From Ethnic to Multi-cultural Italian Media in the U.S, la tavola rotonda organizzata il 12 aprile dall’Inserra Chair della Montclair State University, ha riunito Bénédicte Deschamps, professore associato di studi americani all’Università di Paris Diderot, Maurita Cardone, vice direttore de La Voce di New York, la produttrice del programma TV Italics, Lucia Grillo, e il giornalista Alberto Vourvoulias-Bush. Rappresentati dei media e ricercatori hanno discusso dell’evoluzione del ruolo dei media italiani negli USA con particolare attenzione al periodo contemporaneo. Ognuno attraverso il filtro di un diverso background, i relatori hanno fornito la propria visione sul modo in cui i media italiani negli anni hanno rappresentato e raccontato l’America e su come le comunità italiane all’estero contribuiscano a creare un’immagine dell’Italia riportandone le notizie di politica e cultura su diverse piattaforme, tra cui giornali, TV e social media.
Nel suo intervento introduttivo Teresa Fiore, Inserra Chair, ha sottolineato: “Questa tavola rotonda si inserisce in un contesto di interesse sempre più forte di questo campus nei confronti del settore dei media e della comunicazione. Interesse che in questa occasione si è manifestato anche nella collaborazione con il Center for Cooperative Media della Montclair State University”. Il coordinatore del Centro, Joseph Amditis, ha illustrato un nuovo progetto dal titolo In the Shadow of Liberty, dedicato all’immigrazione verso gli Stati Uniti, tema che è stato la spina dorsale dell’incontro del 12 aprile.

Presentata da Nancy Carnevale, professore associato del Dipartimento di Storia e a sua volta ricercatore in Italian American Studies, Bénédicte Deschamps ha aperto l’incontro con un argomento di cui si è largamente occupata nei suoi studi e pubblicazioni: la stampa italo-americana. Nella sua breve ma ricca indagine storica dei quotidiani italiani, ha sottolineato come dal primo periodo della migrazione italiana nel 1800, gli italiani hanno costantemente prodotto e pubblicato quotidiani in tutti i paesi in cui emigravano. I primi giornali italiani pubblicati negli Stati Uniti tra il 1830 e l’80, venivano considerati stampa dell’esilio. All’inizio del Ventesimo secolo e fino alla Seconda guerra mondiale, gli italiani stampavano quotidiani, settimanali e mensili in New Jersey, New York e Connecticut, dove c’erano grosse comunità.
Giornali come L’Eco d’Italia, Il Progresso Italo-Americano, L’italo Americano, L’Opinione, Questione Sociale e La Libertà traducevano l’America agli immigrati italiani, fornendo informazioni su tutti i tipi di servizi, che venissero da sinistra o da destra, e allo stesso tempo tenevano viva l’italianità raccontando quello che succedeva in patria e contribuendo alla conservazione dei valori della cultura d’origine. Difficile sapere quanti giornali venissero pubblicati, dal momento che gli elenchi ufficiali sono incompleti e non comprendono, per esempio, le molte pubblicazioni anarchiche, ma si stima che tra il 1884 e il 1944 venissero pubblicati in America 150 giornali italiani. Erano in lingua italiana, per poter parlare agli italiani all’estero, dagli immigrati alle autorità, ma si occupavano di questioni relative alla vita americana. Negli anni ’40, il livello di integrazione delle comunità divenne tale da dare vita a quella che potrebbe essere definita stampa italoamericana, che aveva soprattutto l’intento di mostrare l’impatto culturale, economico e diplomatico dell’Italia negli Stati Uniti e che tuttavia riportava anche notizie generaliste, andando oltre i bisogni concreti della comunità.
Fu questa fase ad aprire la strada a ciò che Deschamps chiama “stampa italica”, rappresentata oggi da La Voce di New York e i-Italy. Deschamps ha presentato un grafico del 2004 da cui emerge che, dei media italici nel mondo, il 36% è attivo in Europa, il 20% in Nord America, e il 34% in Sud America. Anche se non è così diffusa come nella prima metà del 1900, la stampa italiana all’estero è ancora molto attiva e costantemente alla ricerca di nuovi strumenti di comunicazione.
E questo è il caso de La Voce di New York, giornale rigorosamente online e con sede a New York che si racconta con lo slogan “Liberty meets Beauty”. Il vicedirettore, Maurita Cardone, ha spiegato che La Voce di New York è stata fondata nel 2013 e di recente ridisegnata. Con radici ben salde nei media tradizionali italiani negli Stati Uniti (il suo direttore, Stefano Vaccara, lavorava per America Oggi, l’unico quotidiano italiano a stampa rimasto negli USA), La Voce ha oggi 150.000 lettori unici al mese, il 22 per cento dei quali tra i 25 e i 34 anni e il 23 per cento tra i 35 e i 44. “Al centro della nostra filosofia editoriale – ha detto Cardone – ci sono due idee: libertà e bellezza. L’idea di liberty è connessa alla parte americana della nostra anima e la bellezza è collegata con la parte italiana, ciò che noi chiamiamo ‘italianità del pensiero’, un pensiero complesso e ricco di sfumature”. Se la libertà si definisce in relazione a quella libertà di espressione che in Italia è sempre a rischio, la bellezza è lo stile di vita italiano. Questo crea un ponte tra giornalismo di successo in America e identità italiana: La Voce mira a far crescere la propria comunità di lettori sulla base di questo terreno comune. In italiano e in inglese, La Voce parla agli italiani negli Stati Uniti e nel mondo, agli italo-americani, agli italiani in Italia e a chiunque si interessi delle notizie e della cultura italiane. “La questione della lingua è fondamentale per noi – ha spiegato Cardone – l’italiano è la lingua della nostra cultura, dei nostri pensieri e delle nostre idee, dello stile di vita che ci contraddistingue”. Allo stesso tempo La Voce vuole mantenere uno sguardo attento su quello che accade a New York e vuole costruire una comunità raccontando storie dell’Italia dell’innovazione. “L’Italia, oggi, è un’altra cosa… Facciamolo vedere!”, ha concluso Cardone. La comunità digitale creata da La Voce favorisce l’interazione e il coinvolgimento, racconta storie e offre una piattaforma per la condivisione di conoscenze ed esperienze personali, come parte di un dialogo internazionale che mira a creare un database di storie di migrazione italiana nel mondo.
Come La Voce di New York, anche Italics, rappresentata dalla produttrice e regista Lucia Grillo, utilizza i media per dare forma all’identità dell’Italia in America. Grillo ha spiegato che Italics ha iniziato le trasmissioni nel 1987 come programma TV, finanziato dal Queens College, ma prima di allora era una rivista stampata. L’episodio pilota ha debuttato nel 1986 e successive revisioni hanno portato all’attuale format. Prodotto da una piccola troupe composta da un produttore a tempo pieno e due assistenti part-time, lo show va in onda una volta al mese in segmenti di mezz’ora su CUNY TV, in tutti i borough di New York City, e tocca vari argomenti, tra cui scienza, sport, ricerca e politica. Grillo ha dato esempi di storie seguite da Italics, tra cui un caratteristico festival di poesia per cowboy in Nevada cui hanno partecipato degli autentici “butteri” toscani. Italics si tiene anche al passo coi tempi parlando di cucina vegan e vegetariana e con un’attenzione particolare alle questioni di identità di genere nella comunità italiana. Grillo spera che la comunità italoamericana diventi sempre più aperta e inclusiva delle diversità.

A chiudere la tavola rotonda è stato Alberto Vourvoulias-Bush, giornalista freelance, ex vice direttore dell’edizione sudamericana di Time Magazine ed ex direttore editoriale di El Diario / La Prensa, il più antico giornale in lingua spagnola degli USA. Vourvoulias ha affrontato la questione delle maggiori possibilità di accesso alle notizie per gli immigrati contemporanei. A suo avviso il pubblico dei media latini può essere suddiviso in tre categorie generazionali: gli immigrati di prima generazione, quelli di mezzo e quelli di seconda generazione. La prima è costituita da immigrati che cercano “informazione istituzionale e civica di base”, su leggi e diritti di questo paese, perché qui possano adattarsi e prosperare. Si tratta di giornalismo di servizio ed è fondamentale che questo sia l’obiettivo di chi lavora in questi media. Nel creare un ponte tra la patria e il nuovo paese, invece, la generazione di mezzo utilizza sia la lingua madre che l’inglese nei media. La seconda generazione è infine quasi sempre completamente integrata con il mainstream americano e linguisticamente e culturalmente si identifica con l’America anche se è più incline a sfidare l’autorità. “La stampa etnica negli Stati Uniti ha una storia gloriosa” ha detto Vourvoulias-Bush spiegando che i media etnici offrono informazioni in tutte le lingue su questioni che riguardano il mondo intero.
La tavola rotonda organizzata dall’Inserra Chair ha efficacemente mostrato come i media italiani siano passati dal servire una comunità etnica al rispondere a un crescente gruppo transnazionale di persone con una visione globale sui fatti di politica e cultura. Nel corso del dibattito che è seguito alla presentazione sono emersi diversi argomenti interessanti, come il ruolo dei blog e dei social media nella circolazione delle notizie. Una futura discussione su questi mezzi, di particolare interesse per le nuove generazioni, potrebbe arricchire ulteriormente il discorso sui media italiani negli USA.
L’autore: Vittoria Fronte è una studentessa del corso di laurea in Italiano della Montclair State University (NJ).