Il tempo volava quando si chiacchierava con Carlo Donati di Simenon o di programmi televisivi, di Tom Wolfe o di giornali fatti bene e fatti male. Carlo se n’è andato a ottant’anni, al termine di un lungo e doloroso tramonto.
È stato lo storico capo delle pagine culturali de Il Resto del Carlino, il quotidiano di Bologna, un giornale di provincia che Giovanni Spadolini portò nell’Olimpo della stampa italiana. Carlo ne era una punta di diamante. Colto, elegante, curioso, ironico, impeccabile nella scrittura e nei rapporti con le persone, con i colleghi, con gli scrittori affermati, con tante debuttanti promesse del giornalismo e della scrittura. Fu lui a scoprire o a valorizzare giovani autori come Pier Vittorio Tondelli e Pino Cacucci.
Non parlava molto, non pontificava, sapeva scherzare ma preferiva quel suo stile British alla caciara e alle goliardate di redazione. Per tanti di noi il suo lavoro era una costante lezione di giornalismo, di intransigente onestà, di maniacale precisione. Lezione preziosa. Marco Leonelli, che fu a lungo suo direttore, considerava Carlo un talento raro. “Dirigo il Resto del Carlino – diceva spesso – perché Donati non ne ha mai avuto voglia”.
Rileggerò il meraviglioso libro che Carlo ci ha lasciato, Strada nove, pubblicato due anni fa da Affinità Elettive – Cattedrale Editori. È un intenso viaggio lungo la via Emilia, una sorta di Route 66 italiana che va da Rimini a Piacenza. Vi si intrecciano storia e cronaca, personaggi celebri o stravaganti, situazioni a volte paradossali raccontate con la vena del buon giornalismo e della buona letteratura. È uno splendido ritratto emiliano e romagnolo, elogiato dalla grande stampa nazionale. Il Corriere della Sera, il più importante quotidiano italiano, gli dedicò due pagine intere di recensione. È un capolavoro, secondo me.
Sembrava che a Carlo avesse fatto un gran bene la pubblicazione di quel libro, frutto di un appassionato e puntiglioso lavoro ventennale. La moglie Alessandra ne era felice. Ma quella verve, quel sorriso sornione e quella ritrovata energia sono durate poco. La malattia che da anni lo logorava se l’è portato via.
Chi ha avuto la fortuna di lavorare con lui, o di leggere quei due volumi che ci ha lasciato come una preziosa eredità, non dimenticherà Carlo Donati.