la verità è che il governo Crocetta – o i commissari che prenderanno il suo posto – dovranno tagliere soldi ai pensionati, licenziare migliaia di persone (e non solo non pagarle!) e ridurre gli stipendi a migliaia di dipendenti pubblici, prorpio come hanno fatto in Grecia. Nessuno dice che la situazione che il governo Renzi, il Pd e Crocetta hanno creato in Sicilia è più grave di quella greca. Chissà perché.