La Russia e la Cina hanno bloccato giovedì scorso con il loro veto una risoluzione della Siria presentata dalla Gran Bretagna al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Mosca e Pechino hanno silurato cosí un documento sponsorizzato dai paesi occidentali in cui, nell’estendere la missione degli osservatori dell’ONU in Siria, si invocava il "Chapter VII", il capitolo sette della carta delle Nazioni Unite, che avrebbe aperto cioè la possibilitá di minacciare sanzioni contro il regime di Assad nel caso di mancato rispetto del piano dell’inviato speciale Kofi Annan e, teoricamente, avrebbe autorizzato anche un eventuale intervento armato.
Questa é la terza volta che Russia e Cina impongono il loro veto al Consiglio di Sicurezza da quando é iniziata la rivolta contro il regime siriano di Assad. Un veto "deplorevole", secondo gli Stati Uniti, che con l’ambasciatrice Susan Rice, visibilmente contrariata dall’atteggiamento cino-russo, ha anche fatto capire che Washington é a questo punto contraria al l’estensione della missione degli osservatori Onu “senza la necessaria copertura che la risoluzione avrebbe offerto”.
Russia e Cina hanno posto il veto, ma la loro decisione non é stata una sorpresa, durante le intense trattative dei giorni precedenti, infatti, dalle dichiarazioni dei diplomatici mai avevamo avuto dubbi su come sarebbe andata a finire.
Russia e Cina hanno motivato il loro veto accusando la risoluzione Britannica appoggiata dai paesi occidentali di essere "squilibrata" tutta da una parte, cioé sarebbe risultata nell’imposizione di sanzioni contro il governo di Damasco senza fare lo stesso sui ribelli nel caso di una loro violazione del piano Annan.
E a pensarla in maniera simile alle due potenze che hanno posto il loro veto, sono stati anche il Pakistan e il Sud Africa, che invece di votare a favore come tutti gli altri membri non permamenti del Consiglio, si sono astenuti motivando il loro voto con le stesse ragioni poste dai cinesi e russi: la risoluzione era troppo squilibrata a favore dei ribelli e contro il regime di Assad.
L’inviato speciale dell’ONU per la Siria Kofi Annan si é detto "deluso" dalla mancanza di unità del Consiglio di Sicurezza che in questa fase "critica non si è unito per intraprendere l’azione forte e Annan aveva sperato fino all’ultimo, quando mercoledì aveva chiesto di rinviare il voto sperando che qualche ora in piú avrebbe fatto trovare la via per un compromesso tra occidentali da una parte, e russi e cinesi dall’altra.
Allo stake out dei giornalisti, quando gli ambasciatori sono usciti per spiegare le motivazioni del loro voto, i visi suoi volti dei diplomatici erano tesissimi come quello dell’ambasciatore russo Vitaly Churkin che ha insistito su come il passaggio di quella risoluzione appena respinta avrebbe potuto aprire la porta a un intervento militare e che per lo piú quella di GB, Usa e Francia era una mossa sbilanciata unilateralmente, perché secondo Mosca minacciava sanzioni solo nei confronti del governo siriano e non dell’opposizione.
Le stesse parole poi sono state usate dall’ambasciatore cinese Li Baodong, che ha chiamato il documento presentato dalla Gran Bretagna "sbilanciato" e che avrebbe potuto aggravare ulteriormente la situazione, anche se il diplomatico cinese ha evitato i toni di frustrazione messi in mostra dal collega russo. Infatti, quando un giornalista arabo ha chiesto a Churkin quali fossero i piani occidentali in questo momento in Siria, l’ambasciatore russo non ha resistito e ha risposto così: “Sono tentato dal rispondere con quella battuta che si sentí durante una campagna elettorale nelle presidenziali degli Stati Uniti di qualche anno fa: it’s the economy, stupid! Bene, é ovvio anche qui, é l’Iran stupid! Tutto ha a che fare con l’Iran e i sommovimenti geopolitici che ci sono stati dopo l’invasione occidentale dell’Iraq e le conseguenze inaspettate di quell’invasione. Infatti quello che avviene in Siria é il tentativo delle potenze occidentali di controbilanciare l’Iran, ma il popolo siriano adesso ne soffre le conseguenze e subisce questi giochi geopolitici. Gli occidentali dicono di voler cercare di proteggere i siriani ma cosí stanno facendo solo un gioco ipocrita”.
Parole dure quelle dell’ambasciatore russo. Invece gli ambasciatori occidentali di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania hanno replicato condannando il veto imposto da Russia e Cina che, secondo loro, affosserebbe del tutto ogni speranza di far continuare il tentativo del Piano di pace di Annan.
“Questa è la terza volta che Russia e Cina hanno impedito al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di portare a termine il proprio lavoro”, ha esordito l’ambasciatrice americana Susan Rice. “Questo veto è ancora più deplorevole dei primi due”, ha detto la Rice, ribadendo che la risoluzione avrebbe dato il necessario sostegno al lavoro dell’inviato speciale Annan e a un piano di transizione. “E’ una vergogna che ciò non possa succedere”, ha continuato ancora l’inviata all’ONU di Obama, sottolineando che oggi le Nazioni Unite hanno perso un’altra opportunità per lavorare insieme. “E’ un altro giorno buio. Quante altre persone devono morire prima che Russia e Cina smettano di proteggere Assad?”, ha affermato ancora Rice con un tono di voce sempre piú accusatorio. Poi ha aggiunto che “gli Stati Uniti intensificheranno ancora il proprio lavoro con gli altri attori al di fuori del Consiglio di Sicurezza”.
Alla Rice i giornalisti hanno pure chiesto riguardo al pericolo delle armi chimiche, e cioé come reagirebbero gli Usa se Assad dovesse usarle contro la popolazione civile. Rice, che aveva accennato nel suo discorso al Consiglio di Sicurezza al pericolo per tutti i paesi delle armi chimiche siriane se finissero nelle mani sbagliate, si é limitata a ribadire che il governo di Damasco ha la responsabilitá di mantenere in sicurezza queste armi.
Proprio giovedì un ampio servizio apparso sul New York Times si era concentrato su come gli Stati Uniti si starebbero preparando ai piani di emergenza per il crollo del regime in Siria concentrandosi proprio sulle armi chimiche in possesso di Damasco, armi che Assad potrebbe cercare di usare contro l’opposizione e il suo popolo.
Secondo quanto riportato dal New York Times, contatti sarebbero stati avviati fra il Pentagono e il ministero della Difesa israeliano sulla possibilità che Israele si muova per distruggere le armi in possesso di Damasco. Anche perché la
preoccupazione principale è che queste armi possano sfuggire al controllo del regime e finire nelle mani di terroristi vicini ad Al Qaeda.