Una storia di quelle che sembra un film alla Frank Capra, della serie “Mr. Smith Goes to Washington”, o “It’s a Wonderful Life”. Ad Hardwick, un paesino nel Vermont, un centinaio di chilometri da Burlington, ai confini con il Canada, da tempo immemorabile (la gerenza reca scritto: “Fondata nel 1889”), esce un settimanale, appunto The Hardwick Gazette. Casella postale, redazione al 42 South Main St, sito internet, insomma tutto quello che hanno i giornali. Ma The Hardwick Gazette è un giornale un po’ speciale.

Come tanti sui “fratelli” e “cugini” punta quasi tutto sulla cronaca locale, e dunque chi nasce, chi muore, chi si sposa, chi vince i tornei sportivi al confine con il Canada. Fondato 127 anni fa, pubblica notizie locali, annunci di nascite; ogni tanto, quando in un paese di poche migliaia di persone accade qualcosa di eclatante come una gestione non cristallina di un direttore di banca, una piccola inchiesta. La tiratura del settimanale è di circa 2.200 copie; e come in certi film il direttore-editore è anche il giornalista, l’addetto alle vendite degli spazi pubblicitari e alla distribuzione, insomma fa tutto lui. Si chiama Ross Connelly e ha da poco compiuto 71 anni. Vuole andare in pensione; gli anni pesano. Ha chi cedere il giornale? Compratori all’orizzonte non se ne vedono, e a Ross rode un po’ chiudere il giornale. Al New York Times che lo intervista, dice: “Solo perché non siamo un grande giornale nazionale e non ci occupiamo dei fatti che succedono nel mondo non vuol dire che quello che facciamo non è importante. Sono fermamente convinto che un giornale sia fondamentale per la nostra democrazia”.
Un giornale è fondamentale per la nostra democrazia, questa è la parola chiave. Ross ha avuto un’idea: lancia un concorso, e mette in palio il giornale. Per vincere bisogna scrivere un articolo di non più di duemila battute, descrivendo le proprie competenze, e spiegare che cosa si vuole fare con un giornale a disposizione nei tempi che viviamo. Il concorso scade a metà agosto; poi un’apposita giuria sceglie il vincitore. Potrebbe essere un affare: The Hardwick Gazette ha un paio di dipendenti, dichiara ricavi per 240mila dollari, non risultano deboli, gli immobili dove ha sede la redazione è di proprietà. Vedremo come finirà. Però è interessante quel sentirsi parte di quegli “strumenti” (i giornali, i mezzi di comunicazione), che si ritiene siano ancora oggi fondamentali per la nostra democrazia. In un piccolo paesino del Vermont rurale, ma ovunque; e poco importa se si è giornali “locali”, e di “locali” notizie ci si occupa.
Ross ha ragione; ed è ammirevole questa sua caparbia “resistenza”. Una storia che piacerebbe molto a Leonardo Sciascia. Molti anni fa, nella sua Racalmuto, anche quello uno sperduto paesino nel cuore della Sicilia, un gruppo di ragazzi con l’entusiasmo e la sana ingenuità dei vent’anni, si mette in testa di fare un giornale, e significativamente, come testata scelgono Malgrado tutto: un programma, un “manifesto”. Vanno da Sciascia che d’estate si ritirava nella sua casa di contrada Noce, a scrivere i suoi romanzi e racconti; e gli parlano del giornale che hanno in testa, gli chiedono di “benedire” l’iniziativa. A Sciascia l’idea piace molto, e gratuitamente collabora al piccolo giornale. Ed ecco il suo primo editoriale:

“Posso cominciare con un aneddoto che è piuttosto significativo: uno dei più intelligenti, colti ed onesti giornalisti italiani, che si è trovato a dirigere uno dei più grandi giornali (Alberto Cavallari, direttore del Corriere della Sera, n.d.r.) di questo paese, quando ci incontravamo proprio nel tempo in cui lui dirigeva questo giornale, facendo delle considerazioni sulla situazione italiana o su situazioni particolari del nostro paese, a conclusione delle sue considerazioni mi diceva sempre: «Ci vorrebbe un giornale». Questo vuol dire che il giornale che lui dirigeva non corrispondeva ai suoi intenti e non consentiva di dire quello che lui voleva dire. A me questo pare molto significativo e credo che lo si possa ripetere considerando la stampa nazionale: ci vorrebbe un giornale. Questa è una considerazione preliminare: in Italia ci vuole un Giornale. Per fortuna contemporaneamente a questa carenza sono nate iniziative locali, che però non possono sostituire la mancanza di una grande stampa nazionale libera, non conformista, capace di passare al vaglio critico tutto. Non lo possono sostituire, però è già qualcosa. L’importante è che ogni giornale di questo tipo resti un giornale locale; che non dia fondo ai problemi del mondo e della nazione, ma che osservi criticamente e onestamente la realtà locale. Che poi da ciò, tirando le somme, si può anche estrarre una verità di più ampio respiro. Il giornalismo in questi anni ha subito, bisogna riconoscerlo, anche una certa degenerazione. La sentenza della Cassazione ci irrita perché è una sentenza (sentenza della Cassazione dell’ottobre 1984 nella quale si sancisce che il giornalista anche quando ritiene che la fonte sia attendibile e qualificata ha il dovere di controllare la verità della notizia). Ma se fosse nata come deontologia professionale, come morale professionale dentro il giornalismo stesso, sarebbe una delle cose più sacrosante da dire e da osservare. Io ho citato spesso come esempio di giornalismo quello che, tra l’altro, racconta un grande giornalista americano del New York Times, Herbert Matthews, un uomo che si è trovato sempre dalla parte giusta. E se il suo paese avesse seguito le indicazioni date da questo giornalista, si troverebbe oggi ad avere meno problemi (per esempio riguardo a Cuba e Fidel Castro). Matthews, che ha scritto una specie di manuale attraverso il racconto della sua esperienza, ha scritto un manuale del giornalismo, se così si può dire. E racconta un episodio molto significativo per dire che cosa è il giornalismo. Lui che si è trovato sempre dalla parte giusta, si trovò anche dalla parte della Repubblica Spagnola: perché i giornali americani avevano inviati che stavano dalla parte di Franco e inviati che stavano dalla parte della Repubblica. Matthews aveva una grande simpatia per la causa repubblicana, ma comunque faceva il suo mestiere di giornalista con assoluto scrupolo. Un giorno i giornali che avevano corrispondenti dalla parte di Franco, diedero la notizia che un paese, un piccolo paese spagnolo era stato occupato dalle truppe franchiste. Mathews sapeva che non era vero. Allora prese la macchina e andò in quel paese e dall’ufficio telegrafico fece un telegramma al New York Times per dimostrare che quel paese era ancora in mano ai repubblicani. Quando uscì dall’ufficio telegrafico le avanguardie fasciste stavano entrando dall’altro capo della strada, però Matthews dice: «Io ho smentito la notizia». Perché il giornalismo è questo. È la verità del momento; e quell’ora il paese non era ancora in mano ai franchisti, un’ora dopo lo era, ma Matthews smentì la notizia. Ecco, questo è il giornalismo praticato con oggettività, con serenità, con scrupolo. Oggi invece il giornalismo si pratica in un certo modo, e specialmente in rapporto all’amministrazione della giustizia, che è una cosa su cui si deve vigilare più intensamente e anche a livello locale. La carenza che ritrovo nei giornali locali è questa: poca attenzione all’amministrazione della giustizia e tanta attenzione a episodi di sottocultura. Ci si deve augurare che questi giornali siano sempre più attenti ai fatti locali e facciano «opposizione»: i giornali nazionali, i grandi giornali e anche quelli medi, sono diventati ingovernabili per la presenza e la compromissione partitica. I giornali locali dovrebbero fare opposizione seria sui fatti quotidiani, sulle cose da fare, prendendo così il ruolo di opposizione vera che in molte amministrazioni viene mancando. Opposizione quindi non per principio, per il gusto di farla: ma opposizione sulle cose concrete”.
Da Hardwick nel Vermont, a Racalmuto in Sicilia. The Hardwick Gazette, l’ostinato Ross Connelly, Malgrado tutto, Leonardo Sciascia. Un succo c’è. Lo ricavi il lettore, a suo piacere.