Il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini (anche lui, come il suo capo, un ex democristiano e un ex Margherita) ha esultato per i risultati delle comunali: “Abbiamo stravinto le europee e abbiamo stravinto anche le amministrative”, ha dichiarato.
Peccato che alle europee il Pd abbia conquistato meno di un quarto del corpo elettorale e che alle Comunali la percentuale sia stata ancora più bassa (al secondo turno non ha votato neppure il 50% degli aventi diritto, una percentuale da democrazia formale e senza partecipazione, come quella americana).
Chiamare questo un trionfo è da politico di destra: perché la destra, esplicitamente, fa gli interessi di una minoranza (quella dei migliori secondo loro, quella dei privilegiati secondo me) e la sua politica consiste nel far ottenere a quella minoranza, in qualunque modo, una maggioranza in grado di governare.
La sinistra ha un handicap strutturale: quello di non potersi accontentare di conquistare la maggioranza dei seggi. Deve anche fare gli interessi della maggioranza della popolazione, di una vasta maggioranza, quello che un tempo si chiamava popolo (e c’è ancora, anche se nominarlo non è di moda). Fare gli interessi di un popolo significa anche capirlo, condividerne ed esprimerne le aspirazioni. Vincere malgrado l’ostilità o l’indifferenza del 75% della gente può capitare e magari è meglio che perdere: ma non c’è nulla di cui gioire. C’è da preoccuparsi, invece, e da domandarsi dove si sia sbagliato. Se si è di sinistra. Ma Renzi e Guerini non lo sono mai stati e proprio non gli interessa diventarlo.
Probabilmente non sanno neanche cosa significhi. Vedono la politica come un aspetto del libero mercato: se c'è domanda, c'è offerta. Invece la gente ha altre preoccupazioni, altre priorità, altro da fare: la gente è distratta e stupida. Lo è sempre stata. Platone notava che la politica la fanno solo i privilegiati perché gli altri non ne hanno il tempo: e a lui andava bene perché era un elitista e un antidemocratico. La sinistra storica, ossia i movimenti socialisti, si sono ribellati proprio a questa esclusione dei deboli e degli emarginati: che infatti negava pregiudizialmente il voto alle donne perché irrazionali, ai nullatenenti perché falliti e agli analfabeti perché ignoranti.
Democrazia non significa affatto dare a chi ha coscienza e coraggio la possibilità di affermare la propria posizione: democrazia significa dare voce anche a chi non ha coscienza e non ha coraggio. Sta alla politica suscitare interesse e partecipazione: se non c'è, la colpa è dei politici e degli intellettuali. E siccome alla destra conviene che la gente non voti, la colpa è dei politici e intellettuali di sinistra. Ovviamente chi non vota non è senza colpa e di certo, poi, non dovrebbe lamentarsi della situazione determinata dalla sua superficialità (e invece sono i primi che si lamentano): però occorre distinguere fra le piccole responsabilità della gente ordinaria e le enormi responsabilità di chi sta intenzionalmente costruendo un sistema che allontana la gente dalla politica attiva.