Ci sono pareti che trasudano arte e amore. Emozioni che resistono al tempo, al dolore, alla morte. 285 Lafayette street. Due isolati oltre la Broadway, fermata Prince Street. Lì c’è un palazzo che nasce come fabbrica di caramelle a fine ‘800 e che viene convertito in condominio oltre cento anni dopo. E, al settimo piano, parte della storia di una delle leggende della musica, David Bowie. Cinque anni dopo la sua morte l’alloggio, quasi 500 metri quadri, è stato messo in vendita.
Il New York Post spiega che ad occuparsene è stata una delle più importanti agenzie immobiliari della città, Corcoran. E che l’appartamento, ancora intriso di memoria, è passato di mano in un solo mese per 16 milioni e 800 mila dollari. Nel 1999 Bowie l’aveva acquistato per poco meno di 4 milioni. Ci sono tre terrazze con vista su SoHo, un salone, una biblioteca, quattro camere da letto, l’ascensore privato. E ci sono, impalpabili, i ricordi. Quelli che David Bowie ha condiviso in quella casa con la moglie Iman dal momento in cui hanno lasciato un appartamento a Central Park, all’Essex House, anche questo venduto quest’anno, sempre da Corcoran.
Si sentiva newyorkese Bowie, a Manhattan ha vissuto buona parte della sua vita. La città, che lo ha amato a dismisura, gli consentiva di trasformarsi in un anonimo qualunque, di confondersi tra la gente. Di vivere oltre il palco. Ne sentiva il bisogno, sognava la normalità. Lo ha raccontato a cinque anni dalla morte la sua Iman in una recente intervista a Marie Claire. La modella ha ripercorso il momento in cui si sono conosciuti, in una sorta di un appuntamento al buio: un amico comune aveva compreso che entrambi faticavano a trovare un amore importante, erano troppo famosi e la fama non consentiva loro quei momenti di privacy di cui avevano bisogno, come l’aria. Iman racconta di una relazione tradizionale e di come la vita a New York, dunque anche a Lafayette Street, consentiva alla coppia di andare a prendere la loro figlia Lexi a scuola, di spostarsi a piedi ovunque.
Dopo la morte di Bowie, o Ziggy se preferite, quella via è diventata meta di molti suoi fan. Un po’ come è avvenuto con John Lennon e con il Dakota building, il palazzo affacciato su Central Park in cui ha vissuto a lungo con la moglie Yoko Ono e davanti il quale è stato ucciso da un folle.
L’indirizzo di Bowie, diventato di dominio pubblico, ha trasformato privacy e silenzio in scatti da selfie. La pandemia ha fatto il resto. Iman ha scelto di vivere la sua solitudine altrove, in una casa di campagna, al Nord. La vendita degli appartamenti di Manhattan non rappresentano, però, un taglio con il passato, con la memoria. La musica di David Bowie è ovunque ed è come se Iman sentisse l’artista ancora vivo, al suo fianco, in una relazione che si è spostata verso una differente dimensione.
L’amore resta, vola oltre le pareti che a lungo lo hanno contenuto. Passa attraverso suoni, colori, ricordi. E ce ne sono alcuni concreti, che spuntano proprio in questi giorni, insieme alla notizia del ritrovamento di 52 foto inedite dell’artista. Le aveva scattate Vernon Dewhurst nel 1969 per la copertina del suo secondo album. Si, perchè 52 anni fa veniva pubblicato Space Oddity e di quella sessione sono stati recuperati i negativi originali. Così, se pensavate di aver visto tutto dell’artista a Brooklyn, nella meravigliosa mostra del 2018 “Bowie is”, sappiate che non si escludono sorprese, nonostante tutto. Di lui ci sono tracce ovunque, e non soltanto in Lafayette Street, dove, in ogni caso, permane la memoria.
L’anonimo acquirente dell’appartamento del settimo piano, ha infatti acquistato qualcosa di immateriale insieme alle pareti. La vista dalle terrazze, le strade, sono le stesse su cui posava lo sguardo la star, quelle in cui pensava, osservava, creava. Ed anche se oggi Dean & De Luca, dove Bowie andava spesso a fare la spesa, non esiste più, e il vicino Washington Square Park che amava sta vivendo un periodo difficile, è proprio in quei luoghi che galleggiano ancora le sensazioni, le ispirazioni le emozioni vissute dal Duca Bianco. I luoghi in cui è stato una leggenda sì, ma soprattutto un uomo.