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Pegasus, il Grande Fratello che anche governi nell’UE usano per spiare i giornalisti

Si allarga lo scandalo di spyware fornito da una azienda israeliana per monitorare comunicazioni e spostamenti dei cellulari. L'Ungheria di Orban tra gli implicati

Sonia TurrinibySonia Turrini
Pegasus, il Grande Fratello che anche governi nell’UE usano per spiare i giornalisti
Time: 4 mins read

L’organizzazione non profit Forbidden Stories, insieme ad Amnesty International, ha avuto accesso ad un enorme leak: una lista di oltre 50,000 nomi e numeri di cellulare che, si pensa, sono stati oggetto di sorveglianza dal 2016 ad oggi facendo uso di uno strumento di hackeraggio prodotto dalla compagnia privata israeliana NSO. Lo spyware si chiama Pegasus, e attorno a questa notizia si sono radunate 16 organizzazioni media internazionali, tra cui The Guardian  e Washington Post, che lavorano insieme alle indagini.

La lista di nomi include giornalisti, attivisti, avvocati di tutto il mondo, diventati oggetto dell’attenzione di governi autoritari che, incapaci di produrre da soli un software in grado di infettare ed hackerare i cellulari dei loro obiettivi, avrebbero acquistato il prodotto dal Gruppo NSO. Pegasus è un malware che colpisce iPhone e Android e permette di estrarre da ogni cellulare fotografie, email, contatti, messaggi (anche quelli criptati di Telegram o Whatsapp), permette di utilizzare il microfono per registrare conversazioni, nonché di tabulare le telefonate. Permette anche, tramite GPS, di registrare ogni movimento e di disporre in tempo reale della posizione precisa del device. Pegasus utilizza una tecnologia chiamata “zero-click” per infettare un telefono, cioè può infiltrarne il sistema senza che l’utente faccia nulla, senza cliccare su nessun link dubbio o aprire nessuna email sospetta.

Per accertare che la lista di nomi fosse effettivamente quello che si pensa è stata fatta una analisi forense su un piccolo campione di telefoni, che conferma che oltre la metà sono infettati da Pegasus.

NSO ha specificato che il programma nasce solo per tracciare criminali e terroristi, tuttavia nella lista dei target non si trovano solo fuorilegge, ma anche oltre 180 reporter e direttori di giornale, dal Wall Street Journal a El País, dal New York Times a Le Monde, passando per Al Jazeera, France 24, l’Associated Press, the Economist e Reuters. Uno dei presenti sulla lista è il giornalista freelance messicano Cecilio Pineda Birto, tracciato da un cliente messicano di NSO nelle settimane prima della sua morte, avvenuta in un autolavaggio per mano di killer che ne conoscevano la posizione. Altri nomi di target saranno rivelati nei prossimi giorni: si tratta di leader religiosi, accademici, presidenti e primi ministri, CEO di aziende.

NSO nega in uno statement  le accuse sulle attività dei suoi clienti, dicendo che “continuerà ad investigare tutti i casi di uso improprio e prenderà misure appropriate”, ma la lista di 50mila nomi sarebbe “esagerata”.

I governi identificati come clienti di NSO per ora sono 10: Bahrain, Kazakhstan, Mexico, Azerbaijan, Marocco, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Rwanda, India e un membro dell’Unione Europea, l’Ungheria. I numeri tracciati da ognuno di questi governi non si trovano solo entro i propri confini, coinvolgendo 45 paesi e 4 diversi continenti (1000 numeri sono europei). Tutti questi governi sembrano impegnati nello spionaggio di attivisti pro-democrazia, opponenti politici e giornalisti che si occupano di corruzione. Per esempio, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti avrebbero utilizzato Pegasus per tracciare i contatti stretti del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, assassinato in Turchia, nei mesi successivi alla sua morte, nonché per controllare il procuratore turco che investigava sull’omicidio.

Viktor Orban (flickr)

Anche Viktor Orbàn, leader dell’Ungheria, unico paese occidentale per ora identificato tra i clienti di NSO, sembra aver utilizzato lo strumento nella sua battaglia contro i media, sebbene in suo governo, così come quello di India, Marocco e Rwanda abbiano già negato di utilizzare Pegasus. Gli altri sei paesi non hanno ancora commentato.

Oltre a reali criminali o sospetti tali, la lista degli obiettivi del governo ungherese include almeno 10 avvocati, un politico di opposizione e almeno 5 giornalisti, inclusi due reporter che lavorano per Direkt36, una delle 16 testate che collaborano al Pegasus Project. Non solo: risulta sorvegliato anche uno studente belga-canadese, Adrien Beauduin, iscritto ad un dottorato alla Central European University, fondata da George Soros. Lo studente è stato arrestato nel 2018 a Budapest a una protesta, ed accusato di aver aggredito un poliziotto.

Secondo Szabolcs Panyi, reporter ungherese molto noto e finito sulla lista dei target di Orbàn, il governo crede che i giornalisti indipendenti siano parte di una grande cospirazione. Dal 2010, quando Orban è diventato primo ministro, l’Ungheria è passata dal 23esimo al 92esimo posto, a livello mondiale, per libertà di stampa (dati del World Press Freedom Index). “Penso ci sia una diffusa paranoia, e leggono nelle nostre ragioni e nella nostra rete molto più di quello che c’è realmente”, ha detto Panyi, che è stato accusato dal portavoce di Orbàn di “Orbanfobia” e “ungherofobia”.

L’Ungheria ha una delle legislazioni più elastiche e meno chiare d’Europa in materia di sorveglianza di civili, tuttavia Orbàn non ha mai utilizzato violenza fisica contro i giornalisti. La scoperta di queste pratiche di sorveglianza sarebbe la dimostrazione che il primo ministro non si limiti a esercitare pressione ai proprietari di testate, ritirando fondi pubblici e prendendo posizioni aggressive nei confronti dei suoi critici.

Nonostante il governo neghi, un ex dipendente di NSO ha confermato che l’Ungheria sia cliente della compagnia e utilizzi Pegasus dal 2017, dopo una visita dell’ex primo ministro Netanyahu in Ungheria. NSO, ancora una volta, nega le accuse di essere diretta dal governo israeliano. Un portavoce ungherese ha commentato le accuse di utilizzare Pegasus per sorvegliare civili esprimendo fastidio: “Avete fatto le stesse domande ai governi di USA, UK, Germania o Francia? E se sì, quanto gli ci è voluto per rispondere e cosa hanno detto?”.

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Sonia Turrini

Sonia Turrini

Sono laureata in psicologia, attualmente impegnata in un PhD in Neuroscienze a Bologna. Sono cresciuta con la cultura americana nell’aria, l’Herald Tribune in salotto, i libri dei grandi presidenti sulle mensole di casa, e Bruce Springsteen nelle orecchie. Non ho memoria di quando ancora non conoscevo Streets of Philadelphia, perché ero troppo piccola per ricordare. E pensavo parlasse di formaggio. Ho visitato gli Stati Uniti la prima volta, ancora ragazzina, nell’estate 2008, e ho passeggiato con la mia spilletta Yes We Can appuntata sullo zaino. Seguo con passione la politica americana da anni, e oggi ne scrivo sperando di portarci il valore aggiunto della mia formazione scientifica: le opinioni sono sempre ben accette, ma solo sulla base di fatti oggettivi, dimostrati e condivisi.

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