Lunedì mattina, la Cina ha deciso l’arresto di Jimmy Lai, famoso editore di giornali d’opposizione a Hong Kong, in nome della legge sulla Sicurezza Nazionale. A poco più di un mese dalla sua entrata in vigore, il 30 giugno, la legge sulla Sicurezza Nazionale prende di mira senza alcun freno la libertà di espressione, dimostrando che la linea adottata sulla questione di Hong Kong è quella dura.
Jimmy Lai, messo in manette lunedì 10 agosto, è proprietario di due giornali indipendenti, Apple Daily e Next Magazine.
Gli arresti non si fermano a lui. Lunedì le autorità cinesi hanno arrestato anche i suoi due figli e altri quattro membri dello staff del giornale.
Apertamente schierato con il campo democratico, i suoi giornali hanno dato voce al dissenso contro la governatrice filo-cinese Carrie Lam e la politica aggressiva di Pechino.
I suoi orientamenti così vicini al movimento di protesta di Hong Kong non sono stati tollerati. I media statali cinesi hanno descritto il signor Lai come un “sostenitore della rivolta” e le sue pubblicazioni colpevoli di aver “istigato l’odio, diffuso voci e diffamato le autorità di Hong Kong e il continente per anni”.
I reati sono sovversione, terrorismo e secessione. Le accuse sono pesantissime, punibili con il carcere a vita, e infatti le autorità di Hong Kong hanno fatto sapere che i sette rischierebbero il massimo dell’ergastolo.
Jimmy Lai è stato incolpato anche di collusione straniera, in quanto, secondo le accuse, lo scorso anno, avrebbe viaggiato negli USA per incontrare il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence e il segretario di Stato Mike Pompeo a Washington.
Ma Lai se lo aspettava. Dopo l’entrata in vigore della legge sulla Sicurezza Nazionale, si era detto convinto che le autorità avrebbero “perseguitato i miei giornalisti”; si era comunque rifiutato di lasciare la città e aveva dichiarato: “Se necessario andrò in prigione… Sarà l’occasione giusta per leggere tutti quei libri che non ho mai avuto il tempo di leggere”.
“Lai non era altro che un patriota che voleva cose buone per il popolo di Hong Kong”, ha detto lunedì il Segretario di Stato americano Mike Pompeo, che ha criticato la Cina per l’arresto del magnate. Ha inoltre affermato che sarà improbabile che Pechino cambi la sua posizione.
La Cina ha imposto anche sanzioni ad un gruppo di 11 americani, inclusi legislatori e dirigenti di ONG americane, come rappresaglia per le sanzioni statunitensi contro un gruppo di funzionari di Hong Kong e della Cina continentale. Tra i sanzionati ci sarebbero i senatori Marco Rubio e Ted Cruz. Le tensioni Cina-USA sono dunque in aumento.
Cosa significa l’arresto di Jimmy Lai
Il governo di Pechino avrebbe voluto compiere un’azione simbolica in modo da avvertire tutto il movimento pro-democrazia.
Centinaia di poliziotti hanno fatto irruzione nella redazione di Apple Daily, e le immagini sono state trasmesse in diretta streaming, probabilmente proprio per intimorire gli altri oppositori della regione.
In base al diritto internazionale una stampa libera, indipendente e diversificata svolge un ruolo essenziale nella protezione del godimento di tutti i diritti umani, anche facilitando il diritto del pubblico di accesso alle informazioni e alle idee di ogni tipo.
I giornalisti sono diventati le prime vittime della legge approvata lo scorso 30 giugno, ma la polizia ha avvertito: ulteriori arresti potrebbero essere effettuati. L’arresto di Jimmy Lai dimostra come la Cina continentale ha intenzione di usare la legge sulla Sicurezza Nazionale per perseguire coloro che hanno opinioni politiche diverse.
Come era stato previsto, la nuova legge toglie valore agli individui e alle organizzazioni, mettendo a rischio la difesa dei diritti umani. Questo arresto mette in evidenza come il diritto ad un giusto processo non più è ovviamente garantito.
Le reazioni della comunità internazionale all’arresto
Lunedì l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha espresso profonda preoccupazione per l’arresto di Jimmy Lai e ha esortato le autorità a garantire che la legislazione non venga utilizzata in modo improprio.
Jeremy Laurence, portavoce dell’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato: “Ribadiamo le nostre richieste alle autorità di monitorare e rivedere il funzionamento della legge sulla sicurezza e di modificarla, se necessario, per garantire che non vi sia spazio per il suo uso improprio per limitare i diritti umani garantiti dal diritto internazionale e dalla Legge fondamentale di Hong Kong”.

Il direttore regionale Asia-Pacifico di Amnesty International, Nicholas Bequelin, ha dichiarato come l’arresto di Jimmy Lai è una preoccupante dimostrazione di come le autorità di Hong Kong intendono utilizzare la nuova legge sulla Sicurezza Nazionale per minacciare la libertà di stampa. “Penalizzare un media, un editore o un giornalista esclusivamente per essere critici nei confronti del governo o delle politiche che promuove è una restrizione del diritto alla libertà di espressione che non può mai essere giustificata”.
Anche l’Unione europea ha lanciato un appello per il rispetto dei diritti umani e della libertà d’espressione a Hong Kong.
“I recenti arresti di Jimmy Lai, dei membri della sua famiglia e altre persone, alimentano ulteriormente i timori sull’uso della legge di Sicurezza Nazionale per sopprimere la libertà d’espressione e di stampa a Hong Kong” ha detto il portavoce degli affari esteri della Commissione europea Peter Stano in un comunicato.
Una Cina indisturbata nello scenario mondiale
La Cina, che aveva già violato gli obblighi leali internazionali, alza il tiro, perché fin troppo certa di poter continuare ad agire indisturbata, restando impunita, forte dell’appoggio degli altri regimi autoritari come Russia, Venezuela e Iran. Sa anche di poter contare sull’immobilità dell’Unione Europea, la quale si limita a condanne morali.
All’interno del Consiglio di Sicurezza ONU, Cina e Russia votano unite contro i tutti gli altri membri e contro in particolare gli USA, come è successo lo scorso 29 luglio in occasione degli aiuti umanitari in Siria.
Al di là di quei pochi regimi autoritari, la Cina ormai si è giocata Regno Unito, Canada, India e Australia, che sono diventati ufficialmente paesi amici degli americani.
Il braccio di ferro riguarda la tecnologia, ma anche la ricerca sul vaccino di Covid19. Regno Unito e Australia hanno già detto no a Huawei; l’India ha bandito 59 app cinesi tra cui WeChat e TikTok, l’app tra i giovanissimi che ora è nel mirino dell’amministrazione Trump.