Alle 17.45 arriva il meritato riposo: il Louvre chiude, gli inquilini smettono di stare in posa per i visitatori e ognuno finalmente fa quello a cui allude in tutte le su fibre di marmo o di colore. La Mona Lisa, che pensavi sorridesse solo a te, va a trovare un po’ tutti; l’accattivante Venere di Milo dalla postura accogliente probabilmente se la fa con Cesare Augusto; la dea Hator e il faraone Seti si baciano appassionatamente; nella Cour de Merly, che prende il nome dall’indomito cavallo di Guillaume Coustou, si scatena il finimondo tra dei, gladiatori, satiri e baccanti, ma irrompono dalla vicina corte i Tori alati di Khorsabad e i loro quattro metri di altezza atterriscono un po’ tutti: finalmente si fa silenzio.

La Venere di Milo
Entra Hammurabi, il re giusto di Babilonia, e legge il codice delle leggi consegnategli dal dio del sole Shamash: nessuno che abbia subito ingiustamente un torto resterà impunito, promette. Allora la Nike di Samotracia spicca il volo, vittoriosa. Ma il mondo non è ancora in pace perché il bacio di Amore non rianima Psiche, l’anima immortale: l’estasi divina rimarrà una chimera fino a che lo sguardo inconsolabile della Madonna del Veneziano non smetterà di rammentarti le tue colpe.
Gesù ha trasformato l’acqua in vino alle nozze di Cana e i convitati, ormai paghi, festeggiano senza prestargli più attenzione. E la questione morale è ancora sulle tavole di questa Pasqua 2015. Tutti continuano a riempirsene la bocca, ma è intangibile, perché è immateriale e invisibile.
Parigi a ogni passo offre variopinti macaron, ma non si vive di macaron e, per assonanza fontetica, c’è il rischio di diventare dei macachi. Il pianeta delle scimmie? Non proprio, perché ci sono sempre dei draghi che risorgono: purtroppo le scimmie non sanno di essere scimmie e continuano a trastullarsi mentre stanno per finire in quelle fauci infuocate.

I tori di Khorsabad
La moralità non abita più la terra e anche Parigi non è più Parigi. Hemingway scrisse che chi nella sua giovinezza ha vissuto a Parigi si porta dietro una festa mobile. E davvero è una sensazione di pienezza che ti riempie il cuore, anche quando nella vita attraversi momenti difficili e non hai di che gioire. Ritornare a Parigi è sempre stato per me un ricaricarsi. La sua bellezza è cultura vivente che ho costantemente riscontrato ad ogni singolo passo, perfino nella sorprendente creatività degli artisti, degli stilisti. Scomparsi: gallerie d’arte con opere déjà vu, banali, idee moda inesistenti. E Parigi, che era imitata da tutti, non ha più niente da dare. La fanno da padrone i grandi marchi: i draghi delle multinazionali stanno divorando tutto.
I giovani d’Occidente non sono, non saranno mai stati giovani. Per mancanza di creatività e di coraggio: non sognano e non rischiano, non hanno anima di artisti o d’imprenditori. I ragazzi vanno a Londra, la city della finanza, sperando di diventare ricchi e famosi. Per creare è necessario immergere le mani nella terra, ma nessuno è disposto a farlo più, salvo poi sporcarsi l’anima. Ancora una volta Parigi ci indica quello che sta avvenendo e pensa di addolcirci la vita con un dessert. Noi italiani, sempre capaci di sviluppare le idee francesi e fare meglio, ci stiamo per presentare all’Expo di Milano con l’eccellenza del nostro cibo. Siamo diventati una tavola vivente: dal Pranzo di Babette alla Gran Abbuffata. Ma la vita non è un film. Si vive di cibo, ma il cibo deve essere un mezzo di sano nutrimento non un fine esistenziale. Si fa filosofia sul cibo, sul vino perché è troppo difficile fare filosofia di vita. Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza…
Per sopire i morsi della fame ci sono le squisite torte salate della piccola The Smiths Bakery in rue de Buci. Il sabato i parigini pranzano bistecca e patatine a Le Relais de l’Entrecote in rue St. Benoit e a cena fanno una scorpacciata di cozze al ristorante belga Leon in boulevard Saint-Germain. Invece per soddisfare il gusto si può scegliere tra una sofisticata cena vietnamita a la Muraille de Jade in rue de l’Ancienne Comédie o la sempre leggendaria Brasserie Lipp in Saint Germain. Gli eleganti camerieri richiedono decoro nel vestire: in pantaloncini corti non vi faranno entrare e senza giacca forse non troverete posto…

Macaron di Lauderée
Avevo nostalgia del tè Mariage Frères e la prima cosa che ho fatto, arrivata a Parigi, è stato andare a prendere il tè alla violetta con torta di cioccolato nello storico negozio a Le Marais. Ho fatto incetta di tutti i miei tè preferiti. L’indomani mi sono fiondata da Laudurée a Saint Germain: una fiorita sala da tè che offre un pessimo tè e gli storici macaron, più belli che sublimi. Ma resta la vetrina di dolci più sfarzosa e attraente al mondo. L’ultima novità sono i macaron vestiti da Emilio Pucci. Ho dovuto consolarmi andando ad assaggiare i macaron di Pierre Hermé, arditi negli abbinamenti e meno zuccherosi. A questo punto mi sono tolta la voglia di questi dolcetti ma anche il mito che conservavo: un po’ come quando rivedi un ex fidanzato dopo molti anni… Sono così passata alle boutique di cioccolato, quella di Alain Ducasse ha un’immagine attraente, eppure sono stata più attratta da una vetrina della Librairie Historique Clavreuil, in rue Saint-André-des-Arts: libri di fine ‘800 a 10 euro. Ho messo a fuoco “Le livre de mon ami” di Anatole France, di cui “La rivolta degli angeli” è stato per me un libro formativo, e “Amori et Dolori sacrum. La mort de Venise” di Maurice Barrès. Lungo la Senna poi ho trovato per 5 euro un testo nuovo, sigillato nel cellophane: “La suite du roman de Merlin”, la continuazione di “Merlino” in prosa attribuito a Robert de Boron. Il cibo per l’anima è molto più economico di un tè con due pasticcini e pure di abiti e borse vintage, orrendamente polverosi e in cattivo stato. Strepitosa in rue Jacob la Librairie Alain Brieux di scienze, tecniche e medicina con antichi apparecchi di ortopedia, ginecologia e ortodonzia in vetrina. Vende stampe originali prese da libri. Nella stessa via c’è Gien, un negozio di porcellane della Loira con gnomi, fate e dinosauri per adulti con l’anima del bambino: mi sarei subito seduta a tavola a mangiare storie incantevoli. E incantevoli, sempre nella rive gauche, l’Hotel Duc de Saint-Simon, l’Hotel de Buci e il Relais Christine, quest’ultimo con una sala da pranzo medievale.

La Madonna del Veneziano
Anche il Louvre sorge nel Medioevo come fortezza di difesa dagli inglesi e ora si può passeggiare nei suoi sotterranei lungo le imponenti mura di quello che doveva essere un magnifico castello con torri circolari, guglie e mura merlate, come mostra il bel plastico. Nel ‘300 Filippo il Bello vi depose il tesoro reale: considerato che era al verde, doveva essere quello rubato ai templari. Oggi il Louvre conserva molte opere sottratte al nostro Paese, alla Grecia e al vicino Oriente, ma riesce ad attrare più visitatori l’anno di tutti i musei italiani messi insieme, perché sa valorizzare con un accorto marketing le opere, come sta facendo con la promozione del restauro della Nike di Samotracia. Qualcosa abbiamo ancora da imparare dai francesi. Anche nella cattedrale di Notre Dame, dove c’è una bella mostra dello sviluppo della costruzione della chiesa nei secoli, ogni angolo è valorizzato; così ho potuto notare la frase che conforta il mio pensiero, incisa ai piedi della statua dell’arcivescovo Denise Auguste Affre, morto durante la rivoluzione del 1848 per difendere il suo gregge: “Puisse mon sang etre le dernier verse!” Possa il mio sangue essere l’ultimo verso.
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