Segnate questa data: 22 febbraio 2021. Dopo 357 anni il più antico quotidiano d’Italia, la Gazzetta di Mantova, non sarà più stampato nella sua città ma a Milano. Nel freddo linguaggio del verbale di accordo tra la Gedi Printing (società che fa capo alla famiglia Agnelli) e i sindacati dei poligrafici, si tratta dell’inevitabile conseguenza del “piano di riorganizzazione aziendale in presenza di crisi”.

Per i venti dipendenti del centro stampa di Valdaro che chiuderà i battenti si apre la prospettiva di prepensionamenti, trasferimenti, cassa integrazione o dimissioni.
Fino a qualche anno fa nel moderno stabilimento con tre rotative all’alba uscivano Gazzetta di Mantova, Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio, Nuova Ferrara, Provincia Pavese, Libertà di Piacenza, Alto Adige, Trentino, Repubblica e i suoi inserti.

Poi la vendita di alcune testate ha tolto la materia prima al centro che è stato sacrificato per salvarne altri, seguendo logiche discutibili.

Cala così il sipario su una storia iniziata nel 1664 nella bottega dei fratelli Osanna in piazza Erbe per volontà dei Gonzaga che, primi in Italia, sentirono il bisogno di far circolare notizie anche se solo per pochi eletti. Ed è altresì doveroso citare la cooperativa Citem, nata nel dopoguerra per rilanciare il quotidiano dopo il fascismo. Tempi durissimi conditi da sogni e sacrifici tra piombo fuso e macchinari di seconda mano. Direttore nel 1946 Vittorio Emanuele Chesi, poi corrispondente della Rai da Londra, suo vice Piero Dallamano, poi a Paese Sera.
Un altro anno di svolta fu il 1981 quando la Citem, ormai allo stremo delle finanze, decise di trattare con la Mondadori grazie alle origini mantovane di Arnoldo, nato a Poggio Rusco. Nacque così la società Elga: maggioranza al colosso di Segrate, quote minori alla Citem e a Rino Bulbarelli, il suo presidente. Una rivoluzione anche dal punto di vista industriale: in pensione le linotype, via libera ai primi computer in tipografia e soprattutto addio al formato a nove colonne per un moderno tabloid, accolto con vibrate proteste ma che poi si affermò arrivando a vendere 36 mila copie.

Il passaggio al Gruppo Espresso sancì il potenziamento del centro stampa, con investimenti di milioni di euro ora destinati al macero, che diventò un punto di riferimento in Italia e all’estero. La recente vendita alla Gedi ha portato ai risultati appena descritti.
Resta in chi ha lavorato in Gazzetta, dove in segreteria c’era una cesta con gli oggetti ritrovati perché il punto di riferimento dei cittadini era il giornale prima della polizia municipale, l’orgoglio di aver fatto parte di un’avventura straordinaria. Come quella che raccontava il vicedirettore Carlo Accorsi: “Una notte la rotativa esalò l’ultimo respiro e allora caricai le lastre delle pagine sulla Fiat 1100 e partii per Verona, direzione il centro stampa dell’Arena che ci aveva offerto assistenza. Peccato che l’Autobrennero non fosse stata inaugurata, ma imboccai comunque la corsia nord e raggiunsi la città scaligera spingendo al massimo sull’acceleratore. Il giorno dopo la Gazzetta era regolarmente in edicola”. E lui la sfogliò soddisfatto, davanti a un caffè e a una sigaretta, in buona compagnia.