Il 25 aprile per me è Festa importante, una di quelle date che non voglio cancellare. È la libertà. È la fine del lungo, drammatico tunnel in cui l’Italia si era infilata con il fascismo. È un giorno di festa: il giorno in cui sfoglio grato e dolente le pagine di un libro prezioso, le “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana”. Quei messaggi ultimi ed estremi di eroi che hanno dato la vita per la nostra libertà. È il giorno in cui risfoglio le “Memorie di un fuoriuscito”, di Gaetano Salvemini, e “L’elogio della galera” di Ernesto Rossi. Il giorno in cui rileggo “L’antimonio”, il lungo, tormentato, racconto di Leonardo Sciascia, ambientato nei giorni della guerra civile in Spagna: quel minatore siciliano che in preda alla miseria si arruola volontario tra le truppe franchiste e conosce il vero, brutale, spietato volto del fascismo al di là della retorica ufficiale e delle menzogne del regime. È la giornata dove guardo e rifletto sui due documenti per me più importanti e preziosi, privato del quale non ci penserei due volte a lasciare il paese per un “altrove” che invece me li garantisca: la tessera elettorale che mi consente di votare chi mandare in Parlamento e nelle altre assemblee elettive; e il passaporto, che mi consente di viaggiare se ho il denaro per pagarmi il soggiorno nella meta scelta.
Questo è il mio 25 aprile: una giornata fatta di gratitudine per le migliaia di persone che hanno lottato, sono state perseguitate, hanno perso la vita, sono state costrette a uccidere e fare violenza, per garantirmi una briciola di libertà e di democrazia. È la giornata di un rinnovato impegno con me stesso e con i tanti “me stesso” perché il sacrificio di quei tanti non sia del tutto vanificato e dimenticato; perché ogni giorno deve essere un 25 aprile e una Liberazione; ogni giorno occorre non smarrire la consapevolezza che il fascismo è qualcosa sempre pronto a risorgere, e azzannarci quando e dove meno lo si aspetta.
Qualcosa come la “peste” di Albert Camus: non è mai del tutto debellata; occorre vigilare e vegliare, può sempre tornare e colpire. In uno degli ultimi libri di Sciascia, “Il cavaliere e la morte”, una riflessione che vale per ogni tempo, e più che mai per l’oggi: il dialogo tra il protagonista, il commissario che Sciascia chiama “Vice” e un funzionario dei servizi segreti: “Si può sospettare, dunque, che esista una segreta carta costituzionale che al primo articolo reciti: la sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza del cittadino”. “Di tutti i cittadini, in effetti: anche di quelli che, spargendo insicurezze, si credono sicuri…”. Attualissimo, come si vede.
Quanto alla Voce di New York, che dire? Parla da sola, basta scorrere l’ormai più che corposo suo indice. È un luogo di libertà e di persone libere. Un’oasi rara, dove sgorga acqua pura in un deserto di conformismo e di luogo comune interessato. Non conosco e non ho conosciuto molti altri luoghi dove si respira una così frizzante e balsamica aria di libertà, di possibilità di confronto e riflessione. Un miracolo editoriale di cui legittimamente puoi essere fiero e orgoglioso, caro Stefano; tu e i tuoi collaboratori.

Ecco, questo avrei detto se fossi capace di utilizzare come tanti di voi il computer e le sue tante potenzialità nella bell’iniziativa che avete organizzato su Facebook. Chiuderei con “Viva il 25 aprile! Viva la “Voce”!, non temessi di sembrare retorico. Anzi, sapete che vi dico? Non me ne importa nulla se posso risultare retorico, lo dico lo stesso: “Viva il 25 aprile! Viva la “Voce!”. Un abbraccio a tutti voi