Ci ha pensato nei giorni scorsi Francesco Erspamer, e con indubbia efficacia, a invocare in Italia il ritorno di una sinistra che sia sinistra; d’una sinistra vera e propria nell’animo, nel linguaggio, nel comportamento. Ma ora si viene a sapere che, secondo un sondaggio il cui esito è stato diffuso ore fa, “due italiani su tre”, come si legge su la Repubblica di martedì scorso, “ritengono inutile” una formazione politica a sinistra del Partito Democratico, il PD.
Ma allora, con chi abbiamo a che fare, care lettrici, cari lettori? Abbiamo a che fare con un movimento d’opinione degno di questo nome o, invece, abbiamo a che fare con una moltitudine di cittadini i quali non hanno ben presenti i loro sacrosanti interessi? Abbiamo a che fare con italiani i quali non capiscono che cosa serve e che cosa non serve a un Paese; i quali accettano qualsiasi manovra politico-affaristica che impoverisce una Nazione già messa in ginocchio sul piano industriale, economico, sociale – e ‘anche’ idro-geologico, si pensi a Genova, Carrara, Parma, l’Alessandrino. Abbiamo a che fare con italiani affetti da una sconcertante forma di masochismo sociale, politico, economico. Pensare che una vera sinistra non serva, è, sìssignori, masochismo; è miopìa. E’ impreparazione. E’ ignoranza. E’ sintomo di un pericolosissimo vuoto che rende l’intera società italiana paurosamente vulnerabile. La società italiana dopo oltre vent’anni di giochi e giochetti a tutto favore di politici di carriera, di affaristi di varie provenienze, di scaltri, dialettici illusionisti, è già vulnerabile come mai lo era stata. Ora è una società resa ormai amorfa. Resa amorfa dalla rassegnazione, da una distorta visione del successo personale, del successo economico; dalla paura, dalla paura di rischiare, perfino dalla paura d’avanzare legittime rivendicazioni; immobile dinanzi ai continui sperperi di denaro pubblico, dinanzi all’esercizio dei soliti giochi politici tipo quello, recentissimo, di una rottura fra Renzi e Berlusconi con tanto di abbraccio alla Nuova Destra (Alfano) a opera del Pd, o meglio, a opera della maggioranza del Pd, se davvero di maggioranza si tratta maggioranza o se, invece, ci troviamo alle prese con una minoranza che strepita più delle correnti a essa antagonista. Oramai non c’è nulla, o quasi più nulla, di limpido, di nitido. Esempio: a una raffica di affermazioni segue una raffica di smentite. Quello che si è detto è vero, c’è tanto di registrazione materiale, eppure la susseguente, spudorata smentita trova credito, trova credito anche fra cittadini che proprio sprovveduti non sono.
Prendiamo l’ormai famoso Patto del Nazareno che sarebbe stato siglato lo scorso gennaio da Renzi e Berlusconi nell’ottica, così si diceva e si dice, delle riforme istituzionali da attuare in Italia. Ora il Movimento 5 Stelle chiede alla Procura della Repubblica che s’indaghi sul contenuto del patto romano fra il Presidente del Consiglio e il leader di Forza Italia. Nella ciclopica confusione creata in questi mesi da segreterie di partito, portaborse, giannizzeri vari, e da una stampa a nostro avviso sempre meno chiara, sempre più conformista e dallo stile di scrittura pesante, indigesto; ecco, nella confusione generale si finisce per perdere di vista gli obiettivi, per nutrire addirittura dubbi su ciò che abbiamo visto e sentito – e abbiamo sentito, abbiamo visto, sissignori.
Non ci sarebbe allora bisogno d’una sinistra? L’Italia può permettersi il lusso di fare a meno della Sinistra? Tutto procede talmente bene che il bisogno d’una sinistra proprio non si pone? Ma che Paese felice, l’Italia! Che Paese ricco, popolato di genti soddisfatte, spensierate… La produttività tocca vette da 1959; il Turismo sfama, alloggia, veste come si deve metà del popolo italiano, scuole e ospedali funzionano a meraviglia… E chi li vuole i “compagni”?
C’è, eccome, il disperato bisogno d’una sinistra. Ma che sia una sinistra autentica; che dia il benservito ai vestiti a festa che ci hanno messi in ginocchio e da vent’anni lucrano in modo cospicuo e scandaloso. Che prenda le difese del nuovo proletariato italiano su cui le tv non indirizzano affatto i riflettori, e che esso stesso trascina nella rassegnazione la propria esistenza. Che vada molto meno in tv e molto di più in piazza. Che non venga a parlarci di “inevitabilità storiche”: nella Storia, nel divenire dei popoli, non c’è nulla d’inevitabile.
Inevitabile il supermercato? E chi l’ha detto?!
Inevitabile l’alluvione di prodotti cinesi (anche cancerogeni) in tutto il mondo? Neanche per idea.
Il concetto di “inevitabilità” crea un germe micidiale: il rinunciatarismo.