È palese che qualsiasi forma di omofobia e razzismo possa essere direttamente collegata ad una ignoranza e misconoscenza della storia umana e sociale. Diventa preoccupante e inammissibile quando organi pubblici strumentalizzano la libertà di opinione e di stampa contravvenendo in modo plateale e di continuo ai principi della deontologia e con sprezzante menefreghismo arrivano a commettere reato di incitazione all’odio razziale.
Questo è quanto si evince, fin troppo spesso, dalle prime pagine di quotidiani nazionali italiani e non, di qualsiasi “bandiera politica” che per ragioni strategiche di incentivo alle vendite; adotta titoli violenti, sprezzanti e senza il minimo rigore di quanto siano fondamentali corrette forme di espressione che non covino o insinuino violenza e incitazione all’odio, razzismo e quanto di più “medievale” ci possa ancora da leggere nella stampa di fine ventennio duemila.
In tempi difficili come questi è in atto una grande trasformazione delle tecnologie della comunicazione che impone precise regole deontologiche tese dapprima a garantire l’assoluta veridicità di ciò che viene letto e quindi, a rigor di logica, escludere ogni forma di fraintendimento, pregiudizio e mediocrità che causano una distorta visione della realtà. La forza del buon giornalismo è quella di avere piena coscienza del filo sottile che intercorrere tra la libertà di opinione e la becera strumentalizzazione che convince stolti e falsi giornalisti ad approfittare di questa libertà per commettere aggressioni e tessere le fila di poteri che usano la carta stampata e il web per screditare ed abbattere qualsiasi tipo di avversario.
Il momento storico contemporaneo ci pone di fronte paradossi pericolosi dove forme di capitalismo hanno avviato e posto in essere una rieducazione sociale spacciata come forma di progresso tecnologico a cui, in breve tempo, ci si è assuefatti a nostra insaputa. Oggi una nuova forma di unità viene percepita e accettata nella condivisione di abitudini, scambio di commenti e stati d’animo mentre nella realtà il tutto è solo frutto di speculazione, “furto” della privacy e ostinata profilazione a livello globale per fini commerciali. Le violazioni dei criteri e delle regole di civiltà se traslate negli organi di informazione rappresentano un ulteriore pericolo di diseducazione sociale ed un inasprimento in un percorso involutivo che consente di compiere enormi passi indietro che non ci possiamo permettere.
Risulta quindi facile comprendere le ragioni per cui da anni si mette sempre in discussione l’utilità o meno dell’esistenza di un albo dei giornalisti. Carlo Verna presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, durante una trasmissione televisiva, alla domanda “Lei è presidente di un Ordine del quale da anni molti dicono che va chiuso, lei che ne pensa?” , rispose con fermezza e fierezza:
“In questa fase, pensare di chiudere l’unico soggetto che può verificare i comportamenti, che può dare delle regole e che può in qualche modo dare uno sguardo su quello che è il futuro aiutando la formazione del giornalista, sia un grave errore, soprattutto da quando è cambiato questo rapporto che prevedeva per i giornalisti l’esclusiva del poter parlare da uno a tanti, oggi non è più così perché con l’avvento delle nuove tecnologie e dei social tutti hanno questa possibilità e allora bisogna distinguere fra chi è giornalista e conosce le tecniche del mestiere riconoscendosi in specifiche regole e chi invece non lo è; l’ordine dei Giornalisti difatti garantisce la comunità dei cittadini”.
Quanto sia urgente un controllo rigoroso sull’uso dei termini e sul modo di esprimersi, ad oggi, rappresenta una importante priorità perché un giornalismo “spicciolo”, mediocre, senza una regolamentazione deontologica, si inquina facilmente con messaggi subliminali e dietro parole, modi di espressione maldestre si insinua una precisa volontà di fuorviare e manipolare il lettore a sua insaputa.
Nel novembre del 2018 il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella parlando agli studenti ha detto:
“Si può crescere liberi e consapevoli solo rispettando la Costituzione e le libertà che garantisce tra cui, primaria, la libertà di stampa fondamento della nostra democrazia. Il vero attacco non è ai giornalisti, ma alla Costituzione e all’articolo 21.”
Pareri autorevoli che la dicono lunga e che dimostrano l’urgenza di preservare il vero significato della libertà di informazione contrapponendosi a chi usa la carta stampata e il web al solo fine di manipolare e incitare ad ogni forma di intolleranza per un proprio tornaconto politico e non solo.