Il Dipartimento di Giustizia americano ha avuto accesso a tabulati telefonici ed e-mail di giornalisti al fine di identificare e perseguire fonti interne al governo responsabili di “soffiate” alla stampa. È quello che emerge da alcune indagini del Dipartimento stesso, rese note dall’amministrazione Biden e dai giornalisti presi di mira.
Tutto è nato negli ultimi mesi del mandato Trump. Il governo ha tentato di ottenere accesso alle e-mail di quattro giornalisti del New York Times per scoprire le loro fonti interne. Utilizzando citazioni in giudizio segrete e chiamando in causa la stessa Google, provider dei servizi del NYT, il Dipartimento di Giustizia si è visto negare gli accessi al registro delle e-mail da parte della multinazionale. La scorsa settimana, il Dipartimento di Giustizia ha fatto sapere che nel 2020 il governo aveva sequestrato tabulati e comunicazioni di giornalisti del New York Times, Washington Post e Cnn. Le informazioni richieste dal Dipartimento risalivano al 2017, quando il gabinetto Trump era alla ricerca delle fonti interne che stavano intessendo rapporti con la stampa sul caso Russiagate.
A gettare ombre su quanto accaduto è stato il coinvolgimento dell’amministrazione Biden in quello che è stato definito un vero e proprio attacco alla stampa. Commentando il sequestro dei tabulati telefonici di giornalisti Cnn risalente al 2017, Joe Biden ha definito il comportamento del Dipartimento di Giustizia “veramente, veramente sbagliato” continuando, “non permetterò più che succeda”. Venerdì 4 giugno, però, la corte federale ha annullato un ordine di non divulgazione imposto lo scorso 3 marzo ad alcuni giornalisti del New York Times. I giornalisti coinvolti erano obbligati a non divulgare le investigazioni segrete condotte dal Dipartimento di Giustizia sulle e-mail di alcuni colleghi, dopo l’arrivo di una notifica da parte del dipartimento stesso. Una prova che pesa come un macigno e dimostra come le ingerenze dell’apparato governativo sul giornalismo americano siano andate avanti anche dopo l’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca.

Una citazione in giudizio è arrivata anche alle scrivanie di USA Today lo scorso aprile. Dopo la pubblicazione di un articolo su uno scontro a fuoco fra due agenti dell’FBI ed un sospettato di pedopornografia, il Dipartimento di Giustizia ha chiesto la lista degli indirizzi IP e dei dispositivi mobile dei lettori, adducendo vaghi motivi. Sabato scorso il procuratore federale ha annullato la citazione in giudizio.
Sugli ultimi sviluppi, l’amministrazione Biden è stata alle volte contraddittoria. Dopo le dure affermazioni del Presidente, la sua portavoce Jen Psaki ha fatto sapere che verrà modificato il regolamento del Dipartimento di Giustizia seguendo il modello Holder, ministro sotto Obama. Peccato che nel 2013 il Dipartimento ottenne numerose registrazioni e tabulati di giornalisti di Associated Press, sempre nel tentativo di smascherare gli informatori interni.

Nel fine settimana, dopo le rivelazioni di investigazioni ancora in corso nei primi mesi del mandato Biden, Jen Psaki è tornata a parlare dell’argomento. “In linea con l’indipendenza del Dipartimento di Giustizia su specifici procedimenti penali, nessuno alla Casa Bianca era a conoscenza dell’ordine di non divulgazione [contro il NYT]”. Psaki ha poi continuato, “la redazione di citazioni in giudizio per ottenere i dati dei giornalisti coinvolti nelle investigazioni su leak interni non è coerente con le politiche del Presidente”. Anthony Coley, portavoce del Dipartimento, ha annunciato che i giornalisti non verranno più coinvolti in investigazioni del genere. “Il Dipartimento apprezza fortemente la stampa libera, proteggendo i valori del Primo Emendamento e promettendo di prendere ogni provvedimento utile ad assicurare l’indipendenza dei giornalisti”, ha chiosato.
L’amministrazione Biden promette riforme in merito, ma nessuno può garantire che in futuro altri dati in possesso di giornalisti possano essere requisiti. Intanto è scontro fra coloro che credono nella totale indipendenza della stampa e quelli che invece vorrebbero una caccia alle “gole profonde” per evitare la fuoriuscita di informazioni sensibili per la sicurezza nazionale. Sul Washington Post, Fred Ryan ha definito il comportamento del Dipartimento di Giustizia sotto Trump e Biden come “una seria minaccia“ contro una stampa che da sempre lotta per smascherare gli errori del governo e dei più potenti.