Negli Stati Uniti di Donald Trump vi è ormai sempre la stessa guerra: quella contro i giornalisti, da lui chiamati “nemici del popolo” e creatori di fake news. Il Presidente americano ha, sin dall’inizio della sua carriera politica, utilizzato l’aiuto di alcuni media per negare ciò di cui altri media lo accusavano, come per esempio Fox News, che diffonde solo le notizie che lo favoriscono. Il risultato? Una spietata lotta nel mondo giornalistico, battaglia che ha visto alcuni reporter essere arrestati ingiustamente, o addirittura minacciati di morte. Sembra fantascienza, ma anche negli USA la libertà di stampa appare oggi in pericolo.
Per questo, l’autorevole ONG Reporters Without Borders, ossia i Giornalisti senza Frontiere, ha lanciato una petizione per difendere la libertà di parola e di stampa negli Stati Uniti di Donald Trump, affermando che l’attuale situazione minaccia seriamente il Primo emendamento della Costituzione. Reporter Senza Frontiere (RSF) ha quindi lanciato il “#PressFreedomPact”, una campagna che chiede a coloro che si candidano alle elezioni di novembre di impegnarsi pubblicamente a sostenere i principi della libertà di stampa.
In vista delle elezioni americane del 3 novembre, RSF chiede ai candidati alla presidenza e al Congresso del 2020 di firmare il #PressFreedomPact, il cui testo recita: “Mi impegno a sostenere i principi del Primo Emendamento nelle mie parole e azioni, nella mia politica interna e internazionale e nel mio governo, a proteggere il ruolo vitale della libera stampa nella democrazia americana e a dare l’esempio nel sostenere i valori democratici in tutto il mondo.”
Gli Stati Uniti sono stati a lungo considerati un paladino della libertà di stampa, con il Primo Emendamento della Costituzione statunitense, da sempre considerato un modello di protezione per gli operatori dell’informazione a cui aspirano altre nazioni democratiche. L’importanza della libertà di stampa è stata sancita nelle fondamenta stesse della democrazia statunitense e oggi gli Stati Uniti continuano a mantenere un forte panorama mediatico, sostenuto dal lavoro di giornalisti altamente qualificati.
Eppure il clima di libertà di stampa negli Stati Uniti ha oscillato negli ultimi tempi, più recentemente a causa di attacchi verbali e fisici contro giornalisti in prima linea, che si occupano di scrivere della situazione domestica americana. La scorsa settimana, per esempio, due giornalisti che coprivano le manifestazioni elettorali del presidente Trump sono stati molestati per aver svolto il loro lavoro. Durante una manifestazione a Ocala, in Florida, il giornalista di ABC News Will Steakin è stato violentemente minacciato con queste parole: “ABC News … ti meriti una pallottola in testa, amico. Ne ho una.” Domenica, fuori Newport Beach, in California, un uomo ha pedinato per diversi minuti una giornalista del L.A. Times, urlando: “Notizie false! “, mentre incoraggiava altri a molestarla.
Quello che è successo a Ocala e Newport Beach non sono incidenti isolati. Il pubblico nazionale ha visto, già in passato durante le proteste del Black Lives Matter la polizia arrestare giornalisti in diretta televisiva, quando gli agenti federali hanno sparato proiettili di gomma direttamente contro le telecamere e i contro-manifestanti hanno assalito i membri della stampa, tutti chiari tentativi di impedire ai giornalisti di documentare la storia.
Negli ultimi anni, infatti, gli Stati Uniti non sono più stati ai vertici dei difensori della libertà di stampa: sono sprofondati al 45esimo posto su 180 paesi nell’indice mondiale della libertà di stampa 2020 di RSF. Questa mancanza di leadership degli USA, secondo RSF, ha compromesso la sicurezza dei giornalisti anche nel resto nel mondo, portando alla riduzione dello spazio in cui i media indipendenti possono operare.