Quelle del Papa, nel messaggio inviato in occasione della 55ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, sono parole giuste. Giuste, sì, ma decontestualizzate.
“Cari fratelli e sorelle, per poter raccontare la verità della vita che si fa storia, è necessario uscire dalla comoda presunzione del ‘già saputo’ e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà. Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a venire e vedere, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web”.

Il mestiere del giornalista, infatti, parte proprio da qui. Dall’esperienza sul campo. Lo sanno bene tutti quei Direttori, e il nostro Stefano Vaccara in primis, che spesso suggeriscono ai redattori “vai in strada a raccogliere informazioni, ascolta le opinioni della gente”. È proprio camminando, viaggiando e facendo centinaia di domande che le notizie prendono forma e le storie escono dal loro cono d’ombra. Non di certo dando fede ai palazzi del potere, compreso il Vaticano stesso, dove spesso le verità scomode vengono coperte o camuffate. E il compito dei giornalisti diventa così quello di far luce, sperando nel frattempo di essere protetti dalla legge.
Viviamo però tempi difficili, situazioni inedite che ormai da un anno si sono trasformate in quotidianità. Muoversi è sempre più complicato, per non parlare degli incontri. Tutte quelle interviste che una volta si sarebbero fatte faccia a faccia, oggi sono relegate ad un immediato “vediamoci su Zoom”. Meglio di nulla, certo, ma ovviamente qualche dettaglio si perde.
“La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni – prosegue Bergoglio – davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più consumare le suole delle scarpe, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni”.

Il Santo Padre ha ragione, ma di nuovo lo spettro della pandemia e le limitazioni alle quali tutti siamo sottoposti si mettono in mezzo tra le parole ben pronunciate da un alto terrazzo vaticano e la complessa realtà di tutti i giorni. Inoltre, mandare un giornalista sul campo costa e ancor di più inviarlo a seguire eventi lontani. Per fare in modo che questo accada e il giornalismo continui con la sua funzione etica di guardiano della democrazia, dovrebbe essere supportato con maggiore energia. Non di certo con fondi concessi a pioggia a tutti i giornali, ma con criteri che favoriscano i giornali che cercano di svelare la verità nonostante gli ostacoli del palazzo.
In ogni caso, Francesco i giornalisti li ringrazia e lo fa perché “è con il coraggio e l’impegno di tanti di loro se oggi conosciamo la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo, se molti soprusi contro i poveri sono state denunciate, se tante guerre dimenticate sono state raccontate”. Ma ricorda anche che “c’è il rischio di raccontare la pandemia, e così ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco. Pensiamo alla questione dei vaccini: chi ci racconterà l’attesa di guarigione nei villaggi più poveri dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa? Così le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto”.
Su questo si potrebbe discutere. Quanti servizi e quanti articoli sono stati pubblicati sulle vicende di quelle famiglie costrette a chiedere alla Caritas un pasto caldo anche durante le feste di Natale? Persone che, fino all’anno scorso, percepivano uno stipendio e potevano permettersi un pranzo spensierato, oggi passano ore in fila per ricevere, con gli occhi bassi, le provviste necessarie ad andare avanti. Difficile accusare l’informazione, sul tema dei nuclei familiari improvvisamente diventati poveri, perché l’attenzione è stata data e le prove sono evidenti.

Il Papa chiude poi con una riflessione sul web.
“La tecnologia digitale ci dà la possibilità di un’informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile, ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili e questa consapevolezza spinge a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere”.
Nulla di più vero.