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July 23, 2020
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Trump cerca il caos per convincere che il suo “fascismo” è preferibile all'”anarchia”

Provocare i manifestanti con forze paramilitari inviate contro la volontà delle autorità locali, come a Portland e presto a Chicago, per restare alla Casa Bianca

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
The State of Denial: Trump, the Gop, and the Quiet Slide from Democracy

Trump-Mussolini (by Antonio Giambanco for VNY)

Time: 5 mins read

Donald Trump parla e twitta come un fascista e alla fine pianifica e agisce come un fascista. Quasi quattro anni fa, il giorno della inaugurazione della sua presidenza, avevamo ancora un punto interrogativo sul suo essere fascista dopo quel discorso dai toni mussoliniani. Oggi quel dubbio si è dissolto: alle parole Trump ha fatto seguire i fatti.

Sono convinto che Trump, ormai cosciente che se si votasse oggi sarebbe travolto da Joe Biden, stia cercando la provocazione per creare quelle condizioni da stato d’emergenza in cui, in un paese spaccato dalle violenze,  alla fine si preferisca mantenere lui al potere, cedendo al suo autoritarismo anticostituzionale, pur di evitare il male assoluto dell’ “anarchia” negli Stati Uniti d’America. 

A chi scrive appare chiarissimo: Trump vuole e cerca il caos, dividere il paese in uno scontro permanente, in modo da essere lui nelle condizioni ideali per agire, anche prima di novembre, quando ormai la disfatta elettorale sarebbe scontata, in nome del ristabilimento del “law and order”. Magari anche col rinvio o sospensione delle elezioni. Si tratterebbe della fine dello stato di diritto negli USA, già proprio così, della morte della democrazia americana. Vi sembra tutto così inverosimile?

Da alcune settimane agenti federali appartenenti ai corpi speciali che dovrebbero controllare e proteggere i confini, invece vengono impiegati nella città di Portland (Oregon) per “proteggere” edifici di proprietà federale che sarebbero messi in pericolo dai manifestanti del movimento “Black Lives Matter”. Ma invece di limitarsi alla protezione degli edifici se questi venissero attaccati, sono tante le testimonianze che raccontano di uomini in divisa senza distintivi di riconoscimento che, guidando dei van senza scritte di identificazione, minacciano fino a far sparire i manifestanti dalle strade di Portland. Dei veri e propri rapimenti, calpestando il First Amendment della Costituzione USA.

Un tweet di Trump in cui accusa dei disordini a Portland e in altre città i democratici e minaccia gli interventi federali contro l’anarchia.

Questi uomini armati e mascherati inviati dal governo federale, invece di dare più sicurezza alla città stanno esasperando le tensioni e ormai sembra proprio che sia stata questa la loro vera missione. Non sono solo i manifestanti del movimento “BLM”  a protestare contro la presenza di quelli che sono a tutti gli effetti soldati in assetto da combattimento: anche le autorità locali, come il sindaco democratico di Portland Ted Wheeler e la governatrice dell’Oregon Kate Brown, hanno rigettato questa presenza contestandone la legalità.

Sul social Instagram, un modo sarcastico di commentare l’azione autoritaria di Trump a Portland: “La Cina è uno stato totalitario e l’America è il paese più libero del mondo. Ora entra in quel fottuto furgone”

Questi agenti appartenenti al Border Patrol non indossano le loro divise ma si comportano da “soldati fantasmi”, e ci ricordano proprio quei militari inviati da Vladimir Putin in Crimea per strapparla all’Ucraina, che non indossavano infatti alcun riconoscimento che li potesse attribuire ad un determinato esercito che potesse mettere in difficoltà la Russia di fronte alla legge internazionale e alle Nazione Unite.

A fine giugno Trump ha firmato un ordine esecutivo per l’invio di squadre speciali in difesa di statue, monumenti e altre proprietà federali. Queste forze speciali sono quindi arrivate a Portland, ma invece di occuparsi della protezione dei monumenti sembra che il loro compito principale sia quello di intimorire fino a terrorizzare i manifestanti.

Sono circolati dei video a Portland sulle azioni di questi “soldati”, dei veri e propri rapimenti, con agenti che fermano  manifestanti per sbatterli dentro i furgoni, per poi magari rilasciarli dopo alcune ore, senza che ci fossero state delle accuse precise e formali per averli arrestati.

Le azioni di violenza contro i manifestanti sono aumentate col passare dei giorni. Si è arrivato al punto che quando un gruppo organizzato di madri dei manifestanti, per protesta alle azioni di questi “agenti speciali”,  si sono schierate davanti agli agenti quasi a “proteggere” i loro figli che protestavano, sono anche loro state caricate e disperse con i lacrimogeni.

Ora mentre aumentano le accuse contro Trump di usare sistemi autoritari e anti costituzionali contro il diritto degli americani di manifestare, il presidente in preda al ducismo raddoppia: già il 20 luglio, in un intervista, aveva minacciato di mandare “più agenti federali” a New York, Chicago, Filadelfia, Baltimora, Detroit, tutte città governate da democratici.

Mercoledì, la Casa Bianca è passata dalle parole ai fatti: con accanto il suo fidato e ormai complice Attorney General William Barr, Trump ha annunciato che manderà forze federali a Chicago e in altre città per contrastare la criminalità “fuori controllo”.

L’operazione a Chicago, sarebbe distinta da quella di Portland: gli agenti segreti federali non arrivano questa volta per “proteggere i monumenti”, ma per combattere contro il crimine senza più freni… Il problema è che gli Stati Uniti non sono l’Italia, dove il ministero della Difesa ha i carabinieri nelle città per rafforzare la polizia che non dipende dal sindaco ma dal ministero dell’interno. Qui negli USA le forze federali non vengono schierate nelle città, ciò avviene solo quando esiste una richiesta formale da parte delle autorità locali per casi eccezionali o in cui si deve restaurare l’ordine costituzionale violato. Ma in questo caso a violarla la costituzione è proprio Trump! Prima invia a Portland agenti federali a picchiare e rapire i manifestanti, ora manda a Chicago altre forze sotto il suo diretto comando senza che il sindaco o il governatore lo abbiano richiesto.

Donald Trump (by Antonio Giambanco/VNY).

Perché Trump fa tutto questo ormai così platealmente e senza più freni ? A chi scrive appare chiaro: sul coronavirus Trump ha capito di essere un fallimento totale, lui stesso prevede che andrà sempre peggio su quel fronte fino a novembre e quindi non potrebbe aver alcun aiuto per la rielezione. Ma invece mostrando i muscoli sulla “legge e l’ordine” per la “liberazione” delle città assaltate dagli “anarchici” e dai “criminali” lasciati a piede libero dai governi dei democratici, ecco che Trump ha trovato la storia adatta al suo rilancio elettorale e recuperare consensi.

E se tutto questo non gli dovesse bastare? E se poi alla fine Trump perdesse comunque a novembre perché lo svantaggio accumulato da Biden è ormai incolmabile? Ecco che avrebbe tutto pronto, avrebbe già svolto le prove generali per essere lui l’unico in grado di assicurare alle città d’America “Legge e ordine” per il caos che si creerebbe dopo il suo scontato rifiuto di accettare il risultato del voto per i “brogli dei democratici”…

ps: Come ci ha segnalato un lettore, postiamo qui sotto il video della dimostrante che nuda sfida a Portland i “soldati federali” inviati da Trump: vi ricorda forse qualcosa in Cina?

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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