Ho voluto scrivere questo post perché conservo un forte legame col concetto di Unione Europea. È a Bruxelles che ho mosso i primi passi di attività professionale. Me ne ha dato spunto il bell’articolo di Irene Tinagli, oggi deputata di SC. Con Irene (e con altri amici che oggi sono al governo) abbiamo condiviso un bel percorso nell’associazione iMille che oggi organizza un utilissimo seminario su questo tema a Montecitorio, dal titolo Noi Euro. Cento studenti liceali e universitari da tutta Italia incontreranno leader politici e legislatori, giornalisti ed economisti, tutti cresciuti nell’era Erasmus, per discutere di Europa.
Siamo infatti all’ottava elezione europea dal 1979, e il dibattito elettorale, come dice Irene, è dominato come mai prima dalla retorica dell'anti – "anti europa, anti euro, anti unione, anti tutto" – e da urlatori da “pugni sul tavolo”. La crisi economica ha decimato la popolarità delle istituzioni europee e il concetto stesso di Europa unita. Se il PIL crescesse come il populismo, staccheremmo la Cina di molte lunghezze. Il grosso si concentra sul malvagio euro (a onor del vero, anche i pro euro – e io fra questi – hanno hanno usato toni che lo descrivevano in termini taumaturgici).
Quando ero a Yale e studiavo crisi valutarie, difendevo strenuamente il progetto (insieme con amici europei) contro le critiche della maggior parte degli altri studenti non europei, sostenendo che non ne capissero il valore politico. Purtroppo le critiche americane che noi rigettavamo come “interessate” avevano valore: l’impalcatura dell’UME è stata realizzata monca e con uno shock asimmetrico (gergo da economisti) siamo stati sull’orlo del crollo. Perché, fra le altre cose, non abbiamo un tesoro, un bilancio e un debito sovrano paneuropeo. E gli stati membri conservano ancora un potere d’iniziativa legislativa enorme rispetto al parlamento. Abbiamo pensato che dopo l’economia, come sempre era successo in passato, la “politica” sarebbe seguita. In un modo un po’ perverso, questa crisi è quasi parte del disegno originale perché essa avrebbe forzato una maggiore coesione politica – con tanto di corpo elettorale davvero paneuropeo aggiungo.
Detto questo, e nonostante i molti errori fatti nella gestione della crisi, incluse le responsabilità della Germania per la sua ortodossia paradossale (il paese del capitalismo sociale di mercato impone una politica monetaria e fiscale ortodossissima mentre il paese del capitalismo liberista, gli USA, applica un’imponente e neokeynesissima espansione monetaria e fiscale), le colpe che si addossano all’euro sono in buona parte una proiezione di problemi creati in casa nostra. Contro le urla dei populisti alla Grillo & Co. Inc. (Inc. perché di una corporation si tratta), dove sono i pro Europa? La loro voce serve più forte e chiara.
Renzi fa bene a dire che siamo in una lotta fra speranza e rabbia. La rabbia non produce mai nulla di buono e l’idea stessa di Europa unita nasce proprio dalla negazione della rabbia di due guerre mondiali e dalla speranza di un futuro pacifico. Uscire dall’euro è legittimo, ma è un salto nel buio spaventoso!
Ciò che serve più di tutto è un grande esercizio di memoria e slancio emotivo. Gli americani ci hanno sempre “accusato” di non avere un vero mito fondativo. Ma noi ce l’abbiamo: la risposta alle due più grandi tragedie della storia umana. Non mi sembra poco. La memoria è un esercizio che facciamo pochissimo, anche per il nostro risorgimento. Le giovani generazioni devono sapere brutalmente cosa sono state le due guerre mondiali, covate e nate tutte in Europa, con dentro l’olocausto e le bombe atomiche. E che 60 anni fa, dove oggi siede il parlamento europeo, al non-confine fra Francia e Germania le colpe che si addossano all’euro sono in buona parte una proiezione di problemi creati in casa nostra le colpe che si addossano all’euro sono in buona parte una proiezione di problemi creati in casa nostra – se provate ad attraversarlo non ve ne rendete minimamente conto – sono morti milioni, sì, milioni di persone. Cercate su Wikipedia Battaglia di Verdun e ne riparliamo. Basta solo questo a farci capire quanto l’Europa sia importante e quando sessant’anni di pace siano ancora un’inezia di fronte a mille di guerre.
Cominciamo quindi dalle scuole elementari in su a raccontare l’Europa in maniera accattivante, con forme di ricordo costante e continuo. Recitare il Pledge of Allegiance settimanalmente nelle scuole pubbliche degli Stati Uniti (cosa che noi “scafati” europei prendiamo spesso in giro) serve proprio a questo. Ecco troviamo il nostro pledge of allegiance.
PS
Da non perdere quindi: Noi Euro, Martedì 6 Maggio, Sala delle Colonne di Via Poli 19, a Roma, dalle 12 alle 14: “Un’occasione per liberare i propri dubbi, per chiedere, informarsi, dialogare”.
*Gianluca Galletto lavora come economic e business consultant a New York, ed è impegnato politicamente nel PD.