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March 10, 2015
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March 10, 2015
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“Clintongate”: Da che pulpito viene la predica…

Marcello CristobyMarcello Cristo
Time: 4 mins read

Quella appena conclusasi é stata una pessima settimana per Hillary Clinton.

L'ex first lady é finita sotto accusa per aver utilizzato indirizzi email personali piuttosto che quelli ufficiali del Dipartimento di Stato durante il periodo in cui é stata Ministro degli Esteri nell'amministrazione Obama.

Il motivo di tanto pubblico sdegno per l'uso di un indirizzo email personale é che il mancato utilizzo di quello ufficiale sottrae al pubblico scrutinio tutti quei messaggi che la Clinton e il suo staff possono decidere di mantenere riservati contravvenendo così al protocollo e lasciando il sospetto che il suo ufficio avesse qualcosa da nascondere.

Ma i guai per la presunta candidata democratica alle elezioni presidenziali del 2016 non sono finiti qui. In aggiunta a questa polemica sugli email infatti, Hillary si é ritrovata in un'altra situazione imbarazzante perché la Clinton Foundation, l'organizzazione filantropica gestita dalla sua famiglia, ha accettato milioni di dollari in donazioni dai governi di svariati paesi tra i quali figurano anche molti stati arabi. La controversia in questo caso consiste nel fatto che Hillary Clinton si é sempre presentata come la paladina dei diritti delle donne e il fatto che la fondazione di famiglia abbia ricevuto questi contributi da paesi come l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e, più di recente, dall'Algeria, rappresenta sia un clamoroso conflitto di interessi rispetto agli obiettivi della Fondazione, sia un caso di conclamata ipocrisia dal momento che la maggior parte di questi paesi hanno alle spalle una storia culturale profondamente misogina e patriarcale in cui le donne continuano ad essere considerate cittadini di seconda classe.

Inutile dire che, quella che per Hillary é stata una "settimana terribile", é stata considerata invece come una manna dal cielo per il Partito Repubblicano e per alcuni dei suoi candidati, reali e presunti, alle elezioni presidenziali del 2016 che non aspettavano di meglio per metter in cattiva luce la possibile rivale. Dall'ex Amministratrice Delegata di Hewlett Packard Carly Fiorina al Republican National Committee, l'intero movimento conservatore non ha perso l'occasione per evidenziare la presunta ipocrisia della ex First Lady.

Non c'é dubbio che queste generose donazioni elargite alla Clinton Foundation rappresentano un serio problema etico per la candidatura di Hillary nel 2016 per l'apparente contraddizione tra gli obiettivi dichiarati della fondazione stessa e le pratiche in uso in molti di questi paesi.

Ma é un problema ancora più serio se si tiene conto del potenziale conflitto di interessi tra un candidato alla presidenza degli Stati Uniti e le enormi somme di danaro elargite da questi governi stranieri ad un'istituzione collegata alla sua famiglia.

Bill Clinton ha lasciato la Casa Bianca nel 2001 e, a poca distanza di tempo, la moglie Hillary si é candidata al Senato come rappresentante dello stato di New York, una carica che, da più parti, é stata vista come il necessario preludio politico alla sua candidatura presidenziale nel 2008. Dopo il fallimento del primo tentativo e l'elezione di Barack Obama, Hillary Clinton é diventata Segretario di Stato (Ministro degli Esteri) un incarico che ha consolidato ulteriormente le sue credenziali per la nuova candidatura che si preannuncia per il 2016.

Con una situazione di questo genere, é comprensibile che un'organizzazione come la Clinton Foundation proietti un'immagine che lascia aperta la porta ad illazioni. Specificamente alla possibilità che governi e potentati stranieri, attraverso ingenti donazioni fatte col pretesto di iniziative filantropiche, possano in realtà aver acquistato "influenza ed accesso" non solo ad un ex-presidente americano ma, potenzialmente, ad uno futuro. Una situazione ambigua che non depone a favore dell'immagine dei Clinton e della loro organizzazione.

D'altra parte tuttavia, anche lo sdegno accusatorio proveniente dall'opposizione repubblicana é, in un certo qual modo, risibile. Se nell'accettare contributi finanziari per la Clinton Foundation da paesi con una storia di discriminazione verso le donne Hillary ha peccato di ipocrisia, é anche vero che il GOP e l'intero movimento conservatore americano non possono certo ergersi a paladini del gentil sesso.

Dal record di iniziative legislative contro l'aborto attuate negli stati controllati da esecutivi di destra alle proposte per sonogrammi vaginali obbligatori per le donne che scelgano di terminare la gravidanza, all'opposizione su base religiosa ai metodi contraccettivi, le prese di posizione ideologiche e legislative del Partito Repubblicano, sulla scala dell'ipocrisia politica, rendono l'indignazione del GOP paragonabile se non peggiore di quella percepita nelle azioni della Clinton Foundation.

Ma c'é di più. Accettare contributi dall'estero, seppure nominalmente allo scopo di finanziare iniziative benefiche, spinge i Clinton in un territorio eticamente ambiguo visto il potenziale futuro politico di Hillary e i repubblicani hanno perfettamente ragione ad insorgere.

Ma, allo stesso tempo, per quale motivo l'influenza politica sui rappresentanti del popolo americano comprata a suon di milioni dai ricchi e potenti del pianeta é scandalosa solo quando proviene dall'estero? Perché questa stessa ingerenza ed influenza del potere economico sull'attività legislativa non suscita altrettanto scalpore da parte dei repubblicani quando proviene dalle lobby economiche locali che hanno ormai in tasca la democrazia americana? Se l'attività legislativa deve avvenire, quanto più possibile, nell'interesse della collettività che differenza fa se i milioni che stravolgono e falsano il processo democratico provengono o meno dall'estero? Sembra strano, in altre parole, che questa sdegnata protesta nei confronti di una politica asservita al potere economico provenga dallo stesso partito che ci ha regalato Citizen United.

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Marcello Cristo

Marcello Cristo

Sono nato e cresciuto a Napoli dove, nella tradizione magno-greca della mia città, mi sono laureato in Filosofia. Vivo negli Stati Uniti con la mia famiglia da oltre vent'anni facendo la spola tra New York e la California. Dall’America, ho iniziato a collaborare con pubblicazioni italiane come Il Giornale di Indro Montanelli e La Gazzetta dello Sport di Candido Cannavò e poi con il quotidiano in lingua italiana degli Stati Uniti America Oggi per il quale ho lavorato come editor, opinionista e corrispondente dalla California. Nei ritagli di tempo, sto tentando disperatamente di insegnare ai miei figli il napoletano.

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